Perché Filippo Turetta rischia lo stalking e la premeditazione: «Ha installato un’app sul telefono di Giulia Cecchettin»
La procura di Venezia ha chiuso le indagini sull’omicidio di Giulia Cecchettin. I pubblici ministeri si apprestano quindi a chiedere il rinvio a giudizio per Filippo Turetta. Al quale contestano, oltre che l’omicidio, anche la premeditazione, la crudeltà, l’efferatezza, il sequestro di persona, il porto d’armi, l’occultamento di cadavere e lo stalking. Quest’ultima accusa però non viene soltanto dai messaggi che Turetta mandava all’ex fidanzata dopo la fine del loro rapporto. Ma da un’app installata sul cellulare della vittima che gli consentiva di monitorarne gli spostamenti. E così organizzare il «piano criminoso» che ha portato all’omicidio. Ma nelle carte c’è di più. Ovvero gli elementi di prova di un piano costruito nel dettaglio.
Manette, cordame, badili, sacchi neri
Turetta su internet ha effettuato ricerche relative a nastro isolante, manette, cordame, badili e sacchi neri. E poi andando a studiare i dettagli della fuga. Procurandosi soldi contanti, abiti puliti, provviste, per ridurre al minimo il contatto con terzi. Ha anche cercato le località in cui si poteva occultare più facilmente il corpo dopo l’omicidio. Ovvero il lago di Barcis in Friuli. E si era procurato cartine stradali per poter fuggire senza usare i navigatori elettronici. Anche le dichiarazioni delle amiche di lei sono servite a formulare l’accusa di stalking. Ora la parola passa al Gup.
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