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Il nuovo redditometro del governo Meloni: come funzionano gli accertamenti sintetici e la soglia del 20%

redditometro governo meloni come funziona
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Il doppio contraddittorio per i contribuenti e i parametri per gli accertamenti. Le voci di spesa e il meccanismo di controllo

Il redditometro è un sistema per determinare il reddito complessivo delle persone fisiche. Il 20 maggio in Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il decreto del viceministro all’Economia Maurizio Leo che lo riporta in funzione (era sospeso dal 2015). Comprensivo delle tabelle degli acquisti che consentiranno di confrontare i guadagni con le spese. A partire dal 2016. Ma naturalmente la decisione non poteva che mettere in fibrillazione il governo in tempi di campagna elettorale per le Europee. Anche se lo strumento avrà molte differenze rispetto a quelli in vigore in precedenza. Ci sarà il doppio contraddittorio per i contribuenti e soltanto la definizione dei parametri farà partire gli accertamenti. Ma gli incroci delle banche dati serviranno a stanare i soggetti a rischio.

Le voci di spesa

Il primo redditometro vide la luce addirittura nel 1973. La prima modifica è arrivata nel 2010 con il governo di Berlusconi. Poi nel luglio 2018 Giuseppe Conte aveva previsto l’aggiornamento dei parametri ogni due anni. Attualmente le voci censite sono 56. Si parla di elementi indicativi di capacità contributiva, ovvero le spese sostenute dal contribuente e la propensione al risparmio. Attualmente, riepiloga il Corriere della Sera, tra questi ci sono: generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature; abitazione; combustibili ed energia; mobili, elettrodomestici e servizi per la casa; sanità; trasporti; comunicazioni; istruzione; tempo libero, cultura e giochi (compresi gli abbonamenti pay tv, iscrizioni a circoli e spese per il mantenimento di cavalli e di animali domestici); altri beni e servizi (dal barbiere agli istituti di bellezza, dalla gioielleria alle borse; dagli alberghi ai ristornati agli assegni al coniuge); investimenti (dai fabbricati ai veicoli, delle azioni ai quadri).

Gli accertamenti sintetici

L’accertamento sintetico attraverso il redditometro è ammesso soltanto a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda del 20% rispetto a quello indicato dal contribuente nella dichiarazione. Il fisco punterà sugli scostamenti più ampi tra quanto ricostruito in base alle spese e agli investimenti e a quanto dichiarato. Gli elementi per ricostruire il reddito sono innanzitutto i dati presenti nel sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria o comunque nella disponibilità dell’amministrazione finanziaria, come i pagamenti tracciati. Poi c’è l’indagine annuale dell’Istat sulle spese delle famiglie divise per tipologie. Il decreto aggiunge che «l’ammontare delle spese risultante dalle informazioni presenti in anagrafe tributaria o acquisite in sede di contraddittorio (obbligatorio, ndr) col contribuente si considera sempre prevalente rispetto a quello calcolato induttivamente».

Il meccanismo

La decisione del governo arriva anche a causa delle critiche della Corte dei Conti. Nel 2022 ci sono stati appena 352 accertamenti, per un gettito di 300 mila euro. Il 20% ha dato esito negativo. Un altro 20% ha provocato una maggiore imposta pari a 5.164 euro. Solo in due casi ha trovato evasori tra il mezzo milione e i due milioni e mezzo di euro. Repubblica spiega come funziona il meccanismo dell’accertamento. Si sommano le spese certe sostenute in un anno, quelle presunte riferite a beni o servizi detenuti dal contribuente, le spese dei famigliari a carico, le spese essenziali per conseguire uno standard di vita «minimamente accettabile» pari alla «soglia di povertà assoluta» calcolata sempre da Istat, gli incrementi di patrimonio, la quota di risparmio formata nell’anno e non usata per consumare o investire.

La soglia del 20%

Se il totale supera del 20% il reddito dichiarato, il contribuente deve giustificarsi davanti all’Agenzia delle entrate perché magari ha ricevuto un’eredità o ha usato risparmi di anni passati o redditi esenti come le borse di studio o ancora redditi tassati con ritenuta alla fonte, come gli interessi sui titoli di Stato. A quel punto comincia il contraddittorio obbligatorio. Nel quale il contribuente deve giustificare di fronte al fisco come fa a tenere quel tenore di vita. Se le prove non sono convincenti, scatta l’accertamento.

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