Riforma della giustizia, cosa cambierà: la separazione delle carriere e il rischio referendum
Il testo della riforma della giustizia del governo Meloni si compone di otto articoli dal titolo “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”. Il via libera del Consiglio dei ministri al Ddl costituzionale del guardasigilli Carlo Nordio è però solo un primo passo. Ora l’iter per l’approvazione definitiva, essendo una legge che modifica la Costituzione, deve essere approvata da ciascuna camera con due successive deliberazioni a un intervallo di almeno tre mesi. Alla seconda votazione la legge deve essere approvata con una maggioranza dei due terzi. Se i numeri non si raggiungono, si andrà al referendum. E già oggi le critiche sono molte: si va dal rischio di aumento degli effetti distorsivi e al rischio che non risolva nulla sui tempi.
Separazione delle carriere
La riforma prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Con concorsi differenziati e impossibilità di passare da una funzione all’altra. L’articolo 104 della Costituzione diventa questo: «La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente». Già nella riforma Cartabia si dava la possibilità di un solo “salto” di carriera. La riforma non tocca il tema della modalità di accesso alla professione, che sarà invece demandato alla legge ordinaria. Nasceranno due concorsi: quello per i giudici e quello per i pm. Il professor Franco Coppi, decano degli avvocati penalisti italiani, dice a La Stampa di non aver mai avuto l’impressione che un giudice pronunciasse una sentenza per rispettare il collega dell’accusa.
Il Csm giudicante e requirente
Anzi, spiega Coppi, il problema è che un magistrato sia intellettualmente onesto: «Se è tale può passare dall’una all’altra funzione interpretandola correttamente. Diciamolo pure: adesso sono fratelli. Dopo la riforma saranno cugini». La riforma del Consiglio Superiore della Magistratura lo sdoppia. «Il Consiglio Superiore della Magistratura giudicante e il Consiglio Superiore della Magistratura requirente sono presieduti dal Presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto rispettivamente il primo Presidente e il Procuratore generale della corte di Cassazione. Gli altri componenti sono estratti a sorte per un terzo da un elenco di professori ordinari di università e di materie giuridiche e avvocati dopo 15 anni di esercizio che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, confida mediante elezione; per due terzi rispettivamente tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge», dice la legge.
Il metodo di scelta
Si nota subito che il metodo di scelta affidato al sorteggio cambia il principio dell’elezione. I giudici togati saranno scelti tra quelli con maggiore anzianità di servizio. I laici saranno presi da un elenco che diventerà oggetto di trattativa tra i partiti durante la legislatura. Cambieranno anche gli illeciti disciplinari e le sanzioni da erogare ai magistrati che li compiono. Il metodo di scelta per estrazione, nelle intenzioni dell’esecutivo, servirà a recidere i legami con le correnti della magistratura. Ci vorrà una legge ordinaria ad hoc per delineare il meccanismo specifico. In arrivo anche il sorteggio per i consiglieri laici, finora eletti dal parlamento. L’articolo 3 della legge prevede l’estrazione a sorte da un elenco composto da ordinari di materie giuridiche e avvocati con 15 anni di esperienza. Il plenum verrà completato dal primo presidente e dal procuratore generale della Corte di Cassazione.
L’Alta Corte
Infine c’è l’Alta Corte. Assumerà tutte le funzioni finora di competenza dell’organo di autogoverno della magistratura e non sarà presieduto dal presidente della Repubblica. Sarà composto da 15 giudici. Tre saranno nominati dal presidente della Repubblica, tre estratti a sorte da un elenco del parlamento, e i restanti nove tra coloro che hanno vent’anni di esperienza e hanno svolto funzioni di legittimità in Cassazione. I giudici dell’Alta Corte rimangono in carica per quattro anni. Il loro incarico non potrà essere rinnovato. Il ricorso contro le decisioni è ammesso sempre davanti alla Corte, che giudicherà senza la partecipazione di chi ha emesso il verdetto.
«Effetti distorsivi»
Rossella Mauro, presidente della corrente moderata Unicost, al Corriere della Sera dice che la riforma aumenterà gli effetti distorsivi e i conflitti istituzionali. Il pm, secondo Mauro, «rischia di diventare un superpoliziotto». Con la riforma si otterrà «un giudice più debole». Mentre proprio l’istituzione dell’Alta Corte vedrà prevalere «due atteggiamenti: uno punitivo al quale mi riferivo poco fa e uno condizionante. Un’iniziativa incredibile destinata solo alla magistratura ordinaria. Questo dovrebbe far riflettere».
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