Femminicidio Tramontano, la difesa ci prova: «Alessandro Impagnatiello ha un complesso disturbo narcisistico»

Le conclusioni dello psichiatra chiamato dalle sue legali. Giulia percepita come «la nemica, che aveva spezzato quella quotidianità pompata e gonfiata dall’attività lavorativa immaginifica»

Alessandro Impagnatiello, sotto processo per l’omicidio della sua compagna, Giulia Tramontano, al
settimo mese di gravidanza, «è certamente portatore di un complesso disturbo della personalità con tratti narcisistici, ossessivo-compulsivi e paranoici» che «sono alla base» dell’assassinio. A metterlo nero su bianco è la consulenza tecnica della difesa che è agli atti del processo in corso davanti alla Corte d’Assise di Milano. Il 31enne, nell’interrogatorio di ieri, ha ricostruito quello che ha fatto a Giulia ma ha detto di non riconoscersi nelle conclusioni dello psichiatra che ha evidenziato un vizio di mente, una mossa che potrebbe portare a una perizia psichiatrica. Secondo Raniero Rossetti, lo psichiatra nominato dalle avvocatesse Giulia Geradini e Samanta Barbagli, le «vicende socio-lavorative nel corso degli anni
hanno amplificato e scoperchiato» dell’uomo. E il lavoro in uno dei bar più di tendenza di Milano ha «gonfiato via via l’ego». Nella consulenza si riportano stralci dei due colloqui con il medico dove Impagnatiello parla sia della relazione con Giulia che con quella della collega.


«Giulia, la nemica che aveva minato e poi mandato a pezzi la sua quotidianità pompata»

Nell’interrogatorio così come nel colloquio Impagnatiello spiega di aver fatto «uno sforzo enorme per tenere tutto sotto controllo». Ha raccontato dell’«enorme castello di bugie, una specie di doppia vita» con false verità per gestire due persone contemporaneamente. Ha aggiunto che quando avrebbe preso «in braccio il bambino» suo e di Giulia atteso tra luglio e agosto, «questa doppia vita» sarebbe stata «spezzata». Una volta smascherato «mi sono sentito sconfitto, umiliato per aver perso il controllo che durava da 10 mesi». «Ero in tilt», ammette, quando ha pugnalato Giulia, ha confessato che «la voglia di nascondere tutto era passata, forse era tornata la logica». Giulia, secondo lo psichiatra, non era più percepita dall’uomo come «la sua compagna di vita e la madre del figlio che stava per nascere» ma come la «nemica che aveva minato e poi mandato a pezzi la sua quotidianità pompata e gonfiata dall’attività lavorativa ‘immaginifica’, dalla relazione con l’altra e dal godimento narcisistico di essere in grado di gestire le due donne, l’una all’insaputa dell’altra». Quel 27 maggio, giorno dell’omicidio, è stato per lui il crollo: «il narciso patologico, il manipolatore e l’astuto controllore di due vite femminili», è stato scoperto e «ha dovuto improvvisamente decadere dal suo ruolo».


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