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La lettera di Baby Gang chiuso in cella: «A spaventarmi non è il carcere, ma l’idea di essere marchiato a vita»

15 Maggio 2024 - 12:46 Gabriele Fazio
Il rapper, nuovamente in carcere dopo la revoca degli arresti domiciliari per delle foto postate su Instagram, ha scritto una lettera alle Iene

«Caro Nic, ho bisogno di te», comincia così la lettera inviata da Baby Gang a Nicolò De Devitiis, inviato de Le Iene, dal carcere di Busto Arsizio, dove qualche giorno fa è stato nuovamente rinchiuso dopo la revoca degli arresti domiciliari. «Ti scrivo dalla mia cella – continua il rapper di Lecco, vero nome: Zaccaria Mouhib – immerso nella penombra circondato da quattro mura fradice, dopo che qualche giorno fa sono stato riportato dentro per qualcosa di cui non riesco a capacitarmi. In cella fa freddo, molto freddo, anche se fuori è maggio. Non ho acqua calda e non dormo da giorni. Mi manca il respiro pure nell’ora d’aria. La prigione è un luogo a cui non ti abitui mai. Qua dentro – prosegue Baby Gang – ogni giorno è uguale ma ogni volta è diverso, queste stanze sono pervase da umidità e di disperazione. Spesso ti dimentichi persino chi sei e perchè ti trovi dove ti trovi. Ma io no, non dimentico. Per questo ho bisogno di te»

Perchè Baby Gang è stato riportato in carcere

Il rapper, come riassunto da un servizio de Le Iene andato in onda ieri sera, è stato riportato in carcere dopo che sul proprio profilo Instagram ufficiale sono comparse due foto tratte dal set di un videoclip per il lancio di un singolo tratto da L’angelo del male, il suo ultimo disco, balzato immediatamente in testa a tutte le classifiche. In queste foto il ragazzo, 22 anni, mostra il braccialetto elettronico e impugna una pistola accerchiato da pacchi di marijuana, solo che sia pistola che droga sarebbero solo oggetti di scena e le due foto non sono state postate da Baby Gang ma da Marilson Paulo Da Silva, il suo manager, che lo ha ammesso nell’intervista. Secondo quanto dichiarato dallo stesso Baby Gang e dal suo legale, la lavorazione del videoclip era stata autorizzata, risulta così improvvisa la decisione dei giudici di riportare in carcere Baby Gang perché, come scrivono, quei post rappresenterebbero una comunicazione con «un numero indeterminato di soggetti», in più l’oggetto delle foto sarebbe un’aggravante, la prova «del pericolo concreto ed attuale di reiterazione di reato». In realtà il servizio mandato in onda da Le Iene ripercorre anche tutte le fasi della rissa con presunta rapina avvenuta nell’ottobre 2022 in Corso Como a Milano, quella per la quale Zaccaria Mouhib è stato poi arrestato. Secondo le immagini trasmesse si nota come in realtà il reato di rapina attribuito a Baby Gang in pratica non sussisterebbe, dal video si evince chiaramente che il rapper, pur essendo armato, non avrebbe mai sfiorato il marsupio del ragazzo senegalese con cui si era instaurata la diatriba. Il marsupio infatti sarebbe stato raccolto da terra dall’amico e collega Simba LaRue, per essere poi passato ad un altro ragazzo della comitiva. In questo senso risulta perlomeno sensata la contestazione al reato data da Baby Gang sempre a Nicolò De Devitiis in un altro servizio per lo show di Italia 1 precedente al suo rientro in carcere: «Con tutti i soldi che guadagno ti pare credibile che rubi un marsupio?». Eppure, come confermato nel servizio di ieri dal suo avvocato, la fetta più grossa della condanna a Baby Gang è proprio relativa al reato di rapina: 4 anni e 10 mesi di pena.

«Devo farti una confessione: sono colpevole»

Baby Gang nella lettera procede: «Ho bisogno che qualcuno mi aiuti ad riaccendere una luce su questa storia. Però prima di continuare devo farti una confessione. Sono colpevole. Colpevole di aver girato un videoclip per il mio nuovo singolo. Colpevole di aver chiesto e ottenuto tutte le autorizzazioni del caso e di averlo girato con un braccialetto elettronico alla caviglia. Colpevole di aver fatto delle foto di scena durante le riprese. Colpevole di aver lasciato gestire i miei account social al mio manager che quelle foto le ha pubblicate. Perchè se questo basta per essere sbattuto in galera non posso fare altro che confessare. Confesso la mia sfiducia nella giustizia. Confesso di non capire più un sistema che toglie la libertà per una banalità simile. Confesso di essere incredulo e incazzato. Vedi Niccolò – continua – quando sento dire che il successo rende privilegiati mi viene da sorridere. Nel mio caso la notorietà ha scatenato attenzioni morbose e controlli (anche sui profili social) che non ci sarebbero stati nei confronti di una persona qualunque. Soprattutto mi sento ingannato, perchè prima mi hanno dato l’ok a girare quel video e poi mi hanno messo in carcere per averlo fatto pubblicare. Non lo trovi assurdo? Quale artista realizzerebbe un video musicale senza poterlo condividere con il pubblico?»

«Non sono un pericolo per questa società»

Nella lettera Baby Gang dice di aver paura per la propria carriera, «L’unica cosa legale che ho mai fatto», come aveva dichiarato in un’intervista, e di non aver mai preteso di essere un modello per i propri ascoltatori, perché «Nella mia vita ho commesso molti errori. Ma non questa volta». «A spaventarmi non è il carcere, è il sistema – scrive ancora – è l’idea di essere marchiato a vita, la sensazione che vogliono impedirmi di splendere. Io non sono un pericolo per la società, ma ho sempre più paura che questa società sia un pericolo per me». Baby Gang da qualche giorno ha cominciato uno sciopero della fame, rifiutandosi di accettare questa volta la scelta dei giudici e sperando di risolvere così la situazione prima del prossimo 26 giugno, quando compirà 23 anni, compleanno che, come scrive, non vuole festeggiare in carcere come i precedenti sei.

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