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«C’è gente che mi vuole male»: la lettera di Angelo Onorato, la pistola che cercava e il mistero di crediti e debiti

angelo onorato francesca donato
angelo onorato francesca donato
I filmati delle telecamere e l'incontro «per risolvere bonariamente una questione». L'autopsia in programma oggi e i filmati delle telecamere

«C’è gente che mi vuole male». Nella lettera che l’architetto Angelo Onorato ha lasciato all’amico avvocato Fabrizio Macchiarella c’è solo una frase che potrebbe fare riferimento alla sua morte. Tre pagine scritte a febbraio e consegnate giovedì 23 maggio a Macchiarella. Da consegnare alla moglie Francesca Donato nel caso gli fosse capitato qualcosa. Ma la pista dei debiti non trova forza dallo scritto, nel quale il quadro della situazione economica della famiglia non appare in grado di giustificare un finale violento. I debiti non sono tanti, ci sono crediti da riscuotere anche se Onorato dice di essersi «fidato delle persone sbagliate». Poi quella frase sui nemici, anche se la svendita della srl e i due strani contratti che portano a Capaci non pare collegata, per ora, a nessuno.

Le due piste: suicidio e omicidio

Dietro la morte di Onorato due sono finora le piste emerse. A quella dell’omicidio crede in modo granitico la famiglia. L’avvocato Vincenzo Lo Re, che rappresenta la moglie e i figli (Carolina e Salvatore) dice che ci sono «considerazioni oggettive e soggettive» che portano a escludere quella del suicidio. A Macchiarella Onorato aveva confidato «una grande preoccupazione». E aveva detto la stessa cosa alla sorella Laura Onorato, che abita a Milano. Che però aveva anche successivamente tranquillizzato: «Sai che adesso la cosa gira a mio favore? Sai che forse si sistema?». Nella lettera, a dispetto delle anticipazioni, non ci sono però nomi. «Per non mettervi nei guai», avrebbe però scritto la vittima. Aggiungendo: «Se muoio, sappiate che ho fatto tutto questo per salvare mia moglie e i miei figli».

I filmati delle telecamere

La pista del suicidio è invece avvalorata per ora da elementi di prova piuttosto concreti. Tra questi l’analisi dei filmati delle telecamere di zona. Il Suv di Onorato era parcheggiato lungo il ciglio di via Minutilla, che corre parallela all’autostrada per Mazara del Vallo. L’auto si trovava in un punto non ripreso dalle telecamere. Ma dalle registrazioni è evidente che nessun veicolo si è avvicinato alla Range Rover. Perché tutte le auto passate in zona sono arrivate in un tempo incompatibile con la sosta. Nemmeno passanti a piedi sono stati ripresi dalle telecamere. A meno che qualcuno per arrivare all’appuntamento con Onorato ed evidentemente con l’intenzione di ucciderlo non abbia scavalcato il muro di cemento alto due metri che delimita l’autostrada.

La pistola

Ma, scrive oggi Repubblica, e se invece nell’auto di Onorato ci fosse stato già qualcuno? «Quando siamo arrivati lo sportello posteriore era aperto», ha detto la moglie agli inquirenti. Si parla di un capannone a Capaci come l’inizio dei guai di Onorato. Si parla della possibilità di una richiesta di restituzione di denaro. A Capaci lui era andato «per risolvere bonariamente una questione». Le impronte sulle maniglie dell’auto invece dicono che l’architetto potrebbe essere sceso dalla Range Rover. Forse per prendere dal sedile posteriore la fascetta con cui si è ucciso? Oppure per parlare con qualcuno che poi lo ha ucciso? «Negli ultimi tempi era molto preoccupato, aveva anche cercato una pistola», è l’ultima indiscrezione attribuita ai familiari. Oggi l’autopsia potrebbe dare qualche risposta in più al mistero.

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