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Donald Trump, cosa succede dopo la condanna per Stormy Daniels: «Il giudizio finale sarà del popolo»

DONALD TRUMP CONDANNA STORMY DANIELS COSA RISCHIA
DONALD TRUMP CONDANNA STORMY DANIELS COSA RISCHIA
In tilt il sito per le donazioni dopo il verdetto. Lui si dichiara «prigioniero politico». Ma i sondaggi potrebbero cambiare. E la pena ...

«Sono appena stato condannato in un processo politico truccato da caccia alle streghe: non ho fatto niente di sbagliato! Hanno fatto irruzione in casa mia, mi hanno arrestato, mi hanno fatto la foto segnaletica, e ora mi hanno appena condannato». Le parole con cui Donald Trump lancia una raccolta fondi su Winred dopo la condanna nel processo su Stormy Daniels sono quelle di un «prigioniero politico». E infatti il sito va in tilt dopo poche ore per le troppe donazioni. «Il vero verdetto arriverà il 5 novembre», dice il tycoon riferendosi alle elezioni in cui è favorito. «Il giudizio finale sarà del popolo», arriva a sostenere, evocando le urne come lavacro universale delle colpe. Ma quali ripercussioni può avere la condanna nel caso della pornostar sulla corsa alla Casa Bianca? E cosa rischia TheDonald con la pena che verrà stabilità l’11 luglio?

«Prigioniero politico»

Di certo c’è che anche se vincesse le elezioni Trump non potrebbe perdonare sé stesso. Il presidente degli Stati Uniti ha infatti la facoltà di graziare chi è stato condannato per crimini federali. Ma non può nulla riguardo i capi di imputazione statali per i quali è stato riconosciuto colpevole. In teoria soltanto la governatrice dello stato di New York, la democratica Kathy Hochul, avrebbe il potere di passare un colpo di spugna sul parere dei 12 giurati di Manhattan. Ma questo al momento sembra altamente improbabile. Al tycoon non resta che fare appello, come ha già annunciato. Ma per il verdetto ci vorrà tempo. Lui invece terrà un discorso alle 11 di oggi, venerdì 31 maggio (le 17 in Italia). In ogni caso la legge non gli vieta di correre per la presidenza. Ma un sondaggio della Quinnipiac University diceva che il 6% dei suoi elettori sarebbero stati meno disposti a votare per lui se condannato.

I delitti e le pene di Donald

A decidere la pena sarà il giudice Juhan Merchan, che Trump ha più volte accusato di corruzione. L’udienza dell’11 luglio è fissata quattro giorni prima della convention repubblicana di Milwaukee che lo incoronerà come il candidato che dovrà sfidare Joe Biden. La pena potrà andare da una multa di cinquemila dollari alla libertà condizionata, fino agli arresti domiciliari o al carcere per un periodo compreso tra i 16 mesi e i quattro anni. Ma è altamente improbabile che finisca così. Anche perché il giudice dovrà tenere conto dell’età del condannato (77 anni), della sua fedina penale pulita e del fatto che non si tratta di un crimine violento. Così come potrebbe influire sulla pena il comportamento processuale. Trump ha attaccato il procuratore, il giudice, i testimoni e anche i loro parenti.

La previsione

Ciò che si prevede è una maximulta con libertà vigilata e affidamento ai servizi sociali. Merchan ha dichiarato più volte di voler evitare il carcere per il candidato alla Casa Bianca. Anche perché l’ex presidente ha diritto in quanto tale alla protezione dei servizi segreti. Che dovrebbe continuare anche in prigione. Poi ci vorrebbe di volta in volta un’autorizzazione per uscire dal carcere per tenere i comizi. Il suo prossimo appuntamento con la legge sarà presso il dipartimento per la libertà vigilata di New York. Dove gli verrà chiesto di rispondere a domande sulla sua salute mentale per stilare un documento che poi il giudice dovrà valutare prima di comminare la pena.

I sondaggi

In più gli effetti sui sondaggi delle incriminazioni di Trump sono sempre stati chiari: ha accresciuto di volta in volta la sua popolarità. Oggi supera il suo competitor in quasi tutti i rilevamenti ed è primo in sei stati chiave su sette. Secondo altri numeri addirittura sei americani su dieci vorrebbero che si ritirasse dalla corsa. C’è poi da ricordare che Trump deve fronteggiare altre tre incriminazioni. Per l’assalto a Capitol Hill, per i documenti segreti portati a Mar-a-Lago e per il presunto complotto delle schede elettorali in Georgia: un totale di 34 reati. Il processo, iniziato oltre un mese fa, è stato complicato. Trump ha ricevuto un gag order per i suoi ripetuti attacchi a giudice, procuratori e testimoni. I momenti di imbarazzo sono stati tanti. Come quando la pornostar ha raccontato la fugace notte di sesso in una suite d’albergo durante il torneo di golf a Lake Tahoe.

La derisione

Poi la derisione per il suo pigiama da Hugh Hefner (il fondatore di Playboy) e sculacciato con la rivista nella quale si era appena vantato di essere in copertina. Prima di consumare «nella posizione del missionario» il tradimento di Melania, all’epoca in dolce attesa di Barron. Non l’unico, come dimostra l’altro affaire quasi contemporaneo evocato in aula con la coniglietta di Playboy Karen McDougal, anch’esso messo a tacere con i soldi. Intanto i repubblicani hanno già cominciato a fare quadrato intorno al loro leader: «Oggi è un giorno vergognoso nella storia americana. I democratici esultano per la condanna del leader del partito avversario con accuse ridicole, basate sulla testimonianza di un criminale radiato dall’albo e condannato», ha scritto su X lo speaker della Camera Usa, il repubblicano Mike Johnson. Accusando anche Biden di «aver strumentalizzato la giustizia» contro il suo avversario.

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