Strage di Fidene, il commissariato diede l’allarme sulle falle del poligono, ma la Pec fu ignorata. «È stata una svista»
C’è stata una pec con cui, dieci mesi prima della Strage di Fidene, il commissariato di Ponte Milvio aveva lanciato l’allarme sulle pecche del poligono di tiro di Tor Di Quinto, lo stesso da Claudio Campiti nel dicembre del 2022 ha rubato armi e munizioni per poi uccidere, durante una riunione del consorzio Valleverde, quattro donne ferendo altre tre persone. Ma quegli avvisi, ben tre, furono ignorati. Il fatto è emerso nel corso dell’udienza, davanti alla Corte d’Assise, del processo che vede imputato Capiti per omicidio plurimo. Imputati anche il presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale e un dipendente per reati omissivi. Le tre segnalazioni degli agenti furono inviate dopo che il 13 febbraio del 2022 un uomo inviò una segnalazione su “Youpol” annunciando l’intenzione di andare a prendere una pistola a Tor di Quinto e di voler andare in Vaticano per «risolvere questioni personali». Così, pochi giorni dopo l’art, al poligono si presentò un ispettore di polizia che notò alcune criticità gravi in termini di sicurezza.
La visita dell’ispettore di polizia, le falle e l’avviso: «Così non potete continuare»
Partiamo dall’alert dell’uomo che voleva sparare in Vaticano. «Lo abbiamo portato in commissariato – ha dichiarato, secondo quanto riporta Repubblica, in aula l’ex dirigente del commissariato di Ponte Milvio – era un italo-argentino che viveva a Monte Compatri e frequentava il poligono». Un operaio senza precedenti penali: «Non aveva licenze per le armi e i carabinieri già lo conoscevano, ci hanno detto che era una persona che destava problemi, che ogni tanto andava a trovarli e che probabilmente aveva qualche disturbo psichico». Parte una prima nota alla polizia amministrativa chiedendo di approfondire la situazione. Poi la visita al poligono. «Notai subito che non c’erano controlli di sicurezza all’entrata e all’uscita. Fra l’armeria e la linea di tiro c’erano circa 200 metri, si passava dal parcheggio e dal cortile, dal quale era possibile uscire senza passare per alcun controllo – ha dichiarato l’ispettore in aula rispondendo alle domande del pm Giovanni Musarò -. Ne parlai con il presidente del Poligono, gli dissi che questa prassi non era giusta e che non si poteva continuare così». Dopo il sopralluogo l’ispettore ha redatto una nota con la quale si sollecitavano interventi sulle regole interne. «Ma non furono prese iniziative», ha precisato.
«Una svista»
«È accaduto che quelle tre note non sono state viste dall’operatore, arrivano migliaia di pec al giorno. È stata una svista. Un fatto del genere non è mai avvenuto sotto la mia dirigenza. È stato purtroppo un caso unico», ha dichiarato in aula l’allora dirigente della divisione di polizia amministrativa sentita come testimone. «È stata una disattenzione – ha aggiunto la teste – una svista dell’operatore. Le tre note sul Poligono non sono mai state portate alla mia attenzione. Un operatore attento avrebbe dovuto portarla all’attenzione del dirigente. L’avrei esaminata e avremmo interessato i soggetti competenti, la sezione Tiro a Segno, quello nazionale e il ministero Difesa».
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