Nicola Lagioia: «Il pasticcio della Fiera del Libro di Francoforte (su Roberto Saviano) dimostra quanto il governo italiano disprezzi la cultura»
Il mondo della cultura insorge per l’esclusione di Roberto Saviano dalla Fiera del Libro di Francoforte. Sandro Veronesi, Francesco Piccolo, Paolo Giordano hanno fatto sapere ieri che non prenderanno parte all’evento più importante dell’editoria mondiale. L’autore di Gomorra non è entrato nella lista della delegazione italiana che sarà alla Buchmesse con l’Italia Ospite d’Onore, a 36 anni dall’ultima volta nel 1988. Se da una parte si parla di «censura», dall’altra l’Associazione Italiana Editori, che ha curato il programma editoriale, ha fatto sapere che «la scelta degli autori è frutto di un proficuo dialogo e confronto con i singoli editori e agenti letterari italiani, a partire proprio dalle loro proposte. Tra le proposte sulla base delle quali si è costruito il programma mancano ovviamente molti autori tra i quali, almeno fino ad oggi, Roberto Saviano», si legge nella nota. Stando alle parole dell’AIE, sarebbero stati proprio i suoi editori a scegliere di non portarlo alla Fiera.
Interrogati dal Foglio, Mondadori, Feltrinelli, Bompiani e Solferino rispondono tutti nello stesso modo: «non l’abbiamo inserito», scrive Salvatore Merlo. Il commissario Mazza, che aveva giustificato l’esclusione di Saviano per «dare voce a chi finora non l’ha avuta», ora tace. Mentre il filosofo Stefano Zecchi, testimonial con Susanna Tamaro e Carlo Rovelli ha invitato l’autore «a prendersela con la sua casa editrice». Mentre Alessandro Bompieri, direttore generale News di Rcs MediaGroup si era detto ieri «Fermamente convinto che Saviano dovesse essere tra gli autori rappresentativi dell’Italia, selezionati e invitati dalle nostre istituzioni” e aggiunge: in assenza di un invito istituzionale, Fuoriscena, casa editrice del Gruppo Rcs ed editore italiano del suo ultimo libro Noi due ci apparteniamo, sarà felice e onorata di sostenere in ogni modo la sua presenza a Francoforte».
Come funziona l’invito alla Buchmesse?
Sono gli editori che segnalano all’Aie – scrive sempre il Foglio – e poi alla commissione del governo Meloni guidata da Mauro Mazza gli autori che vogliono promuovere all’estero e i libri usciti o in uscita che vogliono vendere all’estero. In questa lista, quella di quest’anno con oltre 100 autori di primo piano, la stessa commissione governativa può aggiungere dei nomi. Una volta stilato l’elenco con le proposte degli editori (chiuse il 31 luglio del 2023), queste vengono trasformate in una serie di presentazioni, eventi, incontri dall’agenzia Ex Libris. E stando a quanto scrive Merlo, Saviano non aveva ancora firmato il contratto con la sua ultima casa editrice, ovvero Solferino.
Nicola Lagioia: «Il pasticcio dimostra quanto il governo italiano disprezzi la cultura»
In un lungo editoriale su Lucy, anche Nicola Lagioia – invitato alla Buchmesse in programma dal 16 al 20 ottobre – si è espresso sull’esclusione di Saviano, bollandola come «l’ultimo capitolo di una gestione ridicola e tragica della cultura da parte di questo governo. Un misto di arroganza, disprezzo e cialtronismo che dà un’immagine pessima del paese in tutto il mondo», si legge. Nell’articolo, Lagioia racconta dell’incontro con la ministra della cultura tedesca, Claudia Roth, a cui era giunta «voce di qualche problemino» sulla spedizione italiana a Francoforte. «All’estero – scrive lo scrittore – si è ormai diffusa la voce dell’odiosa ridicolaggine» del governo Meloni da tempo impegnato a fare guerra ai propri intellettuali. Dall’altra – continua -, a pochi mesi dall’inizio della Buchmesse, c’era la sensazione che l’esecutivo stesse organizzando la spedizione a Francoforte con un pressapochismo, una sciatteria e soprattutto una ignoranza di come funzioni la più importante fiera editoriale del mondo».
Sul rapporto «controverso» tra governo e scrittori, Lagioia spiegò tre cose alla ministra: «Che alcuni scrittori italiani, pur pubblicati in tutto il mondo (il caso di Roberto Saviano) non sarebbero stati invitati per vendetta governativa; che altri scrittori italiani, ugualmente tradotti all’estero, quindi particolarmente appetibili per la Buchmesse (il caso di Antonio Scurati, di Paolo Giordano) avrebbero declinato l’invito, o sarebbero venuti a Francoforte con i loro editori tedeschi», e, infine, «che il novanta per cento degli scrittori invitati sarebbero stati, comunque, quelli che all’estero il governo italiano avrebbe presentato come i propri gioielli ma che in patria addita invece quotidianamente come comunisti, sinistroidi, parassiti, faziosi».
Lagioia è critico anche sull’organizzazione della Fiera del Libro: «Visto il contesto internazionale, gli scrittori italiani incontreranno scrittori o editori tedeschi, francesi, spagnoli, giapponesi, cinesi, canadesi, indiani, australiani? Incontreranno gli editori stranieri? Gli agenti e i traduttori stranieri? No! Gli scrittori italiani (in un impeto di autarchia e sovranismo letterario) dialogheranno tra di loro!», si legge nell’editoriale. E a questa situazione, si aggiunge, inoltre, che l’Italia – secondo l’autore – non sarà in grado di sfruttare «l’occasione industriale e culturale che essere “paese ospite” a Francoforte comporta, cosa che accade se ti doti per tempo di un consistente e agile fondo per le traduzioni, se allacci alleanze internazionali sul piano editoriale e istituzionale, se cogli l’occasione per lanciare iniziative governative a sostegno della lettura, cioè delle librerie, delle biblioteche, della scuola, delle case editrici. Su questo il governo è fermo dalla sua nascita», conclude.
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