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Usa, raffica di dazi contro la Cina: tariffe quadruplicate per le auto elettriche. L’Ue: «Studieremo gli effetti»

La Germania invita alla cautela mentre il governo italiano plaude alla svolta protezionistica: «Fermiamo la concorrenza sleale»

Auto elettriche, semiconduttori, batterie, pannelli solari. C’è un po’ di tutto nella lista di prodotti per cui la Casa Bianca ha annunciato un drastico aumento delle tariffe sulle importazioni provenienti dalla Cina. L’annuncio del presidente Joe Biden, anticipato nei giorni scorsi da diversi media americani, riguarda una dozzina di settori industriali considerati «strategici», come appunto i semiconduttori, i minerali critici, i dispositivi medici e diversi prodotti chiave per la transizione ecologica ed energetica. Tariffe quadruplicate per le auto elettriche prodotte da Pechino, che passano dal 25% al 100%. Complessivamente, il nuovo muro di dazi innalzato da Washington riguarderà l’equivalente di 18 miliardi di dollari di prodotti cinesi e ha l’obiettivo di «proteggere le imprese e i lavoratori americani» dalla concorrenza di Pechino, giudicata «sleale».

La svolta protezionistica di Biden

Oltre a quadruplicare la tariffa sui veicoli elettrici, la Casa Bianca ha aumentato la tariffa sull’acciaio e sull’alluminio dal 7,5% al 25%, così come per le batterie. La tariffa sui semiconduttori passa dal 25% al 50% e d’ora in poi si applicherà anche ai pannelli solari e ad alcuni prodotti medici. Una svolta protezionistica che era nell’aria già da qualche tempo, con la segretaria al Tesoro Janet Yellen che pochi giorni fa aveva auspicato un intervento della Casa Bianca in difesa dell’industria a stelle e strisce. La volontà di Biden, fa notare il New York Times, è duplice. Da un lato, anticipare le critiche del suo predecessore Donald Trump, prossimo sfidante alle presidenziali di novembre e autoproclamato «tariff man» (uomo dei dazi). Dall’altro, mettere al sicuro i risultati dell’Inflation Reduction Act, il maxi-piano di investimenti approvato dal Congresso nel 2023 per stimolare la produzione di auto elettriche, batterie, pannelli solari e turbine eoliche Made in Usa.

La reazione di Pechino

La risposta di Pechino all’annuncio della Casa Bianca non si è fatta attendere. I nuovi dazi introdotti da Washington, si legge in una nota del ministero del Commercio cinese, influenzeranno «gravemente l’atmosfera della cooperazione bilaterale». L’invito che arriva da Pechino è dunque di «rettificare immediatamente le azioni sbagliate e annullare le misure tariffarie aggiuntive contro la Cina». Questa mattina, prima ancora dell’annuncio della Casa Bianca, era stato il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, a criticare la svolta protezionistica degli Stati Uniti, accusati di «calpestare i principi dell’economia di mercato» e di avere un atteggiamento «ipocrita» e «di palese bullismo» nei confronti della Cina.

L’Ue alla finestra

I nuovi dazi introdotti dagli Stati Uniti hanno fatto drizzare le antenne anche all’Unione europea, che da tempo accusa Pechino di sostenere le industrie dei settori strategici con sussidi che portano a una sovrapproduzione e a un abbassamento artificioso dei prezzi sul mercato globale. «Prendiamo nota della decisione degli Usa di imporre dazi su una quota di prodotti cinesi ma non commentiamo», si è limitato a dire un portavoce della Commissione europea. Salvo poi aggiungere: «Studieremo da vicino queste misure e i possibili effetti per l’Ue». Nel 2023, l’esecutivo europeo guidato da Ursula von der Leyen ha avviato un’indagine per capire se la Cina sta elargendo sussidi statali alle aziende produttrici di veicoli elettrici.

L’Italia spinge per i dazi, la Germania frena

L’indagine si concluderà a luglio 2024 e potrebbe culminare proprio con l’introduzione di nuovi dazi. Una direzione su cui non tutti i leader europei sembrano essere d’accordo. «Ci sono produttori europei che hanno successo sul mercato cinese, e che vendono tanti veicoli, che vengono prodotti in Europa, alla Cina. C’è uno scambio reciproco», ha provato a frenare oggi il cancelliere tedesco Olaf Scholz. A spingere per una svolta protezionistica è invece il governo italiano. «È inevitabile che anche l’Europa tuteli la produzione da fenomeni di concorrenza sleale», ha commentato il ministro delle Imprese Adolfo Urso, auspicando che la prossima Commissione Ue segua la stessa strada intrapresa oggi dalla Casa Bianca. Parole tutto sommato simili arrivano anche dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, secondo cui «va bene la competizione all’interno del mercato europeo ma dobbiamo difenderci dalla competizione di chi arriva da fuori».

In copertina: il presidente americano Joe Biden (EPA/Jim Lo Scalzo)

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