Meloni e il voto per le Europee: «Nessun rimpasto, e non giudico Toti». Il vaccino anti-Covid? «A mia figlia Ginevra non l’ho fatto» – Il video
Giorgia Meloni sospende il giudizio, per ora, su Giovanni Toti, il governatore della Liguria agli arresti domiciliari nell’ambito dello scandalo corruzione che ha travolto la sua amministrazione. «Toti ha detto che avrebbe letto le carte e avrebbe dato le risposte. Aspettare quelle risposte e valutare penso sia il minimo indispensabile per un uomo che ha governato molto bene quella Regione», ha detto stasera la premier arrivando all’evento «Il Giorno della Verità» organizzato a Milano dal quotidiano diretto da Maurizio Belpietro. Poi, nell’intervista pubblica, Meloni non si è sottratta alle domande e ha parlato di tutti i temi all’ordine del giorno dell’agenda politica: dalla campagna elettorale per le Europee alle fibrillazioni nella maggioranza, dalla strategia per l’Ue dei prossimi cinque anni ai vaccini. Quella in corsa, ha sottolineato la premier, è «una campagna elettorale a preferenze ed è normale e ragionevole che ciascun partito voglia segnalare le sue specificità: è sicuramente una campagna divisiva», ma la cosa «non mi preoccupa». Meloni si augura anzi che alle Europee dell’8 e 9 giugno «possano crescere tutti i partiti di maggioranza. Questo ci aiuterebbe molto a continuare a fare il nostro lavoro, sapendo che abbiamo un mandato chiaro da parte dei cittadini».
Il no al rimpasto
Insomma, Meloni spera che la Lega di Matteo Salvini non esca troppo ridimensionato dal voto: un terremoto politico dal basso nel Carroccio, con ogni evidenza, metterebbe in fibrillazione il suo stesso governo. Che ha molto da fare e poco tempo da perdere: «La compattezza di una maggioranza si lega alla velocità con cui riesce a lavorare. E noi in un anno e mezzo abbiamo fatto tantissimi provvedimenti. Poi le sfumature diverse dei partiti di centrodestra sono un valore aggiunto, non bisogna disperderle. Non sono preoccupata, né prima per la campagna elettorale, men che meno dopo». Anche per questo la prospettiva di ritocchi nella composizione dell’esecutivo è da escludersi: «Non ho mai pensato a fare un rimpasto di governo, è una delle tantissime ricostruzioni forzate che leggo spesso. Anzi, tra gli obiettivi che mi sono data, c’è quello di arrivare a 5 anni con il governo che ho nominato. Non è mai accaduto nella storia d’Italia, sarebbe anche questo un obiettivo molto importante».
L’agenda in Ue e il dibattito con Elly Schlein
La premier esclude esplicitamente il progetto di un rimpasto anche nell’ipotesi di indicare a prossimo commissario europeo un ministro. «Bisogna vedere quale delega l’Italia riesce a spuntare», ragiona in ogni caso con Belpietro. Precisando però di avere le idee ben chiare al riguardo: «Vorrei spuntare una delle deleghe più importanti, come sull’economia, non indebolita come accaduto l’ultima volta, piena, o la competitività, il mercato interno, la coesione: ce ne sono diverse e significative». Compresa pure quella all’Ambiente o al Green Deal su cui «bisogna correggere il tiro, come di fatto già si sta facendo». L’obiettivo, per Meloni, è in ogni caso chiaro: «Aiuta a difendere meglio gli interessi italiani, anche se si sa che i commissari non lavorano per la loro nazione». Di questo o altri obiettivi Meloni è in predicato di discutere in diretta tv con Elly Schlein, nel duello arbitrato da Bruno Vespa in programma il 23 maggio. Evento che prima ancora di andare in onda ha già provocato un vespaio di polemiche, che la premi confessa di non capire. «Mi fa molto sorridere il dibattito che sta generando l’aver dato disponibilità al confronto: denunce, lamentele… Penso sia normale, particolarmente in una campagna elettorale come quella in cui siamo, in rapporto all’Unione europea, per raccontare agli italiani che ci sono due modelli: la proposta socialista e conservatori. Mettere a confronto ricette e visioni è un modo di aiutare cittadini nella scelta, è la cosa più naturale del mondo», prova a smorzare le perplessità Meloni.
Le battaglie sui vaccini e la censura in tv durante la pandemia
Nella conversazione con Belpietro, ha poi trovato spazio anche un momento di confronto su uno dei temi su cui La Verità ha condotto inchieste e battaglie spesso molto discusse in questi ultimi anni: quello dei vaccini. E qui la premier ha non solo lodato i lavori condotti da quel quotidiano, ma ha anche svelato uno spaccato inedito del suo vissuto personale e familiare: «Lei conosce la mia posizione, la devo ringraziare perché La Verità ha avuto molto coraggio, i suoi giornalisti hanno avuto molto coraggio nel periodo in cui a fare delle domande si veniva additati. Io sono stata messa alla berlina, additata come no vax, per aver chiesto evidenze scientifiche che giustificavano vaccinazioni di massa nei bambini molto piccoli. Ginevra aveva 5 anni e non la vaccinai», ha detto Meloni, precisando però che la bimba «ha tutti i vaccini tradizionali». Su un piano più generale, è il ragionamento polemico della premier, «la differenza tra Dio e scienza è che Dio non ti deve dare risposte ma la scienza sì, mentre la materia durante l’emergenza è
stata trattata alla stregua della religione. “Ti devi fidare non ti devi chiedere perché, ma c’erano casi in cui le evidenze erano molto deboli e lì c’è stato un bel pezzo serio di censura, a qualcuno veniva impedito di parlare in televisione. L’ho trovato molto irragionevole», conclude la premier.
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