Arrestato ed atterrato con un taser, la Cassazione sul caso di Chieti: «C’è stato abuso di autorità»

Secondo i giudici l’arrestato aveva fatto resistenza, ma l’uso del taser deve essere valutato separatamente perché avvenuto in un secondo momento. La vicenda era stata raccontata da Open

Il 25 gennaio 2023, nella zona del campus universitario di Chieti, un urlo esplode nella notte: «Ahia, ahia, mi stai facendo male!». Gli studenti lo sentono, si affacciano a guardare cosa sta succedendo e vedono un uomo circondato da tre carabinieri. Uno di loro si allontana, e mentre l’arrestato rimane fermo a ridosso dell’auto spara contro di lui utilizzando il taser. L’uomo si agita, viene colpito una seconda volta con la pistola elettrica, cade a terra e viene trascinato via. L’episodio, immortalato in un video mostrato da Open, è finito davanti ai giudici della quarta sezione penale della Corte di Cassazione. L’intervento degli ermellini è stato sollecitato per sciogliere un nodo: è giusto che l’arrestato venga condannato per resistenza e lesioni ai pubblici ufficiali, o la sua è stata una reazione al dolore provocato dall’intervento dei carabinieri? La Suprema Corte, alla fine di aprile, ha scelto di non accogliere il ricorso della difesa. Scrive però che la reazione delle forze dell’ordine avrebbe superato «i limiti dell’uso legittimo della forza».


L’arresto

Nel gennaio del 2023, le forze dell’ordine sono intervenute a seguito di una segnalazione. Quando hanno intercettato l’uomo, un trentenne abruzzese con precedenti per detenzione di stupefacenti, hanno trovato a bordo della sua auto un consistente quantitativo di sostanze: circa 10 chili tra hashish e marijuana e 1,4 chili di cocaina. A quel punto sarebbe scoppiata una discussione, e lui avrebbe iniziato a urlare lamentando una sofferenza fisica. Il motivo, secondo quanto spiega a Open l’avvocato Francesco Bitritto, era che uno carabinieri insisteva nello stringergli una mano recentemente operata. Prima di finire nel giro della droga, infatti, il trentenne lavorava come cuoco in un ristorante di Vasto. La sua carriera era finita dopo un brutto taglio, con parziale asportazione, in cucina: il pollice della mano sinistra, fresco dell’ultima di una serie di operazioni, avrebbe iniziato a fargli male mentre i carabinieri provavano a mettergli le manette.


Lo sparo

La sua agitazione precede gli spari del taser, che lo fanno cadere a terra. Una reazione adeguata, o anche solo giustificata, quella delle forze dell’ordine? La Cassazione sceglie di dividere i due momenti. L’arresto in flagranza non avrebbe avuto profilo di illegittimità o abuso o, almeno, non ci sono elementi nei video per ipotizzare che sia accaduto qualcosa del genere. Un abuso, però, c’è stato: «Nel caso di specie, i giudici di merito hanno ritenuto che l’eccesso documentato dal video acquisito agli atti sia successivo alla condotta di resistenza e non precedente o concomitante». In primo grado, il trentenne è stato condannato a 5 anni e 6 mesi dal giudice di Chieti per detenzione di stupefacenti, porto d’armi abusivo, resistenza e lesioni. La Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato la condanna, riducendola di soli sei mesi. L’avvocato dell’uomo, Bitritto, ha però presentato denuncia per lesioni tortura e falso e ora questa sentenza finirà agli atti di quel procedimento.

La requisitoria del Pg

Nella sua requisitoria, il sostituto pg Luca Tampieri, aveva chiesto l’accoglimento del ricorso, sostenendo che la reazione scomposta che l’uomo ha avuto di fronte ai carabinieri fosse all’uso del taser: il taser, aveva scritto il pg, «sembra aver influito in maniera determinante sullo svolgimento dei fatti e sulla reazione della persona arrestata, non potendosi ritenere sufficiente che lo stesso sia stato utilizzato “dopo l’iniziale condotta contestata di resistenza a pubblico ufficiale”».

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