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Il Castello delle cerimonie a rischio demolizione, la famiglia Polese per ora in affitto: cosa può succedere dopo il voto di giugno

Castello delle cerimonie
Castello delle cerimonie
Disposte nuove perizie sulla struttura per buona parte abusiva in cui si sono svolte negli anni sfarzose feste nuziali. Sarà il nuovo Consiglio comunale di Sant'Antonio Abate a decidere se tenere in piedi o meno il famoso «Castello delle cerimonie»

Alla famiglia Polese potrebbero essere concessi ancora pochi mesi per poter continuare a festeggiare matrimoni all’interno el «Castello delle cerimonie». Dopo però la struttura per feste di matrimonio potrebbe anche essere demolita. Il «Castello» era diventato famoso negli ultimi anni in tutta Italia anche grazie al programma su Real Time che aveva raccontato gli sfarzosi ricevimenti nuziali che si svolgevano nella struttura a Sant’Antonio Abate. Struttura però che sarebbe per buona parte abusiva dopo la sentenza della Cassazione, con la confisca diventata ormai esecutiva dallo scorso febbraio.

Il destino del «Castello delle cerimonie» ora è tutto nelle mani del Consiglio comunale di Sant’Antonio Abate. Come riprota il Corriere del Mezzogiorno, la sindaca Ilaria Abagnale ha spiegato nell’ultima seduta che saranno disposte nuove perizie. L’obiettivo è stabilire l’impatto ambientale, paesaggistico, urbanistico e idrogeologico delle strutture presenti all’interno della «Sonrisa», un tempo di proprietà della famiglia Polese. Dopo le perizie, sarà il prossimo Consiglio comunale che sarà eletto a giugno a decidere se il «Castello» dovrà essere demolito o se dovrà essere sanato. Per farlo, però, il Comune dovrà acquisirlo nel patrimonio comunale e decidere che cosa farne.

Nel frattempo la sindaca ha chiesto alla Sonrisa di pagare il canone di occupazione dallo scorso 15 febbraio, da quando è scattata la confisca e il tribunale ha lasciato ai Polese l’uso della struttura. Se la famiglia pagherà quanto stabilito dagli uffici comunali, potrà continuare a ospitare ancora le celebri feste di nozze e far lavorare circa un centinaio di dipendenti, con le diverse aziende dell’indotto coinvolte nel settore. Uno spiraglio, ancora per qualche mese almeno.

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