Giorgia Meloni al Festival dell’economia: «Stretta sul superbonus per limitare l’emorragia dei conti. Redditometro? Voglio studiarlo meglio» – Il video
Premierato, tasse, superbonus: Giorgia Meloni si gioca il duello a distanza con Elly Schlein mettendo sul tavolo le riforme del proprio governo, al Festival dell’economia di Trento nell’incontro al Teatro Sociale con Maria Latella dal titolo Io, Giorgia e i dilemmi d’Europa. Nel pomeriggio su quello stesso palco salirà la segretaria del Partito democratico, come ricorda la giornalista di Sky alla premier: «Potrà rispondermi», dice subito dopo aver difeso ancora una volta la riforma per l’elezione diretta del capo dell’esecutivo. «Non ho bisogno di fare cassa sul superbonus ma di limitare l’emorragia perché i nostri conti non la reggono e non produce quanto promesso a livello di Pil», spiega la leader di Fratelli d’Italia, «quello che stiamo facendo sul superbonus per molti è impopolare ma quando si viaggia a costi di 220 miliardi di euro, come il Pnrr, per ristrutturare il 4% degli immobili, una stretta la devi mettere altrimenti rischi di andare fuori controllo». Tema delicato, quello dei bonus e delle tasse, ancor di più in questi giorni di tira e molla sul cosiddetto «redditometro» che ha creato qualche problema anche tra gli alleati della maggioranza. E che la premier ha stoppato definitivamente. «Ho sospeso la norma perché la voglio vedere meglio», ha detto da Trento Meloni, «bisogna ragionare nel merito sulla norma migliore che sia efficace sulla grande evasione, sui fatti intollerabili, e per garantire il cittadino». La premier ha spiegato che dopo il decreto del 2015 del governo Renzi per normare l’accertamento sintetico, «in maniera troppo invasiva secondo noi», Conte lo ha abolito annunciando un intervento che non è mai arrivato. «Questa norma avrebbe bisogno di un decreto di attuazione per capire i limiti in cui opera l’Agenzia delle entrate», ha detto Meloni, «oggi l’Autorità può muoversi nell’ambito dell’accertamento sintetico con eccessiva discrezionalità. Da questo parte lavoro di Leo, occorre fare una norma a garanzia dei contribuenti che non dia poteri illimitati all’amministrazione».
Il premierato
Il dialogo con Latella si sposta poi sul premierato, la riforma che punta a modificare alcuni articoli della Costituzione italiana per introdurre l’elezione diretta del capo del governo. «Per rimettere il boccino delle decisioni in mano ai cittadini», ha ripetuto Meloni, «perché un governo scelto dal popolo è un governo che al popolo risponde. E dall’altra parte, garantiamo la stabilità a quel governo che viene scelto dai cittadini». La presidente del Consiglio l’ha definita una misura, oltre che democratica, anche economica: «In Italia abbiamo avuto governi che in media sono durati un anno e mezzo. Quando ho un orizzonte così breve non mi posso permettere di avviare una strategia o fare investimenti: quello che posso fare è spendere per garantirmi il consenso immediato. Con il premierato diamo tempo al governo eletto dai cittadini per mettere in campo la propria strategia e far veder loro i risultati. È una misura economia anche sul piano internazionale: nessuno vuole fare accordi strategici con interlocutori che cambiano ogni 6 mesi o un anno». Meloni ha quindi attaccato i suoi avversari politici, Pd in testa. «Tutti quelli che in questa nazione hanno dato le carte, o ritenuto di doverle dare, senza render conto ai cittadini oggi osteggiano quella riforma, solo che non si è capito perché non dovrebbe convenire ai cittadini», ha spiegato, «qua ci sono due modelli in gioco: io propongo l’elezione diretta del capo del governo e l’abolizione dei senatori a vita. Il Partito democratico propone l’ostruzionismo contro l’elezione diretta del capo del governo e raddoppio dei senatori a vita». Una stoccata a Schlein arriva anche più tardi, quando le viene chiesto di raccontare una aneddoto sul suo primo anno e mezzo di governo. Meloni ricorda quindi quando ha raggiunto Edi Rama in Albania: «Giornalisti appostati a ogni angolo per fotografarmi, anche in costume. Poi nessuno si è accorto che ci siamo chiusi una giornata intera a discutere e prendere accordi per l’immigrazione. Erano talmente tutti attenti ad altro che, come direbbe Schlein, non ci hanno visto arrivare».
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