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Esselunga, la mortadella, l’ombra della mafia: l’inchiesta su Giovanni Toti e la corruzione in Liguria

giovanni toti arresto corruzione noi moderati
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Il governatore e leader di Noi Moderati chiedeva voti a due collettori siciliani. La paura del vice: «Mi squartano»

Nelle 654 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato agli arresti domiciliari il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti c’è anche la mafia. L’inchiesta che accusa il governatore di aver svenduto «la propria funzione e i propri poteri» ha uno sfondo da cui emerge, non per lui, un filone di corruzione elettorale aggravato proprio dalla finalità mafiosa. Mentre l’intreccio descritto dalla procura di Nicola Piacente e dal gip Paola Faggiani va a toccare anche i supermercati Esselunga. Per due supermercati a Sestri Ponente e a Savona sono arrivate le pubblicità su Primo Canale. E l’indagine per finanziamento illecito nei confronti dell’editore. E la storia di una spiaggia libera che diventa privata per le necessità degli imprenditori.

Il pacchetto di voti

L’inchiesta su Toti parte proprio da un’indagine sul voto di scambio. La procura di La Spezia lavora su un pacchetto di voti destinato al governatore e proveniente da persone che sono originarie di Riesi in provincia di Caltanissetta. A promettere i voti sono i fratelli Italo Maurizio e Arturo Angelo Testa. Che sono esponenti di Forza Italia in Lombardia, tanto da essere considerati vicini al coordinatore regionale Alessandro Sorte. In cambio dei voti, secondo l’accordo, dovrebbero arrivare posti di lavoro. L’attuale capo di gabinetto di Toti Matteo Cozzani discute di Arturo Angelo Testa come candidato, ma poi una sua foto mentre fa il saluto romano vicino a un busto di Mussolini fa saltare tutto. Poi, quando i presenti decidono di dirottare i voti sulla lista di Toti, Cozzani dice: «Non vorrei trovarmi addosso la Direzione Investigativa Antimafia». A Cozzani e ai Testa la Dda contesta l’aggravante mafiosa.

La mortadella

«È come la mortadella: poca spesa tanta resa. Dieci giorni dopo ci sono le elezioni, te una volta che hai fatto quello blocchi il numero, grazie e arrivederci», consiglia Cozzani in un’intercettazione a Ilaria Cavo, ex volto Mediaset e candidata che non vuole farsi vedere a una cena elettorale con i riesini. Anche se ci saranno 300 persone. Lei, non indagata, ha paura che la presentazione si risolva in innumerevoli richieste di favori. E Cozzani per convincerla le spiega il meccanismo. I due fratelli gestiscono l’associazione Riesini nel mondo e attraverso quella convogliano i voti nei territori. Poi attraverso Cozzani ottengono assunzioni presso Cospe, l’azienda che lavora per Iren. E in una successiva riunione in cui si parla della campagna elettorale di Bucci, sindaco di Genova, Cozzani dice che «Mi squartano», facendo riferimento al risentimento per le promesse mancate sui posti di lavoro.

«Mi squartano»

A quel punto Toti risponde: «Ma perché non gli abbiamo dato dei soldi?». Al governatore non è contestata l’aggravante mafiosa. Anche se proprio lui, rivolgendosi ai Testa, durante una cena elettorale dice: «So che siete dei bulldozer, fammi dare un po’ di voti alla Ilaria Cavo». Alla fine il voto per la regione sarà un trionfo: Toti prende il 56% delle preferenze, supera il candidato unitario di Pd e M5s Ferruccio Sansa e consolida la sua supremazia sulla Liguria. La spiaggia di Punta dell’Olmo è un problema ancora più difficile da risolve. Stavolta la famiglia Spinelli ha acquistato un’ex colonia sul promontorio tra Celle Ligure e Varazze. Vuole farci 48 appartamenti di lusso investendo 100 milioni. Ma la spiaggia davanti è libera. E allora bisogna privatizzarla. «Sto pranzando con l’intera famiglia di Spinelli. bisogna trovare una soluzione per la spiaggia. Razionalizziamo le libere che ci sono, accorpiamo spostiamo».

Il supermercato

Poi batte cassa: «Guarda che abbiamo risolto il problema a tuo figlio, ora facciamo la pratica, si può costruire… Quando mi inviti in barca? Così parliamo un po’ che ora ci sono le elezioni, abbiamo bisogno di una mano». Nel racconto delle vicende di Esselunga c’è anche spazio per una vicenda curiosa. Francesco Moncada, consigliere di amministrazione e marito di Sylvia Caprotti, telefona in viva voce a Renato Brunetta, allora ministro della pubblica amministrazione, dall’ufficio di Toti che è presente. «Senti Renato io sono nelle mani di Giovanni per questi due supermercati qua e… per cui se vogliamo mettere il tuo vino devi parlare con Giovanni». E Giovanni, ovvero Toti, fa arrivare il il supermercato Esselunga a San Benigno.

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