Banche sempre più ricche, redditi degli italiani fermi all’ultimo anno della lira. Per il governatore di Bankitalia Fabio Panetta l’Italia senza figli sparirà dal G7
Sono state le banche il settore dell’economia italiana a guadagnare per l’ennesima volta più di tutti nel 2023, anche grazie alla crescita dei tassi di interesse. Lo ha certificato il governatore della Banca di Italia, Fabio Panetta, nelle sue considerazioni finali lette come tradizione in via Nazionale il 31 maggio. «Il 2023 è stato un anno molto favorevole per le banche italiane», ha spiegato Panetta. «Il rendimento del capitale ha superato il 12 per cento. La redditività ha beneficiato di un’eccezionale congiuntura di mercato, in cui l’abbondante liquidità in circolazione ha frenato l’aumento del costo della raccolta, mentre il rialzo dei
tassi ufficiali si è rapidamente trasmesso a quelli sui prestiti, alimentando il margine di interesse». Secondo il governatore anche «gli ultimi dati confermano la prosecuzione di questa fase favorevole. All’interno del sistema creditizio, le banche significative mostrano valori di redditività e patrimonio superiori alla media europea. Il quadro è migliorato anche per le banche meno significative, sottoposte alla nostra diretta supervisione».
Il reddito reale degli italiani è fermo al 2000, l’ultimo anno della lira
Il boom delle banche italiane anche rispetto alle concorrenti europee è fra le poche tinte rosa della relazione di Panetta, che racconta invece come «nell’area dell’euro, l’economia italiana è quella con la minore crescita del prodotto per abitante nell’ultimo quarto di secolo. La produttività del lavoro è rimasta ferma; solo nel 2023 gli investimenti sono tornati a superare il livello precedente la crisi finanziaria (del 2008, ndr), mentre le ore lavorate totali non lo hanno ancora recuperato». Sull’economia italiana il numero uno della Banca di Italia non fa concessioni particolari al governo di Giorgia Meloni, ma descrive un Paese che è restato al palo di fatto da quando è entrato nell’area dell’euro con stipendi bassissimi e reddito delle famiglie identico a quello che avevano nell’ultimo anno in cui la moneta era ancora la lira: «L’evoluzione dei salari ha riflesso il ristagno della produttività: i redditi orari dei lavoratori dipendenti sono oggi inferiori di un quarto a quelli di Francia e Germania. In termini pro capite, il reddito reale disponibile delle famiglie è fermo al 2000, mentre in Francia e in Germania da allora è aumentato di oltre un quinto».
Il rimbalzo record in Europa dopo il crollo del Pil durante la pandemia
Dopo che l’economia italiana è crollata nell’anno della pandemia però il rimbalzo è stato quello più consistente in Europa: «La ripresa registrata dopo la crisi pandemica è stata superiore alle previsioni e a quella delle altre grandi economie dell’area. Contrariamente a quanto avvenuto in episodi di crisi del passato, è stata intensa anche nel Mezzogiorno. Tra il 2019 e il 2023, in una fase di forti turbolenze, il PIL italiano è cresciuto del 3,5 per cento, contro l’1,5 della Francia e lo 0,7 della Germania; lo scarto è maggiore in termini pro capite. L’occupazione è aumentata del 2,3 per cento – quasi 600.000 persone – trainata dalla componente a tempo indeterminato. Il tasso di disoccupazione è sceso di 2,3 punti percentuali, pur restando alto, al 7,7 per cento».
Superbonus «generosissimo» ma non descritto come un mostro come fa il governo Meloni
In tutta la sua relazione Panetta non cita mai il mostro di finanza pubblica più volte evocato dal governo Meloni, e non si trova proprio in alcun passaggio il termine “superbonus”. C’è un riferimento indiretto a dire il vero proprio per spiegare il rimbalzo del Pil degli ultimi anni, come sostengono gli ideatori della misura (M5s e Giuseppe Conte). «La ripresa», spiega il governatore, «è stata alimentata da una forte espansione degli investimenti, sostenuta anche da incentivi fiscali. Sono cresciuti molto più che nella media degli altri principali paesi europei non solo gli investimenti in edilizia, favoriti da agevolazioni generosissime, ma anche quelli in macchinari e beni intangibili, che riflettono l’avanzamento tecnologico e le attese circa l’evoluzione futura della domanda”. Dunque il solo riferimento critico nelle considerazioni annuali della Banca di Italia è in quelle “agevolazioni generosissime” sull’edilizia, che però non vengono citate come fa il governo Meloni come sfascia-conti pubblici».
Senza figli via dal G7, ma si può limitare i danni con più immigrati, giovani e donne occupati
Panetta è invece preoccupato dal calo demografico dell’Italia, non compensato dai flussi di ingresso dell’immigrazione, con il rischio da qui a 20 anni di vedere il paese uscire dal G7 e scendere notevolmente le classifiche mondiali del Pil. «Secondo l’Istat, da qui al 2040 il numero di persone in età lavorativa diminuirà di 5,4 milioni di unità, malgrado un afflusso netto dall’estero di 170.000 persone all’anno. Questa contrazione si tradurrebbe in un calo del PIL del 13 per cento, del 9 per cento in termini pro capite». Il governatore non fa festa alla Meloni nemmeno per la crescita dell’occupazione di questo ultimo periodo, che pure cita: «Nonostante la crescita dell’ultimo decennio, la partecipazione al mercato del lavoro, pari al 66,7 per cento, rimane di 8 punti percentuali inferiore alla media dell’area dell’euro. Il divario non è ampio per gli uomini, ma sale a 13 punti percentuali sia per i giovani tra 20 e 34 anni sia per le donne». Siccome l’immigrazione non risolverà se non in minima parte il calo demografico, l’unico modo di non fare sparire l’Italia dai grandi paesi del mondo sarà da un lato aumentare il numero di immigrati da inserire nel mercato del lavoro e dall’altro aumentare l’occupazione di giovani e donne che oggi è assai bassa. «Ad accrescere l’occupazione potrebbero contribuire misure volte a promuovere una diversa organizzazione del lavoro tra quello in presenza e quello a distanza; una revisione del sistema di detrazioni e trasferimenti che riduca i disincentivi al lavoro del secondo percettore di reddito in una famiglia; l’adozione di politiche per stimolare l’assunzione di persone da tempo fuori dal mercato del lavoro». In ogni caso, dice Panetta, «è chiaro che anche con maggiore occupazione e maggiori flussi migratori l’apporto del lavoro alla crescita dell’economia non potrà che essere modesto. Solo la produttività potrà assicurare sviluppo, lavoro e redditi più elevati».