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Europee, Polverini si candida con Forza Italia: «Lo sciopero in Rai? Io mai contro i lavoratori, ma bene che sia nato un nuovo sindacato» – L’intervista

10 Maggio 2024 - 16:34 Felice Florio
L'ex presidente del Lazio, ed ex leader dell'Ugl, correrà nella circoscrizione Centro, la stessa dove il Carroccio punta all'exploit di Vannacci: «Non condivido una parola del generale»

In politica, l’unità di misura del tempo segue altri parametri. Sono passati 14 anni dalle elezioni regionali nel Lazio del 2010, ma l’impressione è che si tratti di un’epoca fa. In quella tornata si sfidarono Renata Polverini, per il centrodestra, e la radicale Emma Bonino, per il centrosinistra. Vinse la prima: la sua lista civica fu la più votata della regione. Circa 640 mila voti. Oggi, i rapporti di forza sono cambiati, con la destra che ha fagocitato il consenso dei moderati. Ma questa è un’altra storia. È singolare, invece, che all’apertura delle urne i prossimi 8 e 9 giugno, gli elettori si troveranno a poter scegliere di nuovo tra Polverini e Bonino. Sono due tra le decine di candidati nella circoscrizione Centro alle Europee, sia chiaro. Ma forse, quando leggeranno i loro nomi sulle liste affisse ai seggi, la premessa di questo articolo sarà stravolta: è vero che il tempo della politica scorre più velocemente, ma è altrettanto vero che certi personaggi non passano mai.

Bentornate preferenze! Polverini, lei che è ha partecipato e vinto una tornata regionale, è contenta di tornare a competere in un’elezione dove i cittadini hanno la piena possibilità di scegliere i propri rappresentanti?

«Beh, è uno dei motivi per i quali ho deciso di candidarmi. In queste elezioni il gradimento dell’elettorato è visibile sui candidati. E ho deciso di accettare questa sfida anche per stare fuori dalle polemiche dei famosi nominati in Parlamento. Io, nella vita, mi sono conquistata tutto da sola e quindi essere definita una nominata non è che mi garba moltissimo».

Nella circoscrizione Centro, ma non solo, è forte la presenza di amministratori locali nelle liste. Ci sono incroci, sfide che rievocano un’altra epoca: lei contro Emma Bonino per la Regione Lazio, contro Nicola Zingaretti che fu il suo successore, dopo le dimissioni. Cosa si porta dietro da quegli anni e ci dice un ricordo, un aneddoto che non ha mai raccontato?

«Guardi, io mi porto dietro tutte le cose che ho fatto e che in questa campagna elettorale mi stanno ricordando gli elettori che sto incontrando. Abbiamo fatto ottime cose nella sanità, abbiamo fatto ottime cose sulla casa, siamo entrati dentro le famiglie con provvedimenti concreti. Abbiamo rinnovato il parco taxi con l’ecobonus, abbiamo utilizzato tutti i fondi comunitari che erano a nostra disposizione, lasciando in 27 Comuni 78 cantieri, tutti portati a termine. Quindi mi porto dietro un’esperienza importante e il fatto che ci siano molti amministratori per me è una cosa positiva: in Europa bisogna conoscere i territori. Bisogna avere la capacità di mediare e di negoziare. Bisogna portare a casa dei risultati concreti e chi ha amministrato sicuramente riesce a fare questo meglio di chi ha fatto altri mestieri nella vita».

E l’aneddoto?

«Ne ho talmente tanti… Ecco, le racconto l’ultimo, che mi è tornato in mente qualche giorno fa, quando hanno pubblicizzato la corsa con i bersaglieri della premier Giorgia Meloni. Io lo feci al raduno di Latina, con il cappello dei bersaglieri in testa, che poi mi hanno regalato. Quindi mi sono ricordata di quel momento particolare: anche allora sembrò una cosa strana che la presidente della Regione corresse con i bersaglieri. Evidentemente tanto strana non era, visto che oggi lo fa anche la premier».

Prima della politica, la sua carriera si è sviluppata nell’alveo sindacale. È stata segretaria generale dell’Ugl per quattro anni. Ma la domanda sta nella premessa: io ho detto “prima della politica”, lei invece considera l’attività sindacale un’attività politica a tutti gli effetti?

«Il sindacato è politica perché ha un ruolo che consente di cambiare in meglio o in peggio la vita delle persone. E questo è politica: decidere, fare delle scelte, schierarsi da una parte o dall’altra. E la politica necessariamente deve essere di parte: è chiaro che chi fa politica, molto spesso, ha una visione diversa dai propri avversari. Per me, l’esperienza sindacale è stata straordinaria. Io sono stata sindacalista a tempo pieno per 27 anni. Poi, come lei ha ricordato, nel 2006 sono stata la prima donna in Italia a essere eletta segretario di un’organizzazione confederale. Penso anche di aver dato una spinta in questo senso. Anzi, ne ho la certezza, perché subito dopo di me furono elette Camusso e Furlan. Oggi sono di nuovo tutti uomini. Mi lasci dire: c’è un altro primato che molto spesso non si conosce. Io fui e penso di essere rimasta l’unico segretario generale eletto direttamente al Congresso e non passando per un organismo intermedio che, come sappiamo, ha numeri molto ridotti. Ecco, tornando alla domanda… più politica di così, direi che non si può».

Che opinione si è fatta dello sciopero convocato dall’Usigrai contro quella che in molti definiscono “Telemeloni”?

«Non entro nelle dinamiche interne alla Rai, non è il mio mestiere, il mio ruolo. Rivendico, però, di essere sempre stata per il pluralismo sindacale. La mia era un’organizzazione guardata con sospetto e male, fino a quando poi io riuscì in qualche modo a farla notare, non solo dagli iscritti ma da tutti i cittadini. È stata un’organizzazione che ha sofferto molto, non veniva invitata ai tavoli. Quindi so che cosa significa il pluralismo, nel bene e nel male. Però credo che sia un valore e quindi ben venga. Io apprezzo, ovviamente da sindacalista, se l’Usigrai ha deciso di scioperare, con il 75% dei giornalisti che hanno aderito. I dipendenti hanno scioperato rimettendoci anche una parte di stipendio, perché lo sciopero è quello: le persone pagano per voler rappresentare una propria problematica. Contemporaneamente, mi metto nei panni di quel 25% che invece non si è riconosciuto nelle ragioni dello sciopero. Quindi si arricchisce il panorama sindacale all’interno della tv pubblica».

Dunque saluta con piacere la nascita del sindacato Unirai.

«Sì, sì, perché comunque quando c’è pluralismo c’è anche una sana competizione. E questo forse può far ragionare anche noi in maniera diversa».

Tornando ai candidati alle Europee, il più discusso è indubbiamente il generale Vannacci. Lei fa parte del centrodestra da circa 15 anni e, in questa fase, alla coalizione viene attribuito lun arretramento sul tema dei diritti civili. Ecco, Vannacci stesso continua a ripetere che “i gay non sono normali”. Condivide?

«Io non condivido nulla del pensiero di Vannacci. E anche quando Forza Italia aveva cambiato un po’ posizioni su alcuni temi riguardanti i diritti, io ho sempre votato in dissenso perché ho lavorato tutta la vita affinché i diritti delle persone fossero riconosciuti. Oggi mi trovo bene in Forza Italia perché è tornato a essere il partito del ’94, quello che creò Silvio Berlusconi, con una grande attenzione ai diritti di tutti. Quindi non mi ritrovo minimamente nelle parole di Vannacci, nelle cose che ha scritto e naturalmente non posso che fargli gli auguri rispetto alla sua campagna elettorale. Mi pare, però, che anche all’interno del partito in cui si è candidato non ci sia un apprezzamento per quelle idee».

A proposito di quel partito, crede che Forza Italia, in queste Europee, possa finalizzare su scala nazionale il sorpasso alla Lega, già avvenuto in alcuni territori?

«Io sono sicura che ci sarà il sorpasso, ma non perché abbiamo già superato la Lega nelle ultime competizioni regionali, ma perché lo sento nella mia campagna elettorale. C’è stato un crescendo nel rapporto che ho stabilito e sto stabilendo con gli elettori, giorno dopo giorno. Mi rendo conto che c’è un grande apprezzamento per questa Forza Italia guidata da Antonio Tajani che, nel solco di quello che Berlusconi ha fatto per 30 anni, ha rimesso in moto una classe dirigente che si sta dimostrando capace e in grado di competere con gli altri partiti».

Il Partito popolare europeo sarà il fulcro della nuova maggioranza in Europa. Riprendendo anche quello che mi diceva prima su Vannacci, esclude per Forza Italia e i Popolari l’ipotesi di allearsi con Identità e democrazia, ma anche con i Conservatori che, al loro interno, vantano diverse compagini sovraniste ed euroscettiche?

«Su questo naturalmente si deciderà nel momento in cui sarà insediato il nuovo Parlamento. Sicuramente noi non abbiamo nulla a che fare con alcune idee che risiedono nei partiti di quelle coalizioni. Mi auguro che nella coalizione dei Conservatori, dove c’è la presidente Meloni, ci siano dei pensieri diversi da Identità e democrazia, che invece raccoglie estremismi che noi assolutamente non condividiamo. Però è una discussione che faremo dopo. Ciò che conta, adesso, è che gli elettori abbiano la consapevolezza che votare per Forza Italia significa dare forza ad un partito che è all’interno del Partito popolare europeo, che ha le idee nelle quali noi ci riconosciamo, che ha un progetto politico nel quale noi ci riconosciamo e che avrà i numeri per guidare la prossima legislatura».

Qualche giornale la annovera tra gli “impresentabili”, riferendosi alla condanna a 9 mesi, in primo grado, per l’accusa di appropriazione indebita. Le chiedo: c’è un problema nell’uso che il mondo dell’informazione fa della giustizia?

«Assolutamente sì. Ci sono dei giornalisti che non fanno i giornalisti, ma fanno i killer o fanno i politici e non riconoscono quello che c’è scritto nella nostra Costituzione. La mattina ci dicono che dobbiamo osservare la Costituzione, la sera invece la Costituzione la travalicano sbattendo in prima pagina, o in trasmissioni televisive, persone che non hanno assolutamente necessità di essere in qualche modo tenute in grande considerazione. Ci sono tre gradi di giudizio in questo Paese: se ne devono fare una ragione. Insomma, prima o poi mi auguro che anche il giornalismo cambi».

E i domiciliari al presidente Giovanni Toti, proprio a un mese dalle Europee, per lei sono indice che esiste la cosiddetta giustizia a orologeria?

«Io non so si tratta di una giustizia a orologeria, ma sicuramente è molto anomalo: perché questa indagine, da quello che leggiamo, è un’indagine che va avanti da 4 anni e arrivare ad arrestare di notte un presidente di Regione, a un mese esatto dalle elezioni europee, sicuramente non aiuta a pensare che non sia così. Mi auguro che, insieme ai giornalisti, anche alcuni magistrati comincino a svolgere bene il loro mestiere e soprattutto non utilizzino casi specifici per minare quello che invece è un voto che la democrazia deve tenere in considerazione, senza infiltrazioni diverse».

Me lo consenta, la responsabilità è anche dei politici se i casi giudiziari diventano materia di dibattito e attacco pubblico. Penso al presidente Michele Emiliano, che non è nemmeno indagato, ma per il quale alcuni parlamentari di centrodestra hanno chiesto un passo indietro.

«Guardi sa che le dico? Io ovviamente non so e non conosco le vicende di Emiliano e di Toti, se non per ciò che ho letto sui giornali. Tuttavia, penso questo: se ogni volta che un politico viene coinvolto in un’indagine si specula, sia da destra sia da sinistra a seconda della persona indagata, non si fa un buon servizio alla politica, si fa un danno alla politica. Perché rende comunque la politica, agli occhi dell’elettore, una cosa sporca e questo non secondo me è un atteggiamento che deve cambiare. L’abbiamo visto no? Ci siamo tanto accaniti con Emiliano e oggi ci ritroviamo con Toti: due coalizioni diverse, stessi problemi».

Forza Italia post-Berlusconi: è cambiata? Qual è il percorso intrapreso dal partito?

«Come ho detto all’inizio, Forza Italia è tornata alle origini. C’è un partito che guarda alla libertà, come diceva Berlusconi, delle persone. Prima di ogni cosa. E in questo noi ci riconosciamo. Sicuramente Tajani sta dimostrando di essere all’altezza del ruolo che gli è stato assegnato, prima da Berlusconi e poi dal Congresso. La classe dirigente sta dimostrando di essere al suo fianco in questa che è una competizione importantissima per Forza Italia: è la prima elezione dove si potranno esprimere tutti gli elettori italiani, da quando Berlusconi è venuto a mancare. In questa fase i sondaggi ci stanno dando ragione. Il calore delle persone lo sentiamo quotidianamente, quindi mi pare che stiamo tornando a essere un partito attrattivo che non promette nulla che non possa mantenere, che non urla, che non strilla e che quindi, come abbiamo scritto nel nostro programma, è un partito moderato e una forza rassicurante».

Berlusconi è venuto a mancare, ma il suo nome resta nel simbolo.

«Berlusconi è la storia di Forza Italia. Quando ci siamo trovati, qualche giorno dopo la sua scomparsa, a ragionare di questo tema in un Consiglio nazionale, ci è sembrato giusto riconoscere che in quel partito noi abbiamo militato perché c’era lui. Per quanto mi riguarda, penso che il nome “Berlusconi” nel simbolo ci sta bene».

E anche il nome di Tajani, come quello della maggior parte dei leader di partito, ci sta bene nelle liste per le Europee?

«Noi l’abbiamo voluto assolutamente, perché in questo momento Tajani si sta dimostrando attrattivo per gli elettori. È una elezione proporzionale, quindi ogni partito si esprime su un suo programma. Non c’è coalizione. Chi meglio di Tajani può rappresentare il programma per le elezioni europee? È stato due volte commissario, è stato presidente del Parlamento europeo. È una persona che per 30 anni ha lavorato in Europa, è riconosciuto da tutto il mondo come una figura istituzionale di peso e quindi io penso che Tajani è quello che sta meglio come capolista in queste liste per la competizione dell’8 e del 9 giugno».

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