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Difesa, Green Deal, debito comune: Von der Leyen alla prova del dibattito tv tra candidati Ue (con lo spettro dell’estrema destra)

23 Maggio 2024 - 10:18 Simone Disegni
Oggi il confronto tra i capolista dei principali partiti Ue. I nomi, le sfide e le «provocazioni» possibili alla presidente della Commissione uscente

Da Bruxelles – Ci siamo. Il D-day è arrivato. A due settimane dall’apertura delle urne per le Europee (6-9 giugno a seconda dei Paesi) è il giorno del duello televisivo tra i principali protagonisti della competizione elettorale. Schlein contro Meloni? Macché. La sfida tutta italiana tra la presidente del Consiglio e la leader del Pd nel salotto di Bruno Vespa è saltata, come noto, per lo stop dell’AgCom ottenuto dai partiti esclusi in ossequio a rigidi criteri di par condicio. Ma è in Europa che si gioca la sfida, ed è a Bruxelles che si terrà invece oggi pomeriggio il duello televisivo tra gli Spitzenkandidat, i candidati delle famiglie politiche del continente alla guida della Commissione. Si comincia alle 15 nella sede del Parlamento europeo, trasformata per l’occasione in un’arena all’americana con al centro i cinque contendenti prescelti: Ursula von der Leyen, ricandidata dal Ppe, Nicolas Schmit per i socialdemocratici del Pse, Sandro Gozi per i liberali di Renew, Terry Reintke per i Verdi e Walter Baier per la Sinistra europea. Diretta video, per i super-appassionati, garantita dalla European Broadcasting Union, l’associazione che riunisce le principali tv pubbliche di tutta Europa che organizza il dibattito pre-elettorale (è lo stesso ente che organizza l’Eurovision). Per chi non ha tempo o modo di seguire il dibattito live nell’inconsueto orario pomeridiano, appuntamento per il racconto in presa diretta sul sito e sui canali social di Open. Nell’attesa, ecco come funzionerà il dibattito, chi sono i protagonisti e quali le chiavi politiche da tenere d’occhio.

Chi, come e perché

Doverosa premessa: sulla scheda da infilare nell’urna nessun elettore europeo troverà il nome di alcun “candidato alla guida della Commissione”. Per il semplice fatto che il sistema politico Ue non funziona così. I cittadini eleggeranno il Parlamento europeo, che sarà poi chiamato – sulla base della maggioranza che si formerà – a dare il suo benestare (o meno) al o alla presidente della Commissione indicato dai 27 capi di Stato e di governo. I “candidati” che si sfideranno oggi sul palco, dunque, sono gli Spitzenkandidat dei principali partiti politici europei. Il termine tedesco indica appunto il “candidato di punta” di ciascun raggruppamento. Chiuse le urne di giugno, però, la scelta sarà in mano ai governi, e non è da escludere che i 27 leader possano puntare su un altro nome, che non coincida con alcuno di quelli oggi sul palco (come da illustre precedente di cui sotto). Il dibattito durerà un’ora e 45 minuti e sarà condotto da due presentatori, il ceco Martin Řezníček e la belga Annelies Beck. Molte delle domande le porranno loro, altre rappresentanti del pubblico presente in Aula a Bruxelles, altre ancora saranno quelle di cittadini che le hanno inviate nelle scorse settimane tramite i social media. Sei i temi formalmente in agenda: economia e lavoro; difesa e sicurezza; clima e ambiente; democrazia e leadership; migrazione e frontiere; innovazione e tecnologia.

Messaggi a caratteri cubitali per scongiurare l’astensione davanti al Parlamento europeo

Una contro tutti

Ursula von der Leyen è la candidata da battere. La presidente uscente della Commissione spuntò dal coniglio del cappello di Emmanuel Macron dopo le Europee di cinque anni fa. Non era stata indicata come candidata da alcuna delle famiglie politiche europee (la sua, il Ppe, schierava formalmente alla guida lo storico capogruppo Manfred Weber, che infatti la prese malissimo). Von der Leyen era la ministra della Difesa di Angela Merkel: una solida carriera politica in Germania, ma uno standing europeo e internazionale tutto da costruire. Passò l’esame del Parlamento europeo per un soffio (383 voti, appena 9 in più della maggioranza richiesta) e divenne così Mrs. Europa. Cresciuta nella Cdu di Merkel, è una conservatrice moderata, pragmatica, cui non manca lo spirito europeo (è nata a Bruxelles, parla fluentemente l’inglese e il francese e azzarda volentieri esperimenti con le altre lingue del continente). A 65 anni, è al momento di svolta della sua carriera: conferma per un secondo mandato alla guida della Commissione (in passato ci sono riusciti solo Jacques Delors e José Manuel Barroso) o fine della corsa.

Partita in Difesa

Nel 2019 Von der Leyen promise agli europei due cose principali: che avrebbe guidato una Commissione «geopolitica», ossia attenta al ruolo dell’Ue nelle sfide globali, e che avrebbe risposto alle attese delle piazze (dei giovani in particolari) sulla lotta al cambiamento climatico con un ambizioso Green Deal. Sul primo nodo, se anche non fosse stata l’Ue a occuparsi del mondo, è stato il mondo a occuparsi di lei – facendole precipitare addosso prima la catastrofe sanitaria (a seguire economica) del Covid-19, poi la guerra di Vladimir Putin all’Ucraina. Due sfide (cui va aggiunta nell’ultimo tratto l’altra crisi di Gaza) che hanno travolto l’Europa, inducendo cambiamenti storici, in gran parte ancora in corso. Dalla crisi del Covid è nato il Next Generation EU, primo esperimento d’indebitamento comune per far crescere l’Ue: l’hanno concepito i governi, ma la Commissione a guida von der Leyen l’ha realizzato e “messo a terra” con impegno. Dalle guerre alle porte viene la recente promessa di rinforzare e possibilmente mettere in comune le capacità militari per far fronte alle possibili aggressioni di domani di questo (Putin) o quell’altro autocrate. Von der Leyen, considerata molto vicina agli Usa (dunque anche alla Nato), ne fa del ora uno dei suoi cavalli di battaglia di campagna elettorale. Per attuare quel che ha in testa servono però centinaia di miliardi di euro. Riuscirà a convincere da un lato i governi (specie quelli “frugali”) e dall’altra gli elettori europei della necessità di investire massicce risorse nel settore della difesa? Questione cruciale da seguire nel dibattito di oggi e nel resto della campagna elettorale.

La campagna pro-voto del Parlamento europeo per le elezioni del 6-9 giugno

C’era una volta il Green Deal

Il Green Deal lanciato dall’Ue cinque anni fa è invece la vittima principale degli sconvolgimenti degli ultimi anni, interni e esterni. Nell’ultimo anno, complice la pressione pre-elettorale di parte dei cittadini, agricoltori e forze di destra – il Ppe cui von der Leyen deve rispondere ha lanciato una campagna di esplicito “smontaggio” dei mattoni dell’ambizioso pacchetto di misure Ue sull’ambiente. Dallo stop ai motori a combustione alle norme sui pesticidi, dalla legge sul ripristino della natura alla famigerata direttiva sulle “case green”, von der Leyen non ha fatto nulla per difendere l’assalto da destra al “suo” Green Deal. La scommessa è quella di allinearsi silenziosamente alla linea del Ppe, per lo meno in campagna elettorale, pur continuando a rivendicare in pubblico una più moderata battaglia per la «decarbonizzazione» d’Europa. Equilibrio anche questo precario.

Lo sfidante di centrosinistra

I quattro candidati che oggi pomeriggio sfideranno von der Leyen faranno a gara dunque per provare a metterla in difficoltà, in primis su questi due terreni. Il più accreditato tra gli sfidanti è Nicolas Schmit, capofila Ue dei Socialisti & Democratici. 71 anni, lussemburghese, è stato “collega” di von der Leyen nell’ultimo quinquennio. Era infatti il commissario europeo al Lavoro e ai Diritti sociali, dopo essersi occupato degli stessi temi come ministro nel suo Paese. È considerato per la sua storia vicino al mondo dei sindacati. Incoronato Spitzenkandidat al congresso Pse di Roma a marzo, non ha però la staffa del leader. D’altra parte, sondaggi pre-elettorali alla mano, è un candidato di bandiera: non ha alcuna chance realistica di diventare davvero presidente della Commissione.

Nicolas Schmit incoronato Spitzenkandidat al congresso del Pse di Roma, col cancelliere tedesco Olaf Scholz e la segretaria del Pd Elly Schlein – Roma, 2 marzo 2024

Gli altri candidati

Meno ancora ce l’hanno gli altri tre candidati oggi sul palco, espressione di famiglie politiche europee accreditate di una fetta ancor più piccola di voti a giugno. Proprio per questo, non avendo pressoché nulla da perdere, possono riservare però sorprese. Sandro Gozi, unico italiano in “gara”, rappresenterà il gruppo centrista dei liberali di Renew. È la famiglia politica che fa riferimento a Emmanuel Macron in Francia, e cui aderiscono – per l’Italia – Azione, Più Europa e Italia Viva. Gozi è stato negli ultimi anni proprio l’anello di congiunzione tra Matteo Renzi ed Emmanuel Macron. Dopo l’esperienza da sottosegretario in Italia, ha lavorato come consulente per il governo francese ed è stato poi eletto eurodeputato in Francia. È uno dei tre capolista di Renew insieme alla francese Valerie Hayer e alla tedesca Marie-Agnes Strack-Zimmermann. Due sono gli Spitzenkandidat – un uomo e una donna – che esprimono i Verdi europei. Sul palco ci sarà oggi Theresa (Terry) Reintke. Tedesca, classe 1987, ha già due legislature Ue alle spalle ed ed è la co-presidente del gruppo dei Verdi al Parlamento europeo. C’è da giurare che batterà duro sulle promesse rimangiate dalla sua connazionale. Il meno noto tra i contendenti del dibattito è Walter Baier, 70enne austriaco che guida le liste Ue della Sinistra europea (quella radicale). Ha alle spalle una lunga militanza di attivista per la pace, il dialogo interculturale e il disarmo nucleare. Materia su cui promette di «provocare» da sinistra von der Leyen (e gli altri).

In fondo a destra

Se pensate che manchi qualcuno all’appello, non vi sbagliate. Il gigantesco elefante nella stanza del dibattito tra euro-candidati sarà la destra più radicale. I due principali gruppi europei in cui è organizzata – Identità e democrazia (ID) e Conservatori e riformisti europei (ECR) – non saranno infatti rappresentati nel dibattito. La ragione ufficiale addotta dagli organizzatori è che questi due raggruppamenti non hanno espresso uno (o più) Spitzenkandidat. Vero, ma inevitabilmente la decisione ha innescato critiche e polemiche da chi – non solo da destra – lamenta che così lo spettro delle posizioni in campo alle Europee non sia rappresentato in modo compiuto. In assenza di rappresentanti di ID e ECR, comunque, il tema del possibile allargamento a destra della maggioranza nel prossimo Parlamento europeo la farà sicuramente da padrona nel dibattito. Due settimane fa esatte gli altri quattro euro-partiti che oggi sfidano von der Leyen hanno co-firmato un manifesto in cui promettono di non lavorare mai al fianco di partiti di estrema destra, e chiedono alla candidata del Ppe di prendere pubblicamente lo stesso impegno. L’interessata ormai da mesi se ne guarda bene, lasciando intendere che accetterebbe invece ben volentieri l’appoggio per lo meno dei conservatori più pragmatici – tendenza Meloni. Dopo lo scandalo delle ultime dichiarazioni del presidente dell’Afd, che sembra aver spaccato all’interno Identità e Democrazia, le parole di von der Leyen sul tema saranno passate al microscopio politico.

Matteo Salvini si è allineato a Marine Le Pen sulla chiusura all’Afd, in odore di neonazismo

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