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Nadia Nadim, la dottoressa fuggita dall’Afghanistan da bambina e ora calciatrice del Milan: «Per me la felicità è fare la differenza»

29 Maggio 2024 - 18:26 Massimo Ferraro
A 12 anni ha dovuto lasciare Kabul dopo che il padre, generale dell'esercito, fu rapito e ucciso dai talebani: dalla fuga in Europa alla laurea in medicina, la sua storia sul mensile Scarp de' tenis

«Voglio essere una voce per coloro che non hanno voce». Figlia di un generale afghano ucciso dai talebani nel 2000, rifugiata politica con la madre e le sorelle in Danimarca, laureata in medicina, calciatrice per i top club di mezza Europa e ora approdata al Milan. Nadia Nadim aveva solo 12 anni quando è stata costretta a lasciare in fretta e furia Kabul per evitare di essere uccisa dagli stessi miliziani che avevano rapito e ammazzato il padre. «Penso di aver ereditato da lui la mia freddezza nelle situazioni difficili, quando tutto intorno a me sembra non essere gestibile riesco a mantenermi calma e concentrata sull’obiettivo», racconta la 36enne al mensile Scarp de’ tenis, il “giornale di strada”, nella storia in copertina del numero di giugno appena uscito, «mia mamma ora non c’è più. È morta due anni fa in un incidente stradale. Lei era una combattente, non si è mai arresa. Non aveva timore di dire quello che pensava». Proprio sua madre le diede la forza durante la lunga traversata per raggiungere l’Europa, fino alla Danimarca. «Durante il viaggio avevo paura, ansia, eravamo affamate, avevamo freddo. Non sai cosa ti accadrà, ma sei così disperata che metti la tua vita nelle mani di persone che non hai mai incontrato prima», ricorda la calciatrice, laureatasi in medicina due anni fa, e che indosserà il camice una volta terminata la carriera da atleta, «ciò che mi ha da to coraggio è stata la presenza di mia madre. Sentivo che fino a quando lei fosse stata con me, non poteva accadermi nulla». Dopo l’Afghanistan, il Pakistan e l’attesa a Islamabad dei passaporti. Poi lo scalo a Milano e «il viaggio sul retro di un camion», prima di arrivare nel nord Europa. «La nostra richiesta di asilo politico è stata accolta in soli nove mesi. Ma sapevo che c’erano persone che erano in quel campo già da cinque, sei anni», continua il suo racconto, «nel campo ho scoperto il calcio e ci giocavo tutti i giorni». Poi ha ottenuto il passaporto danese, gioca per la Nazionale ed è stata una claciatrice del Manchester City, del Paris Saint-Germain, prima di arrivare al Milan. Nadim parla quindi del calcio femminile: «C’è ancora grande divario con quello maschile, ma è anche vero che è cresciuto molto negli ultimi 10 anni. Siamo sulla strada giusta e spero che in futuro sia le bambine che i bambini possano avere le stesse opportunità». Intanto vuole «fare la differenza, aiutare le persone» intorno a sé, che è anche il motivo per cui ha studiato medicina: «Volevo essere in una posizione in cui avrei potuto aiutare le perso- ne, avere un impatto sulla vita degli altri. È una cosa bellissima, una responsabilità. Conosco l’importanza di aiutare uno sconosciuto».

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