Giada Zanola gettata dal ponte ancora viva, i lividi e i punti da chiarire: cosa emerge dall’autopsia

Per la morte della 33enne è in carcere con l’accusa di omicidio il compagno Andrea Favero. Dopo le prime parziali ammissioni, l’uomo ha negato di aver ucciso la compagna e ha parlato di «vuoto di memoria»

Il dato certo emerso dall’autopsia sul corpo di Giada Zanola è che la donna fosse ancora viva quando è precipitata dal cavalcavia sull’A4 vicino a Vigonza, per poi essere travolta da un camion. L’esame del medio legale Claudio Terranova chiesto dal procuratore di Padova Giorgio Falcone indica le prime certezze sulla morte della 33enne, che allontanano ancora di più l’ipotesi del suicidio e aggravano la posizione del compagno Andrea Favero, in carcere con l’accusa di omicidio. Da parte di Favero finora non ci sono mai state ammissioni. Se non parziali, a detta degli agenti della Squadra mobile di Padova citati dal Corriere della Sera che hanno parlato solo di parziali ammissioni. Favero ha intanto revocato l’incarico all’avvocato d’ufficio e si è affidato a un penalista di Venezia, Marco Marcelli. E lo stesso legale ribadisce che da parte del suo assistito finora «non c’è stata una chiara ammissione di colpa».


L’autopsia sul corpo di Zanola ha escluso la presenza di segni di strangolamento o ferite da arma da taglio. Due giorni prima di morire, la 33enne e il compagno avevano avuto una violenta lite. E i segni di quello scontro sarebbero stati ancora evidenti sulla donna, madre di un bambino di tre anni avuto proprio insieme a Favero. Sul corpo di Zanola il medico legale ha ritrovato alcuni lividi e segni che quella lite era stata particolarmente violenta. Da tempo la coppia sarebbe stata in crisi. Lei voleva lasciare il suo compagno e aveva già iniziato una nuova relazione. Di lui però aveva paura, come ha raccontato alle persone che le erano più vicine.


Il medico legale non ha escluso che Giada Zanola non fosse cosciente nel momento in cui è caduta dal cavalcavia. Il sospetto degli inquirenti è che Favero abbia cercato di avvelenarla o drogarla prima di ucciderla. Ci vorranno ancora 30 giorni perché arrivino gli esiti dei test tossicologici. E restano ancora dubbi su che cosa sia successo poco prima della caduta. Favero dice di non ricordare quasi nulla di quegli attimi, le telecamere della zona non mostrerebbero il momento in cui la donna è precipitata. Dettagli preziosi potrebbero emergere dall’analisi del telefonino di Favero, l’unico finora in possesso degli inquirenti. Quello di Zanola non è stato ancora trovato. In quel cellulare potrebbero trovarsi i video intimi, citati da alcuni testimoni, con cui Favero avrebbe ricattato la compagna che minacciava di lasciarlo.

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