Telefonata Erdogan-Meloni, il presidente turco chiede all’Italia di riconoscere la Palestina: «Stia dalla parte giusta della storia»
Telefonata lungo la linea Ankara-Roma. Il presidente Recep Tayyip Erdoğan si è concentrato con Giorgia Meloni sul conflitto in Medio Oriente. Poche ore dopo che Spagna, Irlanda e Norvegia hanno formalizzato il riconoscimento dello Stato Palestinese, il leader turco ha detto di auspicare che l’Italia si schieri «dalla parte giusta della storia». Ovvero, anche Palazzo Chigi dovrebbe procedere al riconoscimento dello Stato Palestinese, secondo Erdoğan. Il quale ha anche detto che «dovrebbe essere aumentata la pressione per fermare gli attacchi brutali di Israele contro la Palestina e costringere l’amministrazione
israeliana ad adeguarsi con il diritto internazionale».
Il presidente turco ha elencato le priorità del suo Paese: assicurare un immediato e permanente cessate il fuoco nella Striscia, rilasciare gli ostaggi e i detenuti e riprendere l’invio, senza interruzioni, degli aiuti umanitari a Gaza. Meloni, lato suo, ha fatto diramare una nota da Palazzo Chigi in cui si spiega che «in vista del vertice G7, il colloquio ha permesso di fare il punto anche sullo stato delle relazioni bilaterali e sui principali scenari di crisi internazionali. La presidente del Consiglio – inoltre – ha colto l’occasione per ringraziare il suo interlocutore per aver confermato la sua partecipazione a Borgo Egnazia».
Decisamente meno evasiva la dichiarazione che, invece, ha rilasciato il ministro degli Esteri italiano sui punti sollevati da Erdoğan: «Noi siamo favorevoli al riconoscimento della Palestina ma deve avvenire quando ci sarà un territorio già unificato e chiaro», ha affermato Antonio Tajani. «Deve essere un mutuo riconoscimento: due popoli e due Stati, Israele che riconosce la Palestina e la Palestina che riconosce Israele. Siamo favorevoli a un percorso, finita la guerra, che possa anche prevedere una presenza delle Nazioni Unite che aiuti alla formazione di uno Stato che unifichi Gaza e la Cisgiordania. In modo che ci sia una fase di transizione». E ha concluso: «Noi siamo pronti ad inviare, se ci fosse una missione Onu a guida araba, anche i nostri militari».