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Enrico Mantoan, l’ex Forza Nuova accusato di essere Fleximan: «Molti mi chiedono un selfie»

21 Maggio 2024 - 06:20 Alba Romano
enrico mantoan fleximan
enrico mantoan fleximan
Partita una raccolta fondi per pagare le spese legali. Un consulente informatico affiancherà la difesa

Si chiama Enrico Mantoan, ha 42 anni ed è l’uomo accusato di essere Fleximan. Di professione operaio manutentore, vive in un paese in provincia di Padova. Le telecamere di videosorveglianza di Rosolina in provinncia di Rovigo lo avrebbero immortalato il 3 gennaio scorso alle 21.30 Lungo la statale 309 (Romea), all’altezza del chilometri 71,760 un uomo si avvicina all’autovelox e ne taglia la base. Mantoan è accusato in totale di cinque danneggiamenti. Due a Bosaro, il 19 maggio e il 19 luglio dell’anno scorso, poi a Corbola e a Taglio di Po il giorno della vigilia di Natale e infine proprio a Rosolina. Su un totale di sedici abbattimenti avvenuti in Veneto. E per lui è partita una raccolta fondi per pagare le spese legali. Ma in un’intervista a Libero Mantoan si discolpa.

I selfie

«Dopo la diffusione delle mie foto sui giornali e alla tivù, molti mi riconoscono al bar e per strada, mi fotografano, mi chiedono addirittura un selfie. Mi hanno chiesto di partecipare a trasmissioni televisive, mi vogliono in radio, mi inseguono per intervistarmi. Mi sembra tutto così irreale e strano. Stanno semplicemente facendo delle indagini e io sono semplicemente indagato, nulla di più», dice. Fa sapere che ha dovuto cambiare casa e che sia stato indicato come un mostro non lo stupisce: «È il modus operandi di fare informazione da parte della sinistra». Dice anche di aver dato mandato all’avvocato di querelare chi lo ha chiamato bandito. E che questa pressione mediatica «è il prezzo che si subisce quando sei di destra. Per la stampa di sinistra sono un criminale, un bandito. Poco gli importa del fatto che io sia semplicemente un indagato. Per loro, evidentemente, io già merito una condanna per il solo fatto di essere dalla parte sbagliata».

L’indagine

Mantoan dice che quando i carabinieri si sono presentati a casa sua per la perquisizione «sono stati molto gentili e mi hanno chiesto di consegnare il cellulare. Hanno sequestrato un cellulare e due tablet. Sui giornali e in televisione sono state dette tante inesattezze e falsità. Nessun sequestro di attrezzi o arnesi. Alcuni giornali hanno persino parlato di una mia confessione, ma è assolutamente falso». Degli autovelox invece pensa «che nella maggior parte dei casi si tratta di strumenti utilizzati unicamente per fare cassa, non certo per tutelare la sicurezza. Se l’obiettivo fosse realmente la sicurezza, i Comuni si impegnerebbero in primis nella manutenzione delle strade, che rimangono piene di buche e non vengono asfaltate». E conclude: «Ora il mio legale Giorgia Furlanetto è in contatto con un consulente informatico, che affiancherà la difesa».

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