La telefonata furiosa di Giorgia Meloni a Salvini dopo l’attacco al Quirinale: «Una grande sciocchezza»
Una telefonata partita da Palazzo Chigi subito dopo l’attacco di Claudio Borghi al Quirinale. Con toni abbastanza decisi Giorgia Meloni ha spiegato a Matteo Salvini che o smentiva «o sarò costretta a sconfessarti in tv». Anche perché, ha spiegato la premier al leader della Lega, «Chiedere così le dimissioni di Mattarella è un errore che non porta consenso, anzi. È stata una grande sciocchezza». Questo è il retroscena all’origine del dietrofront del Capitano: «Non chiediamo le dimissioni di nessuno». Mentre intanto i sondaggi riservati sulle elezioni europee dicono che Fratelli d’Italia sono più o meno sulla soglia del 26% indicata come risultato minimo. E ben lontani dal 30% sognato. Una prospettiva che potrebbe portare a scricchiolare il suo governo.
«Una grande sciocchezza»
Il contatto tra Salvini e Meloni arriva a metà pomeriggio. La minaccia della smentita in tv non è una boutade: Meloni ha in programma per stasera un intervento su Rete 4. Durante il suo comizio a Piazza del Popolo anche la premier ha attaccato l’Unione Europea proprio sulla sovranità. Ma senza mai chiamare in causa il Quirinale. La telefonata contribuisce a movimentare ulteriormente i rapporti tra FdI e Lega, che non sono al loro massimo storico. Anche perché il Capitano ha puntato molto su questo voto per cominciare a ribaltare i rapporti di forza tra i due partiti. «La festa della Repubblica ci ricorda che dovremmo tornare alla prima idea di Europa, che immaginava la sua forza nell’unione ma anche nelle specificità degli Stati nazionali», aveva detto proprio Meloni in mattinata. Ma una cosa sono le parole diplomatiche, un’altra l’attacco diretto a Mattarella.
I sondaggi segreti sulle Europee
C’è però anche un altro motivo che alimenta il nervosismo della premier. Lo spiega il retroscena di Repubblica. Mentre Meloni lancia il referendum sull’Europa da Piazza del Popolo, infatti, i sondaggi riservati di queste ore danno FdI al palo. Anzi, a rischio addirittura di discesa da quella soglia del 26% che era considerato il risultato minimo. Secondo i rumors riportati da Repubblica la circoscrizione in cui il partito della premier è più in difficoltà è quella del Nord-Est. Alle politiche aveva regalato grandi soddisfazioni, ora tra Veneto ed Emilia-Romagna potrebbe abbassare la media nazionale. C’è anche il pericolo affluenza, prevista in ribasso. Votare dal pomeriggio di un sabato di giugno nel primo week end con le scuole chiuse potrebbe portare a una fuga dalle urne. E tradizionalmente la bassa affluenza non favorisce di certo il centrodestra. Per questo adesso Meloni non è più così sicura di vincere queste elezioni.
Quota trenta
Anzi, di più. Se quota trenta, ovvero il 30% dei voti, è lontana, all’orizzonte si cominciano ad udire alcuni scricchiolii. Tanto che Meloni mette in conto anche un brutto risultato. In quel caso potrebbe cominciare anche una strategia di logoramento nei suoi confronti. È quello che lei teme di più. E allora ecco anche l’ipotesi di ribaltare il tavolo. Anche perché un pessimo risultato alle elezioni la metterebbe in una condizione di irrilevanza nella trattativa per la prossima Commissione Europea. E per la quale avrebbe già in mente il nome di un possibile commissario: Elisabetta Belloni. Intanto cominciano ad addensarsi le nuvole all’orizzonte. Quelle che arrivano dal ministero dell’Economia retto da Giancarlo Giorgetti sono piuttosto allarmanti. Bankitalia ha parlato del rischio debito e delle nuove regole del Patto di Stabilità che potrebbero fermare le iniziative di Palazzo Chigi.
Le dimissioni di Giorgetti
E proprio il ministro dell’Economia potrebbe presto salutare. Giorgetti ha offerto a Meloni la disponibilità a lavorare nella nuova Commissione Europea. Una scelta che preparerebbe la sua uscita da via XX Settembre. «Preparatevi a fare senza di me», è il virgolettato attribuito al ministro. Che soffre per l’assenza di risorse per la politica della premier. E si rende conto che presto dovrà incentivare il suo ruolo di guardiano dei conti. E finire di conseguenza nel mirino delle forze politiche di maggioranza che invece chiedono di spendere di più. Per questo la via d’uscita europea per Giorgetti sarebbe un’onorevole ritirata. Meglio di una disonorevole sconfitta.
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