Proteste pro-Palestina nelle università, l’allarme del Viminale: «Rischio infiltrazioni, impedire l’accesso di agitatori»
Le proteste e gli accampamenti che stanno agitando le università di tutto il Paese sono state al centro oggi di una riunione ad hoc del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica al Viminale, alla presenza del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, della ministra dell’Università Anna Maria Bernini, dei vertici delle forze di polizia e dell’intelligence e di Francesco Bonini, rettore della Lumsa di Milano, e vicepresidente della Conferenza dei rettori italiani (Crui). L’obiettivo principale del vertice è stato quello di prendere in analisi e gestire la situazione che sta coinvolgendo gran parte degli atenei italiani, dove studenti e studentesse hanno piantato le tende in solidarietà con la Palestina e per chiedere di fermare le collaborazioni con gli atenei israeliani. Nella riunione si è sottolineata l’importanza di garantire la libera manifestazione del pensiero all’interno delle università, ma dal Viminale è al contempo stata lanciata l’allerta sul rischio che «soggetti estranei al mondo universitario possano infiltrarsi nelle manifestazioni al solo scopo di strumentalizzare il dissenso, alimentando forme di violenza che, per loro natura, sono incompatibili con la libera manifestazione del pensiero».
La collaborazione tra università e polizia
Durante la riunione, riferisce il ministero dell’Interno in una nota, «è stato effettuato un attento monitoraggio delle numerose manifestazioni che, dopo la crisi in Medio Oriente, stanno interessando gli atenei italiani, e nel corso delle quali solo in un numero limitato di casi si sono registrate criticità». Il vertice ha visto le diverse istituzioni al tavolo concordi sulla «necessità di proseguire con le efficaci attività di mediazione da parte dei responsabili delle Università e delle Forze di polizia per prevenire ripercussioni sull’ordine pubblico». Ora gli occhi sono puntati sui prossimi appuntamenti universitari, a partire dalla riunione del Senato accademico della Sapienza di domani.
La situazione negli atenei
Le università italiane sono attualmente al centro di una serie di proteste che riflettono un fermento diffuso anche nel panorama accademico internazionale. Tuttavia, a preoccupare le forze dell’ordine e i servizi non sono tanto gli studenti responsabili delle agitazioni, quanto la presenza di persone riconducibili a realtà anarchiche e di personaggi «legati ad organizzazioni di resistenza palestinese». Interventi che mirerebbero – secondo il Viminale – a piegare il dissenso e a fare propaganda in un ambiente come quello universitario. Da qui l’indicazione di monitorare con attenzione per impedire l’ingresso nelle sedi universitarie di soggetti esterni. La situazione negli atenei resta tesa con gli studenti pro-Palestina di Padova che venerdì scorso hanno tentato invano di interrompere le lezioni entrando nelle aule di Giurisprudenza. All’Università Ca’ Foscari di Venezia il collettivo Liberi Saperi Critici (Lisc) ha provato a bloccare la seduta del pre-Senato e nel corso della scorsa notte è stato messo del silicone nella serratura della porta del rettorato e di alcune aule dell’università La Sapienza di Roma. Milano, Bologna, Torino, Genova, Pisa, e non solo: in tutta Italia aumentano sempre più tende all’esterno degli atenei.
Le richieste degli studenti
Non hanno intenzione di fermarsi in ogni caso gli studenti, in protesta contro il conflitto in corso in Medio Oriente e in solidarietà col popolo palestinese. «La follia genocida sionista non accenna a fermarsi ed è nostro dovere mandare un segnale forte e interrompere le connessioni con lo stato d’apartheid israeliano nelle università», affonda ancora oggi il coordinamento dei collettivi della Sapienza. Mentre nei giorni scorsi i Giovani Palestinesi – da cui è partita l’idea degli accampamenti – hanno lanciato una lettera rivolta al governo affinché quest’ultimo prenda le distanze «dall’aggressione militare israeliana sulla popolazione della Striscia di Gaza» ed esprima «solidarietà alla popolazione palestinese». Il movimento sollecita, inoltre, «una risoluzione immediata di tutti gli accordi universitari con atenei e aziende ubicate in Israele e il boicottaggio totale del sistema accademico israeliano».
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