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Ultra, il racconto del potere. La scommessa dei conservatori di Ecr (e di Meloni), stanchi di rimanere fuori dai giochi di Bruxelles

26 Maggio 2024 - 12:15 Sara Menafra
I conservatori potrebbero prendere circa 70 seggi, dieci di più se si aggiungerà Orban. Il ricercatore Congiu: «Per alcuni partiti di Ecr è importante mantenersi radicali senza rischiare di essere esclusi dai dossier economici»

Il Gruppo Europeo dei Conservatori e dei Riformisti (Ecr) è stato fondato nel 2009 come risposta alla crescente insoddisfazione di alcuni partiti politici europei rispetto alle politiche e le strutture del Gruppo del Partito Popolare Europeo (Ppe) e del Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici (S&D). L’obiettivo principale dell’Ecr è quello di promuovere un’agenda politica basata sui principi del conservatorismo, del libero mercato e della sovranità nazionale all’interno dell’Unione Europea. E, tanto più che il leader del partito europeo è Giorgia Meloni (e in Polonia il Pis continua a pesare molto, sebbene il governo sia guidato dal popolare Donald Tusk), ora che le elezioni si avvicinano sono sempre maggiori gli interrogativi su quanto ancora Ecr potrà essere escluso dalle nomine importanti, sia in Commissione sia nel Parlamento europeo.

I sondaggi per giugno 2024

Il gruppo Ecr, che il “Poll of the polls” di Politico assesta a 71 eurodeputati (ma il calcolo è fatto senza l’eventuale esclusione del partito di Orban, Fidez, che potrebbe raccoglierne altri dieci) contro i 68 uscenti, è composto da partiti di centro-destra e conservatori provenienti da diversi paesi europei. Include anche membri di orientamenti politici diversi, come i liberal-conservatori e i nazionalisti moderati. Questa diversità ideologica all’interno dell’Ecr riflette la sua natura di coalizione di partiti che condividono alcune posizioni politiche fondamentali ma possono differire su questioni specifiche.

Il Ruolo dell’Ecr nella Politica del Parlamento Europeo

L’Ecr è nato in seguito alle elezioni europee del 2009, quando diversi partiti politici hanno deciso di formare un nuovo gruppo politico indipendente all’interno del Parlamento europeo. L’impulso veniva in particolare dal Partito Conservatore britannico di David Cameron che intendeva staccarsi dai Popolari e perseguire una politica più critica sull’Unione europea. Ai “tories” si aggiunsero il Partito della Legge e della Giustizia polacco e il Partito dei Veri Finlandesi. Da allora, l’Ecr ha spesso assunto una posizione critica nei confronti dell’integrazione europea e delle istituzioni sovranazionali dell’UE, difendendo il principio di sussidiarietà e sottolineando l’importanza del ruolo degli Stati membri nell’ambito decisionale dell’Unione Europea. Già dalla successiva legislatura, però, i Conservatori hanno iniziato a contare sempre di più. Il primo giro di boa è stato, probabilmente, quello in cui, a metà legislatura 2014-2019 i voti dei conservatori sono fondamentali per eleggere presidente del parlamento europeo Antonio Tajani, oggi leader di Forza Italia. Attualmente Ecr ha propri esponenti alla guida di due paesi: 

  • L’Italia, con Giorgia Meloni che è anche segretario di Ecr e ambisce a mandare a Strasburgo la delegazione più numerosa del gruppo; 
  • La Repubblica Ceca, con  Petr Fiala, leader di Ods da dieci anni. 

Fino a poco tempo fa il gruppo poteva contare sulla forte presenza del premier polacco Mateusz Morawiecki, poi sostituito da Donald Tusk. 

Gli ingressi in Ecr nel tempo

Giorgia Meloni (C-L) l’ex primo ministro polacco Mateusz Morawiecki (C-R) durante il seminario di Ecr a Varsavia 2023 | EPA/FILIPPO ATTILI / PALAZZO CHIGI

La prima consistente crescita di Ecr è nella legislatura 2014-2019 quando grazie alla presenza di nuovi partiti greci, bulgari, tedeschi e slovacchi non presenti nel precedente europarlamento, Ecr è la terza formazione più rappresentata, superiore anche ad Alde (oggi inclusa in Renew) e Verdi.  Il 6 novembre 2018 Giorgia Meloni annuncia l’ingresso di Fratelli d’Italia nel gruppo dei Conservatori e dei Riformisti, pur non avendo eurodeputati. L’anno dopo, c’è un nuovo salto in avanti: in seguito alle elezioni europee, entrano in Ecr l’olandese Forum per la Democrazia (FvD), lo spagnolo Vox, il Partito delle Famiglie di Germania e Soluzione Greca, mentre lo lascia, per aderire a I&D il partito dei Veri finlandesi. In reazione all’adesione degli eurodeputati del FvD al gruppo, l’olandese Unione Cristiana lasciò l’Ecr per aderire al Gruppo del Ppe. Nel corso degli anni, dunque, la natura di Ecr è cambiata includendo partiti sempre più radicali nel proprio posizionamento. Nella legislatura che si conclude ora la delegazione maggiormente rappresentativa è stata quella polacca, che da sola rappresenta quasi metà del gruppo.  

Ecr e la prossima commissione Ue 

Fratelli d’Italia e il Pis polacco aspirano ad eleggere un consistente numero di eurodeputati e a diventare la terza forza più rappresentativa a Strasburgo. Negli ultimi anni e già nella legislatura che si appresta a terminare, Ecr ha dialogato su più punti con la cosiddetta maggioranza Ursula, composta da popolari, socialdemocratici e liberali che ha eletto la presidente Ursula Von der Leyen.  Il primo “strappo” in questo senso è stato, nel 2019, con la scelta di Morawiecki di sostenere Ursula Von Der Leyen, assieme agli eletti del Pis, in dissenso dal gruppo. Una frattura che ora potrebbe ripetersi, se non sarà l’intero Ecr a confluire su von der Leyen: la premier italiana Giorgia Meloni, infatti, leader attuale di Ecr, non ha escluso la possibilità di sostenere von der Leyen, da sola o in accordo con l’intero gruppo conservatore. Non è l’unico scenario possibile: nelle ultime settimane, ad esempio intervenendo alla convention di Vox di Madrid, Meloni ha parlato di alleanza delle destre, aprendo al dialogo almeno con una parte di I&D (il partito a cui appartengono Matteo Salvini e Marine Le Pen). 

Il rapporto con Orban

L’attuale primi ministro polacco Donald Tusk (L), il primo ministro ceco Petr Fiala (C) e quello ungherese Victor Orban (R) a margine di una riunione del gruppo di Visegrad, 27 febbraio 2024 | EPA/Radek Pietruszka

Dal canto suo, la attuale maggioranza Ursula, Popolari, Socialisti e Liberali è divisa al suo interno (e all’interno dei singoli partiti) sia sul sostegno alla candidatura bis di Von der Leyen, sia sull’arrivo dei voti di Ecr che, è l’auspicio di questo fronte, dovrebbero essere presenti, ma non indispensabili. La questione è complicata dal rapporto di Ecr con Vicktor Orban e il suo Fidez che ha annunciato di voler entrare a far parte di Ecr. Massimo Congiu, presidente dell’Osservatorio sulla Mittleuropa e autore del recente saggio per Fondazione Feltrinelli “La protesta è l’anima“, spiega che l’ingresso di Fidez in Ecr è una possibilità concreta, tanto più che il gruppo sembra essere destinato a portare una quota di parlamentari europei considerevole, che farebbe fare un balzo in avanti al gruppo di più del 10%.

La parte più delicata di questa relazione, almeno dal punto di vista dei maggiorenti di Ecr, Fratelli d’Italia e Pis, è il rapporto di Orban con la Russia di Putin. Italia e Polonia sono schieratissime in ottica Nato, non così l’Ungheria che pian piano sta trovando una nuova sponda nella Slovacchia di Robert Fico (colpito da un grave attentato terroristico la scorsa settimana) anche lui su posizioni morbide nei confronti della Russia di Putin. Come spiega Congiu, i rapporti con la Russia di Putin sono prima di tutto economici, soprattutto per quanto riguarda l’Ungheria, vincolata dal punto di vista energetico alle forniture russe di gas e agli investimenti sul nucleare: «Questa posizione troverebbe non più nella Polonia di oggi una sponda, la troverebbe invece nella Slovacchia guidata da Robert Fico, che in questo senso avrebbe espresso degli intendimenti che si sposano abbastanza bene con quelli del governo Orban. Fico ha parlato di “propaganda ideologica contro la Russia da parte dell’Ue”, e sebbene Fico sia stato un socialdemocratico, nel suo governo siede oggi il Partito nazionale slovacco, non proprio una tradizione socialdemocratica».

E’ pur vero però che su altri temi il comune sentire è rimasto. Soprattutto, i partiti del blocco di Visegrad che appartengono ad Ecr condividono una visione in cui l’Europa va sì criticata, ma non al punto di rompere rapporti economici che sono indispensabili per molti paesi, a cominciare dall’Ungheria di Orban. Dice ancora Congiu: «C’è anche un calcolo politico. Alcuni dei partiti che fanno riferimento ad Ecr possono essere estremi su alcune tematiche ma non vogliono essere percepiti come tali, quando si va a trattare di dossier economici e di fondi europei. L’Ungheria, in particolare, non se la sta passando particolarmente bene dal punto di vista economico, ha gravi problemi di inflazione sta discutendo anche con la CIna di progetti di investimento nel paese». Una differenza fondamentale con l’atteggiamento “purista”, di Identità e democrazia, almeno fino alle ultime mosse di Marine Le Pen.

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