Cento euro per non abortire: l’offerta dei volontari pro vita a una ragazza di Genova

Succede all’ospedale villa Scassi. I racconti degli altri episodi in zona

Cento euro per non abortire. Sono stati offerti a una ragazza che si è presentata all’ospedale Galliera di Genova e lì ha scoperto di essere incinta. E dal quale è stata respinta quando ha chiesto la possibilità di abortire. Perché «qui non ti possiamo aiutare, certe cose non le facciamo». A Villa Scassi invece la ragazza «è stata avvicinata da due donne che, dopo averle chiesto a malapena chi fosse e dopo aver scoperto che di figli ne ha già tre, le hanno provato a fare la morale sulle ricadute psicologiche di un’eventuale interruzione. E le hanno offerto 100 euro per non farlo». Questo è quanto ha raccontato una sua amica che era con lei a Repubblica. La donna è di origine straniera e ha una storia familiare di vulnerabilità. Ha fatto il test al Galliera in un’ora per scoprire la gravidanza.


I centri per la vita

Poi l’arrivo a Villa Scassi insieme all’amica. E l’incontro con le due attiviste dei Centri per la vita che le hanno promesso soldi. «L’impressione è che volessero approfittare di una situazione di fragilità facendo leva sul lato economico», dice l’amica. «Non abbiamo perso tempo a capire: siamo andate via», aggiunge. Il marito non sa della gravidanza «e lei non vuole coinvolgerlo». Saranno quindi le amiche a sostenere le spese della gravidanza fino all’eventuale aborto. Villa Scassi, contattata dal quotidiano, fa sapere di non aver autorizzato l’ingresso di rappresentanti di associazioni pro vita. Ma «Sono uscita in lacrime e se non ci fosse stato il mio ragazzo a consolarmi non so cos’avrei potuto fare».


I racconti

I racconti di chi ha ricevuto offerte in denaro si mescolano a quelli di chi si è sentita colpevolizzare: «Il medico ha cominciato a sgridarmi, dicendomi che la cosa era seria, che quello era il mio bambino e aveva un battito cardiaco e che stavo occupando il posto di donne con il cancro quando avrei potuto stare più attenta». C’è chi si è vista proporre di contattare i Centri per la vita. Per «approfittare della vulnerabilità, pensando di comprare la nostra libertà è quanto di più violento si possa immaginare», dice Federica Di Martino. E rispetto al caso di Genova, «le donne straniere vivono uno stigma plurimo, soprattutto in ambito riproduttivo. Fare propaganda sui corpi dei più vulnerabili è una politica pericolosissima».

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