Ilaria Salis, la speranza e le catene: «Per me l’antifascismo è qualcosa di vivo. Voglio tornare a insegnare»

La candidata di Avs: in carcere leggevo Dante.

Ilaria Salis parla per la prima volta in prima persona dall’Ungheria, dove è agli arresti domiciliari in un appartamento di Budapest per tre episodi di lesioni ai danni di neonazisti. Ora è candidata con Alleanza Verdi Sinistra alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno. E racconta a Repubblica i 466 giorni di carcere. Il momento peggiore è stato «quello in cui ho saputo che non potevo comunicare con nessuno, neanche con la mia famiglia». E poi: «Durante i primi periodi il tempo non passava mai, perché ero abituata ai ritmi di una persona libera e attiva. Sola, rinchiusa, senza contatti con l’esterno, non sapevo neppure che ore fossero, la notte era indistinguibile dal giorno. Poi, pian piano, le cose sono un po’ migliorate. Si trova il modo per sopravvivere, si riesce a gestire la monotonia di giornate tutte uguali. Però, certo, che tu sia da sola o con altre sette persone, 23 ore al giorno in cella sono alienanti».


La speranza

Salis dice che non ha mai perso la speranza: «A volte il pensiero di rivedere la luce sembrava irraggiungibile, però devo dire che non ho mai perso la determinazione a resistere. Il pozzo non è soltanto il carcere con le sue mura e le sue sbarre. Il pozzo è anche trovarsi ai domiciliari all’estero ed essere sottoposta a un processo in cui si rischiano 24 anni di carcere. Forse, in questo momento, l’uscita può sembrare più accessibile, ma non sono ancora fuori. È stato compiuto un primo passaggio, il percorso non è concluso». Però ha passato il tempo: «Mio padre mi ha fatto avere prima l’Inferno di Dante, poi il Purgatorio. Sono libri miei, sono contrassegnati dalle mie note. Li ho letti per ore e ore. Poi fogli di quaderno, su cui ho scritto molto (lettere, alcune delle quali pubblicate da Repubblica, ndr). E ricamavo, anche. Sono a casa da pochi giorni e la percezione del tempo è completamente diversa, ora il tempo vola».


Le catene

Delle catene, dice, la cosa che più la turbava «il rumore orrendo e metallico che facevano, a ogni passo. E l’essere esposta, in quelle condizioni, alla gogna. Qui in Ungheria c’è un’attenzione mediatica esagerata per i processi penali, le immagini delle udienze vengono trasmesse ogni sera sui telegiornali. Gli imputati di solito chiedono che il loro volto venga sfocato mentre, così legati, sono trascinati davanti alla corte». Mentre il giorno in cui è uscita «avevo tanta energia, mi sentivo curiosa. Mentre la polizia mi portava a casa, dal finestrino del furgone divoravo con gli occhi la città e la sua vita, i palazzi, le strade, il fiume e gli spazi aperti. Ho finalmente riabbracciato le persone a cui voglio bene. E poi ho mangiato una pizza!».

L’elezione e l’insegnamento

Dice che se sarà eletta si occuperà dei «diritti umani dei detenuti in Europa e in Italia. Voglio partire dalla mia storia personale, trasformandola in qualcosa di costruttivo. Sono un’insegnante precaria e militante antifascista, mi voglio battere per il diritto all’istruzione, i diritti dei lavoratori e dei precari, per contrastare le destre radicali e ogni forma di intolleranza». E tornerà a insegnare: «Certo che sì, non appena potrò. Amo il mio lavoro e mi è mancato durante questo anno. Purtroppo per colpa dell’arresto non ho potuto partecipare al concorso pubblico a marzo, quindi continuerò a insegnare come supplente. È stato bello per me ricevere sostegno da colleghi, presidi e genitori, che ringrazio».

L’antifascismo

Spiega cosa significa per lei essere antifascista militante: «Tante cose, tutte ugualmente importanti e complementari. Non significa soltanto contrastare la diffusione di organizzazioni fasciste, ma anche lottare contro le oppressioni, assumendosi la responsabilità storica della lotta per la libertà, nell’uguaglianza dei diritti». E mentre nel governo italiano c’è chi ha difficoltà a dichiararsi antifascista «per me l’antifascismo è qualcosa di vivo e sentito, non è una dichiarazione vuota, formale e, probabilmente, ipocrita. Anche gli appelli alla Costituzione, per quanto legittimi, doverosi e importanti, da soli non bastano. Infatti per me è importante dare vita ad una nuova cultura popolare antifascista, che affondi sì le proprie radici nella gloriosa tradizione dei partigiani, ma che si nutra anche e soprattutto del presente. Una cultura vicina alle grandi questioni di oggi, come la diseguaglianza sociale, le discriminazioni, le guerre e il cambiamento climatico».

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