I ventenni pro-Ue che guidano le proteste in Georgia: «Non cambieremo questo governo solo con le elezioni» – L’intervista
«No to Russia, yes to Europe». È il grido di protesta che da oltre un mese risuona nelle piazze della Georgia. Ieri il parlamento ha approvato in via definitiva la legge contro le influenze straniere voluta dal partito di governo Sogno Georgiano. In base alla normativa, ribattezzata «legge russa» per la sua somiglianza a quella di Mosca del 2012 che ha permesso di reprimere gran parte delle voci di dissenso, le organizzazioni non governative e i media che ricevono oltre il 20% dei loro finanziamenti dall’estero si dovranno registrare amministrativamente come «organizzazioni che difendono gli interessi stranieri». Le proteste di piazza, che vanno avanti ormai da tempo, non sono riuscite a bloccarne l’approvazione. Chi teme una svolta autoritaria e in chiave anti-Europa di Tbilisi è la marea di giovani, soprattutto Zoomers, scesi in strada per manifestare il proprio malcontento nei confronti di una legge che li allontanerebbe dal cosiddetto «sogno europeo» e dalla promessa di un Paese diverso.
«Il ruolo della nostra generazione è importantissimo: abbiamo cominciato a cambiare la realtà politica della Georgia da soli», dice a Open Zviad Tsetskhladze, uno degli organizzatori delle manifestazioni, tuttora in corso, contro il governo. «Siamo scesi in strada per manifestare, ancora una volta, contro la legge sulle influenze russe nel nostro Paese. E quando i partiti si sono ritirati – sottolinea l’attivista di Dafioni, una delle principali organizzazioni giovanili della Georgia che ha chiamato oggi a una nuova manifestazione davanti al Parlamento -, noi abbiamo continuato a protestare senza leader e senza forze politiche al nostro fianco. E non ci fermeremo finché l’influenza russa e il governo fantoccio pro-Mosca non cadrà – continua -. L’abbiamo giurato vicino al nostro monumento degli eroi: la protesta non si fermerà finché l’influenza del Cremlino non abbandonerà la Georgia».
«Se andate contro questa legge la vostra famiglia farà una brutta fine»
Durante le proteste di questi mesi, organizzate contro la classe politica al potere e la controversa legge russa, la polizia ha represso in più occasioni il dissenso con la violenza. Gli agenti hanno utilizzato spray al peperoncino, gas lacrimogeni, cannoni ad acqua contro i manifestanti. Una repressione iniziata «ben prima dell’approvazione della norma», dicono gli attivisti. Ma che continua tuttora. In altre forme, con mezzi diversi. «Per esempio – spiega Tsetskhladze – riceviamo telefonate da alcuni gruppi controllati dal nostro governo. Ai miei genitori hanno detto: “Se andate contro questa legge e contro il partito al potere, la vostra famiglia farà una brutta fine”. Cercano di spaventarci, ma noi siamo coraggiosi», sottolinea. «E sai perché? Perché dobbiamo salvare la nostra democrazia, il nostro percorso verso l’integrazione europea previsto dalla nostra Costituzione (art. 78, ndr) e dobbiamo salvare la nostra libertà».
Il sogno europeo
Chi protesta spinge per una precisa scelta democratica, contro coloro che, capitanati dal partito di governo, vogliono cercare di recuperare i rapporti con la Russia, allontanandosi di fatto dalla rotta europea. La presidente Salome Zourabishvili, di origine francese ed ex ambasciatrice di Parigi in Georgia, ha già annunciato che porrà il veto sulla legge. Entro due settimana dovrà rimandarla al parlamento, ma con l’obbligo di proporre un testo alternativo che potrà essere accettato o rigettato dall’assemblea, senza la possibilità di una mediazione. Mentre il primo ministro Irakli Kobakhidze ha fatto sapere oggi che il governo «è pronto discutere» la contestata legge. E in questo contesto, l’obiettivo dei giovani georgiani è chiaro. Le nuove generazioni non vogliono franare il percorso di adesione del proprio Paese nell’Ue, iniziato lo scorso dicembre con l’ottenimento dello status di candidato. «Noi sentiamo di fare parte di questa grande famiglia europea e vogliamo allontanarci dalla realtà politica post-sovietica perché sappiamo cosa possono fare e cosa stanno facendo già da ora», spiega Tsetskhladze.
Per l’avvio dei negoziati serviranno, però, delle garanzie in più. Lo Stato sulla linea di demarcazione tra Europa e Asia dovrà infatti varare riforme per adeguarsi a una serie di requisiti in vari campi, tra cui trasparenza, libertà di espressione, lotta alla corruzione e la fine del potere degli oligarchi. Ma secondo Bruxelles la nuova legge sulle influenze straniere va nella direzione opposta. «Siamo al fianco del popolo georgiano e della sua scelta a favore della democrazia e di un futuro nell’Ue, ma la legge approvata ieri impatta negativamente sui progressi della Georgia nel percorso europeo», si legge in una dichiarazione firmata dall’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell e dalla Commissione europea, pubblicata in ritardo dai 27 a causa – scrive Politico – dell’opposizione dell’Ungheria. Anche gli Stati Uniti hanno chiesto il ritiro della legge che potrebbe portare «a un soffocamento del dissenso e della libertà di espressione». Per la Russia si tratta invece di «un affare interno della Georgia».
Meno Russia, più Europa
Eppure, la popolazione della Georgia in questi anni ha dimostrato a più riprese di non condividere (interamente) la linea politica di Sogno Georgiano. Perciò saranno cruciali le elezioni per il rinnovo del Parlamento il prossimo 26 ottobre. «Tutto sta cambiando molto velocemente», afferma Tsetskhladze. «E sono convinto che il nostro governo non se ne andrà in maniera pacifica. Anzi, i politici faranno di tutto per salvare le loro poltrone – continua -. In questa situazione ciò che noi manifestanti cerchiamo di fare è cambiare la realtà del nostro Paese pacificamente: se vogliamo la democrazia, il nostro modo di protestare deve essere il più europeo e il più democratico possibile. Ecco perché siamo partiti dalle università, dai luoghi di lavoro, dalle piazze. Non cambieremo questo governo soltanto con le elezioni», conclude. Eppure, il voto d’autunno decreterà, con ogni probabilità, il futuro della Georgia. Che per i ventenni è solo uno: «Meno Russia, più Europa».
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