Vigonza, Giada Zanola stava per rompere col compagno prima del volo dal cavalcavia: «Aveva annullato il matrimonio, lui era gelosissimo»

Decaduta la pista del suicidio della 34enne, Andrea Favero è stato fermato. La testimonianza di un amico aggrava i sospetti su di lui

Dovevano sposarsi a settembre Giada Zanola e il suo compagno e presunto assassino Andrea Favero, ma poi lei ha deciso di annullare le nozze. «Non se la sentiva più. E aveva già detto al compagno che voleva chiudere la storia», ha rivelato un amico di Andrea alla trasmissione di Rai1 La vita in diretta. «Andrea era gelosissimo e possessivo. Giada una ragazza solare, che aveva voglia di vivere», ha aggiunto. E, stando al racconto degli amici, la 34enne non aveva mai manifestato pensieri suicidi, «anche perché era molto attaccata al suo bambino». Il loro era un rapporto ormai finito, pieno di litigi anche violenti. L’ultima lite la notte tra martedì e mercoledì, quando la donna era fuggita di casa in macchina, venendo poi raggiunta da Andrea sul cavalcavia della A4, a Vigonza. Poi il volo di 15 metri da un cavalcavia dell’A4 e l’impatto con le automobili.


Non è suicidio

Sembrava un suicidio quello di Giada, un gesto volontario, quello della 33enne di Vigonza, nel Padovano, sull’autostrada che taglia da ovest a est la Pianura Padana. E invece, dopo i rilievi della Polstrada, le indagini della Squadra mobile di Padova e l’interrogatorio del pubblico ministero, il fascicolo d’indagine aperto è quello di omicidio volontario. La svolta è arrivata nella notte al termine del colloquio degli inquirenti con il compagno della giovane, Andrea Favero, padre di suo figlio di 3 anni. Il 39enne avrebbe fatto alcune ammissioni, che hanno corroborato la ricostruzione degli investigatori e spinto il pm a disporre il fermo nei suoi confronti. L’uomo è in stato di fermo. Resta da chiarire – lo farà l’autopsia – se la 34enne sia stata stordita o abbia perso i sensi venendo malmenata prima di essere gettata oltre la recinzione. Quando i poliziotti sono andati a cercare l’uomo nell’abitazione della coppia, hanno notato che il 34enne aveva lividi e escoriazioni sui polsi, forse i segni di difesa di Giada in precedenti episodi. Secondo gli investigatori, Favero avrebbe alzato le mani altre volte sulla compagna, ma lei non avrebbe mai sporto denuncia.


La ricostruzione

Secondo gli agenti, l’omicidio sarebbe avvenuto al culmine di una violenta lite tra i due, sul ponte dell’autostrada non distante dall’abitazione dove vive la coppia. L’uomo, con il quale i rapporti erano tesi da tempo, l’avrebbe quindi spinta giù dal cavalcavia sulla carreggiata sottostante, 15 metri più giù. Un’auto ha evitato l’impatto con il corpo, che è stato però investito da un camion. Poi la chiamata al numero di emergenza e l’arrivo delle forze dell’ordine. La polizia ha iniziato a sospettare del 39enne dopo alcuni accertamenti sulle ore precedenti alla tragedia, poi l’interrogatorio del pm e la richiesta di fermo, con il trasferimento in carcere.

Le ammissioni

Dopo la lite, violenta come altre ce ne erano state negli ultimi tempi, Favero è tornato a casa. Agli agenti che hanno suonato alla sua porta dopo l’identificazione del corpo della giovane mamma, l’uomo aveva fornito una versione e una ricostruzione delle ultime ore. Troppe le incongruenze secondo gli investigatori, che sono riemerse durante l’interrogatorio. A quel punto, da quanto si apprende, l’uomo avrebbe fatto alcune ammissioni. «Temevo di non vedere più mio figlio», avrebbe detto agli inquirenti, provando a fornire un movente. La donna, esasperata dalla crisi che la coppia stava affrontando da troppo tempo, e con un crescente livello di aggressività, aveva deciso di interrompere la relazione ormai al capolinea. Sulle braccia, Favero aveva lividi e abrasioni, forse i segni lasciati dall’ultima litigata, gli ultimi gesti della donna che ha lottato per la propria vita prima di essere spinta giù dal cavalcavia. Ma per ora sono ipotesi, in attesa di conoscere come siano andate davvero le cose. Domani, 31 maggio, è prevista l’autopsia sul corpo della donna per chiarire ancora alcuni aspetti poco chiari e poi l’interrogatorio di garanzia per il compagno.

Giada lavorava nello stesso Comune di Giulia Cecchettin

Il sindaco Luca Martello fa inoltre sapere che Giada Zanola lavorava in un negozio di Vigonovo, lo stesso comune del Veneziano dove abitava Giulia Cecchettin, la 22enne uccisa dall’ex compagno Filippo Turetta. «Questo nuovo femminicidio ci coinvolge nuovamente in modo drammatico. Sicuramente più di qualcuno ha avuto modo di conoscerla. È struggente anche solo pensare al dolore di un bambino così piccolo e ad una famiglia costretta alla disperazione», commenta il primo cittadino di Vigonovo. «Nessuna condanna potrà dare giustizia a tali efferatezze, e nessuna pena potrà redimere certe coscienze. Non esiste sconfitta che possa generare simili azioni. La speranza, forse l’unica, ci spinge ad impegnarci tutti, nessuno e nessuna esclusi – conclude per capire ed insegnare la via del contrasto alle violenze», aggiunge.

Leggi anche: