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Ultra il racconto del potere: identitari, sotto accusa e litigiosi, benvenuti in Identità e democrazia

30 Maggio 2024 - 08:26 Sara Menafra
Erano candidati a pesare parecchio nel prossimo parlamento europeo, ma gli scandali e la successiva rottura con AfD hanno frenato la corsa del gruppo più a destra dell'emiciclo e della sua madrina Marine Le Pen. Ora, ID potrebbe dividersi ancora

Identità e Democrazia (ID), il partito e gruppo del Parlamento Europeo che riunisce diverse formazioni politiche nazionaliste, sovraniste ed euroscettiche, è la sintesi perfetta di tutto ciò che la destra radicale rappresenta in Europa, ma pure dei motivi (esterni o legati alle conflittualità interne) per cui nei momenti decisivi questo partito, che pure è candidato ad essere la terza forza presente a Strasburgo, non riesce ad incidere. Fondato nel 2019, quando rappresentò la vera novità del Parlamento europeo, Id si oppone all’integrazione europea centralizzata e promuove politiche di difesa delle identità nazionali e della sovranità statale. I suoi temi forti sono la sua critica alla globalizzazione, al multiculturalismo e all’immigrazione (“di massa” ma non solo), con un’idea di Europa basata su nazioni sovrane che cooperano su base volontaria e che affidano alla casa comune il meno possibile.

Com’è andata finora

Matteo Salvini il 26 maggio 2019. ANSA

L’origine del gruppo Identità e Democrazia è strettamente legata alle crescenti ondate di sentimenti euroscettici e nazionalisti in Europa. Se l’exploit è stato nel 2019, le sue radici risalgono ai gruppi politici che nel corso degli anni dal 2000 al 2010 hanno guadagnato popolarità in diversi paesi europei. Ed è proprio tra il 2000 e il 2010 che diversi partiti nazionalisti e euroscettici cominciano a emergere in Europa. In particolare il Front National (Francia), la Lega (Italia), e l’FPÖ (Austria). Questi partiti trovano terreno comune nel criticare la burocrazia di Bruxelles e nel promuovere una maggiore autonomia per i singoli stati membri dell’UE. Nel 2015, diversi di questi, a cominciare da Front National e Lega, si uniscono per formare il gruppo ENF al Parlamento Europeo. Con le elezioni europee del 2019, il gruppo ENF si evolve e si rinomina Identità e Democrazia, ampliando la propria coalizione e consolidando la sua presenza politica. Tra i fondatori e principali membri vi sono il Rassemblement National (ex Front National), la Lega, l’Alternative für Deutschland (AfD) dalla Germania, il Vlaams Belang (Belgio) e il Partito della Libertà (Austria). Un gruppo che, nonostante l’addio dei singoli, si era mantenuto coeso almeno fino a gennaio scorso, quando AfD è finita sotto accusa perché alcuni suoi esponenti sono risultati tra i partecipanti ad un meeting in cui si parlava esplicitamente di “remigrazione” di almeno 3 milioni di residenti in Germania. Uno scoop, realizzato da quotidiano indipendente Correctiv, che ha incrinato per sempre i rapporti col resto della coalizione, in particolare con i francesi, fino alla recente espulsione.

Chi conta di più

Il Partito Identità e Democrazia è particolarmente rappresentato in diversi paesi chiave dell’Unione Europea. Il Rassemblement National, guidato da Marine Le Pen, è una delle formazioni più influenti all’interno del gruppo ID, con un grande ruolo del capolista europeo Jordan Bardella. Attualmente i sondaggi danno il Rassemblement al 32,7% contro il partito di Macron, Renaissance, al 17% (e i socialisti guidati da Glucksmann in crescita al 14%).  L’altra forza principale di ID, attualmente, è la Lega di Matteo Salvini, con 23 eletti, frutto del risultato storico del 2019 che la portò al 34,9%. Una delegazione storicamente importante, anche se composta da soli 3 eurodeputati, è quella del partito austriaco della Liberta (FPÖ) oltre, ovviamente, all’AfD che ora però lascia il gruppo portandosi via i prossimi eletti, 17 secondo i sondaggi europei. 

Cosa succede ora 

Maximilian Krah, AfD il 25 April 2024 a Strasburgo. EPA/RONALD WITTEK

Per le elezioni del 2019 il gruppo ID è l’altro candidato, assieme ad Ecr e ai Liberali d Renew, per la terza posizione nel parlamento europeo. Una posizione che, però, sembra destinata a non fruttare granché in termini di impatto sulle decisioni del Parlamento e sulla nomina della Commissione. Soprattutto nei confronti di Id, infatti, i Popolari, Socialisti e Liberali hanno eretto un muro. E se per l’Ecr, soprattutto Ursula von der Leyen e in parte Manfred Weber hanno fatto delle aperture, (ma non così liberali, verdi e socialdemocratici) contro Id e i suoi partiti più estremisti sembrano irremovibili. Non è chiaro se la recente espulsione di Afd – in seguito ai diversi scandali riguardanti il candidato di punta Maximilian Krah – potrebbe cambiare le cose, certamente lo farà dal punto di vista elettorale. Prima che AfD fosse cacciata, il gruppo Id aveva 58 parlamentari europei. Secondo alcuni sondaggi, in particolare quello di Politico, doveva arrivare ad 85. L’AfD che oggi ha nove Mep ma è candidata ad averne 17 (il parlamento europeo avrà 720 membri, invece dei 705 attuali). Numeri che non consentono una coalizione di sola destra, se si escludono i popolari, ma che potrebbe pesare e farsi sentire, visto che l’attuale maggioranza arriverebbe a 402 parlamentari. Sempre che i veti incrociati, anche tra Ecr e ID, non finiscano per diventare il principale freno. 

Il successo dell’estrema destra

Il successo di formazioni di destra radicale in tutta Europa, e non solo in alcuni paesi, sembra essere il segnale di una tendenza generalizzata. Secondo il ricercatore universitario Vicente Valentim, che ad Oxford ha implementato alcuni studi sull’avanzata dell’estrema destra basati sui dati, non è vero, come si afferma spesso nel dibattito pubblico, che l’aumento di voti dei partiti di estrema destra sia frutto di un “tradimento” della sinistra storica nei confronti della classe lavoratrice: «La maggior parte dei nuclei elettorali della destra radicale non sono persone che prima sostenevano la sinistra, è un elemento marginale. E allo stesso tempo, gli elettori che la sinistra sta perdendo non sono i tipici elettori che escono da questa narrazione».

Almeno in una parte dell’Europa, invece, sarebbe invece in atto un percorso di normalizzazione di simpatie di estrema destra già esistenti: «Con normalizzazione intendo proprio questo – ci dice Valentim – Gran parte dell’aumento del sostegno alla destra radicale in Europa negli ultimi anni non deriva dal fatto che i cittadini siano diventati più di destra. Ma da individui che erano già di destra radicale, ma che non hanno mostrato le loro opinioni per anni. Una volta che la destra radicale è in parlamento, gli individui che l’hanno sostenuta si sentono già più a loro agio nell’agire in base a tali opinioni».

I partiti di destra moderata, sostengono questi studi, hanno accelerato il processo con posizioni politiche sempre più vicine a quelle di destra radicale:  «Quando il centrodestra si avvicina all’estrema destra, porta a questo processo di normalizzazione, in cui le opinioni xenofobe si sentono più accettabili, anche più di quando lo stesso tipo di dichiarazione viene fatta dalla destra. La conclusione che ne traiamo è che, in realtà, sembra che i partiti di centrodestra abbiano una grande responsabilità nel mantenere in piedi le posizioni democratiche». L’avvicinamento a posizioni di destra radicale non ha poi portato grandi consensi ai Popolari, almeno nei principali paesi europei, conclude Valentim: «Quando si avvicinano alla destra, non ottengono voti e non riducono nemmeno la quota di voti della destra radicale. Sia che si tratti di mantenere le norme democratiche, sia che si tratti di prevenire la perdita di voti, non sembra che questa strategia funzioni».

Il caso Afd

Sebbene i partiti con posizioni estremiste, molto più radicali di Lega o Front national, siano anche altri, ad esempio Lo Spd Ceco, con leader Tomio Okamura, o il Fpo Austriaco, oggi guidato da Herbert Kickl, è Afd ad aver sempre fatto più notizia, anche perché terzo gruppo con più eletti nell’alleanza e per il grande significato anche simbolico che posizioni di estrema destra possono avere in Germania. La scorsa settimana, in seguito agli scandali che avevano colpito uno degli esponenti di punta, il partito è stato espulso da Id (anche se annuncia una battaglia legale). A gennaio, un primo scandalo aveva fatto vacillare l’immagine dell’Afd: la rivelazione del giornale on line Correctiv, di una riunione a Postdam, in cui alcuni esponenti di Afd ed altre persone di estrema destra discutevano di come attuare la “remigrazione” di milioni di persone residenti in Germania ma “non assimilate”, fossero esse cittadine tedesche o no. Il direttore di Correctiv, Justus Von Daniels, spiega che l’impatto dello scoop – ottenuto anche usando giornalisti sotto copertura e telecamere all’esterno della riunione – è stato causato anche dall’estrema “franchezza” con cui i partecipanti parlavano di remigrazione: «È una cosa diversa, ad esempio, da qualsiasi documento che si ottiene e si pubblica, se ci si avvicina alle persone e si mostra chi sono e come si comportano. Si parlava anche di strategie, di come introdurre il piano nella sfera politica, ed è stato mostrato come gli esponenti di estrema destra premevano su quelli di Afd usando questo concetto, “assimilazione”, i cui confini sono molto labili e in ogni caso ben diversi da quando si parla di regole per l’asilo, ad esempio: chi definisce chi è assimilato e chi no? Tutto questo ha creato, credo, un momento in cui molte persone hanno detto: “Ok, ora è il momento di scendere in piazza”».

Lo scoop di Correctiv ha rappresentato un unicum anche per la tecnica con cui è stato realizzato. Il team di giornalisti, oltre a raccontare che il meeting si svolgeva, l’ha seguito con tecniche investigative: un giornalista nell’albergo sotto falso nome e foto di precisione attraverso le finestre, una tecnica, dice von Daniels, che probabilmente i grandi giornali non avrebbero accettato di seguire, ma che è stata poi determinante nell’impatto sociale dell’articolo.

Secondo il giornalista, ad aver allontanato l’Afd dagli altri gruppi europei è anche la traiettoria su cui si muove, di radicalizzazione, piuttosto che di ammorbidimento di alcuni punti in chiave governativa: «L’AfD è dalla parte dei partiti che sono molto allineati con la Russia, cosa che non è vera per tutti i partiti di destra radicale. L’AfD è molto legato alle voci russe».

La rottura con Le Pen

Jordan Bardella capolista e presidente del Rassemblement National, assieme alla leader Marine Le Pen EPA/Guillaume Horcajuelo

Tutt’altra traiettoria è quella che sta seguendo il front national di Marine Le Pen e Jordan Bardella, il giovane leader esponente dell’Europarlamento che è riuscito ad intercettare molte simpatie (peraltro è la star di Tiktok a livello di parlamento europeo, con 1,2 milioni di followers). Forte dei sondaggi che vedono il Rassemblement National al 34%. Dopo l’espulsione di Afd sui giornali internazionali si moltiplicano i retroscena che parlano di una possibile spaccatura di Id, con una parte – Lega e Rassemblement – pronta a rompere e accordarsi con il resto di Ecr per diventare il secondo gruppo del parlamento Ue, incidere sulla formazione della prossima commissione e sul suo presidente. Uno scenario che non è detto piacerebbe ai conservatori, a loro volta divisi al loro interno. Col rischio che Id resti così com’è ma, come è già accaduto nella legislatura uscente, con una costante e lenta emorragia di parlamentari.

Foto in evidenza: Da sinistra, Matteo Salvini, leder della Lega, , Harald Vilimsky dell’austriaco (FPOe), Geert Wilders leader dell’olandese Pvv, Marcus Pretzell, di AfD, Marine Le Pen, leader di Rassemblement National, Frauke Petry, di Afd, il 21 January 2017. EPA/SASCHA DITSCHER

Questa è la quinta puntata della rubrica Ultra. Ultra è parte di EUtopia, un progetto di Open in collaborazione con la rappresentanza in Italia della Commissione europea e del Parlamento europeo.

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