Università, gli studenti che lavorano per pagare affitto, retta, cibo e libri: «Molti sfruttati, il profitto ne risente»
Una ragazza racconta che, per pagare la spesa al supermercato, i libri di testo e una stanza in affitto a Viterbo, ha dovuto lavorare come cameriera, lavapiatti, caregiver senza mai fermarsi. A volte ha guadagnato meno di cinque euro l’ora, ma per lei era l’unico modo di mantenersi all’università. La sua storia, come quella di tanti altri studenti che non «studiano e lavorano», ma «lavorano per studiare», è riportata oggi su Repubblica. Il giornale ha stimato che il costo della vita per universitario oscilla tra i i 9 mila e i 17 mila euro annui. Il tema è che per mantenersi lontano dalla casa dei genitori, spiega la ragazza intervistata, si finisce per «lavorare tutti i giorni senza riuscire a dare nemmeno un esame». La retribuzione percepita con le occupazioni saltuarie degli studenti, poi, è quasi sempre in nero.
365 mila studenti lavoratori
Repubblica ricorda che, in Italia, sono almeno 365 mila gli studenti lavoratori: uno su cinque, la cifra più alta mai toccata dal 2008 in avanti. Fanno di tutto pur di sostenersi, senza gravare sulle famiglie di origine. Il problema, però, è che molti di loro non hanno il tempo per studiare e il profitto ne risente. Il quotidiano alterna le cifre del fenomeno alle storie dei ragazzi intervistati, come il 22enne che sogna di fare il ricercatore in Scienze storiche, ma che è costretto a sottrarre tempo allo studio per lavorare in una catena di fast food a Milano. C’è il 20enne studente e gelataio a Perugia, che ha lasciato l’Abruzzo, ma a malapena riesce a vivere senza i soldi che gli mandano i genitori. Lavorare, per gli universitari, non è un vezzo: il 40,3% di loro non potrebbe permettersi di studiare, se non avesse un’occupazione.
I lavori a chiamata
E tra i lavori spopolano quelli a chiamata. «Chiamata che arriva la mattina, mentre gli altri vanno a lezione, il weekend, invece di uscire o studiare, la sera, invece di dormire», scrive Repubblica. Così, dei 365 mila studenti lavoratori, sei su dieci non riescono a frequentare le lezioni, più della metà non ce la fa a essere in regola con gli esami. Anche perché l’impegno lavorativo, a volte, arriva a coprire «40 ore settimanali», afferma uno studente 23enne che ha deciso di passare alla carriera universitaria part time. «Quaranta ore a 800 euro, una follia, non c’è rispetto dei contratti». Sono una decina i ragazzi che parlano sulle pagine di Repubblica. Dalle loro vicende, emerge che non solo i fuori sede incontrano enormi difficoltà economiche per studiare. Chi si iscrive all’università nel luogo dove è cresciuto, ha comunque uscite per circa 783 euro al mese, tra pasti, trasporti, materiale didattico, attività sportive e spese in salute. Una cifra importante che, nel caso dei fuori sede, raddoppia: 1458 euro mensili stimati come costo della vita, di cui – in media – 435 euro se ne vanno per l’alloggio e 412 euro per i pasti.
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