Riforma della giustizia, via libera del Cdm. Sdoppiato e depotenziato il Csm, passa la separazione delle carriere

Il provvedimento è passato in seguito a un confronto con il Quirinale. Ed è atteso che cambi ancora con le leggi attuative

Prima delle elezioni europee, l’esecutivo Meloni riesce ad approvare una delle proposte chiave del suo programma di governo: la riforma dell’ordinamento giudiziario. Un provvedimento che «interrompe la degenerazione correntizia del Consiglio superiore della magistratura», esulta Carlo Nordio in conferenza stampa. Il ministro della Giustizia ha dovuto mediare sull’impianto originale del testo, tra rivendicazioni dei partiti di maggioranza e interlocuzioni istituzionali, tra cui quella con Sergio Mattarella.


È probabile che la riforma cambi ancora perché, per l’entrata in vigore, necessita delle leggi attuative che verranno scritte in seguito. Inoltre, sottolinea il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il testo del disegno di legge costituzionale «non é blindato e non é scontato che per la definitiva approvazione serva il referendum». Dunque, per il momento, è possibile individuare alcune linee di indirizzo sui cambiamenti che il centrodestra prova a imprimere all’ordinamento giudiziario.


La separazione delle carriere

Già la riforma di Marta Cartabia aveva limitato i giudici a un unico passaggio possibile tra i ruoli di magistratura requirente e magistratura giudicante. Il centrodestra – e principalmente Forza Italia – ha deciso di portare a zero questi passaggi: è l’istituzione della cosiddetta separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Stando a quanto ribadito dall’esecutivo, i pubblici ministeri conserveranno la loro totale indipendenza rispetto a eventuali direttive governative.

Lo sdoppiamento del Csm

Il Consiglio superiore della magistratura, che è organo di autogoverno della categoria, sarà sottoposto a uno sdoppiamento: il testo di Nordio ha previsto l’istituzione di un Csm che si occuperà dei giudici e uno dei pubblici ministeri, coerentemente con la separazione delle carriere. Il capo dello Stato sarà presidente di entrambi. Cambiano, ad ogni modo, le modalità di selezione dei componenti. La riforma dà valore al sorteggio secco che, ad oggi, veniva usato solo per scegliere i magistrati in servizio. Da ora, invece, pure i membri laici indicati dal Parlamento saranno sorteggiati.

La composizione dei due Csm

Presieduti dal presidente della Repubblica, il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione saranno membri di diritto dei due nuovi Csm. Gli altri componenti – si legge ancora nel testo – «saranno estratti a sorte, per un terzo da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compilerà mediante elezione, e per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge».

L’indebolimento delle prerogative

I due Csm vanno incontro a un depotenziamento delle prerogative. Se prima era l’organo di autogoverno della magistratura, attraverso la sua sezione disciplinare, ad avere competenza su errori e condotte dei giudici, adesso la valutazione sarà affidata all’Alta Corte. È una delle maggiori novità della riforma. Il nuovo organo sarà composto da quindici giudici: tre saranno nominati dal capo dello Stato tra professori universitari e avvocati con 20 anni di esercizio. Tre, con i medesimi requisiti, saranno estratti a sorte da un elenco stilato dal Parlamento. Nove magistrati – di cui sei giudici e tre pubblici ministeri – verranno estratti a sorte tra quelli che hanno minimo 20 anni di funzione giudiziaria.

Leggi anche: