Il Parlamento europeo: che cos’è, come funziona, che poteri ha
Sabato 8 e domenica 9 giugno si vota in Italia per eleggere i nuovi membri del Parlamento europeo, l’istituzione dell’Ue che rappresenta i cittadini dei 27 Paesi membri. Ma che cos’è, come funziona e che poteri ha esattamente quest’istituzione? Ve lo spieghiamo qui, in modo semplice ma esaustivo.
Dal sogno federalista alla realtà
L’idea di dotare l’Ue di un’assemblea di rappresentanza del volere dei cittadini nasce fin da quando vede la luce, nel dopoguerra, il progetto d’integrazione europea. Agli inizi però – il primo “esperimento” dal 1950 è quello della Comunità economica del carbone e dell’acciaio (Ceca) – si tratta solo di un’Assemblea parlamentare, formata da rappresentanti dei Paesi fondatori e con poteri esclusivamente consultivi. Nessun’elezione diretta, dunque, e nessuna possibilità di incidere significativamente sulle decisioni di quella che dal 1957 è la Comunità economica europea (Cee). Il modello cambia a partire dagli anni ’70, coronando le pressioni di chi spinge per una dimensione più politica (e più democratica) dell’integrazione europea (il cosiddetto movimento federalista).
Nel giugno 1979 il Parlamento europeo viene eletto per la prima volta a suffragio universale dai cittadini degli allora 9 Paesi membri: Italia, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo (dal 1957), Danimarca, Irlanda e Regno Unito (aggiuntisi dal 1973). Prima presidente dell’Assemblea è la magistrata francese e sopravvissuta ad Auschwitz Simone Veil. Vi siede tra gli italiani anche Altiero Spinelli, militante antifascista considerato tra i principali padri fondatori dell’Ue. Da allora il Parlamento europeo viene eletto regolarmente dai cittadini dei Paesi membri (cresciuti via via fino ai 27 odierni) ogni cinque anni. Quella che si apre tra poche settimane sarà la decima legislatura.
Un’istituzione, tre sedi
La città dove si riunisce il Parlamento europeo sin dal 1952 è Strasburgo, nella regione francese dell’Alsazia (all’inizio veniva preso a prestito l’emiciclo del Consiglio d’Europa). Fin dagli anni ’60 però, col crescere dell’attività delle altre due istituzioni principali con cui deve interfacciarsi – Commissione e Consiglio – si è resa evidente la necessità di svolgere il lavoro politico-legislativo a Bruxelles. La Francia però non ha mai voluto rinunciare alla sede di Strasburgo, e così il Trattato di Amsterdam del 1999 ha ufficializzato la doppia sede: in Alsazia si tengono le sessioni plenarie (una volta al mese circa), a Bruxelles hanno sede gli uffici e si svolge la gran parte del lavoro quotidiano dei parlamentari, dei gruppi politici e delle varie commissioni tematiche.
Parte degli uffici – quelli del segretariato generale – hanno poi sede in una terza città europea, Lussemburgo – dov’erano stati aperti originariamente quelli degli enti facenti parte della Ceca. Questa struttura tripartita del Parlamento – e i costi addizionali che tale complessità comporta – sono da anni materia di critiche e polemiche, ma le gelosie dei rispettivi Paesi non hanno sin qui mai consentito una razionalizzazione delle sedi.
Composizione
Il Parlamento europeo si compone di un numero di deputati che non può superare, a norma di Trattati, i 750. Il numero di europarlamentari eletti in ogni Paese varia in proporzione al peso demografico: si va dai 96 rappresentanti della Germania – Paese più popoloso – ai 6 dei piccoli Malta, Cipro e Lussemburgo. L’Italia, coerentemente col suo peso demografico, porta a Bruxelles e Strasburgo la terza pattuglia più nutrita di parlamentari europei: 76.
Le elezioni si svolgono a suffragio universale in date comprese – a seconda del Paese – tra giovedì 6 e domenica 9 giungo 2024. Ogni Paese stabilisce le proprie regole elettorali. Gli unici criteri fissati dall’Unione sono l’uguaglianza di genere e la segretezza del voto. In Italia, alle Europee vige un sistema proporzionale – che dà a ogni formazione politica una rappresentanza commisurata al numero di voti ricevuto – con una soglia di sbarramento fissata al 4%. Nella sua prima sessione plenaria dopo il voto, il Parlamento europeo elegge tra i suoi membri un o una presidente. Nella seconda metà dell’ultima legislatura, la presidente è stata la 45enne Roberta Metsola, succeduta all’italiano (morto proprio alla fine del suo mandato) David Sassoli.
Gruppi politici
I candidati al Parlamento europeo si presentano al voto nei singoli Paesi in liste politiche nazionali. Una volta eletti, però, gli eurodeputati si riuniscono in gruppi politici trasversali alle nazionalità. I gruppi politici presenti nell’ultimo Parlamento europeo erano sette.
Il Partito popolare europeo (Ppe) riunisce i partiti di orientamento conservatore moderato: vi siedono per l’Italia i rappresentanti di Forza Italia. Nell’Alleanza progressista di socialisti e democratici (S&D), principale gruppo di centrosinistra, siedono gli eletti del Pd. Renew Europe è il gruppo che riunisce gli eurodeputati liberali/riformisti ispirato da Emmanuel Macron: vi siedono gli eletti italiani di Azione e Italia Viva. A far parte della maggioranza che ha sostenuto nella scorsa legislatura la Commissione Von der Leyen era anche il gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea.
A destra del Ppe ci sono altre due famiglie politiche europee: Identità e democrazia (ID) è il gruppo di cui fanno parte partiti euroscettici e antimigranti come il Rassemblement national di Marine Le Pen e la la Lega di Matteo Salvini (i tedeschi di Afd sono stati espulsi poco prima delle Europee); Conservatori e riformisti europei (Ecr) riunisce partiti di destra sovranista come i Fratelli d’Italia della premier Giorgia Meloni (che presiede quella famiglia).
A sinistra di S&D c’è infine il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea (Gue), dove non sedevano nell’ultima legislatura europarlamentari italiani. Quelli eletti nel Movimento 5 stelle infine figuravano nell’ultimo quinquennio – dopo falliti tentativi di avvicinamento a Verdi e Renew – fuori da tutte queste famiglie, tra i non iscritti. È probabile che le forze politiche che entreranno nel nuovo Parlamento europeo si organizzeranno negli stessi gruppi politici, ma non sono esclusi cambiamenti di conformazione o fusioni, specialmente nel campo sovranista.
Poteri legislativi
I poteri del Parlamento europeo sono andati via via ampliandosi nel tempo, crescendo in particolare da quando, nel 1992, l’Unione europea ha sostituito (inglobandola) la “vecchia” Cee, dando al progetto europeo una più marcata dimensione politica. Il punto d’arrivo attuale è quello definito dal Trattato di Lisbona, che regola il funzionamento dell’Ue dal 2009. Da istituzione con poteri essenzialmente consultivi, il Parlamento è stato così via via associato in maniera sempre più incisiva e vincolante nel processo di adozione dei provvedimenti legislativi Ue in un’ampia gamma di materie.
A differenza di quanto accade nei sistemi politici nazionali, però, il Pe non ha il potere d’iniziativa legislativa. Questo – particolarità del sistema “ibrido” Ue – è prerogativa della Commissione, che agisce di regola su impulso del Consiglio, l’organo che rappresenta i governi degli Stati membri. Al Parlamento spetta dunque in primis il compito di esaminare i progetti legislativi messi a punto dalla Commissione – regolamenti e direttive: discuterli, eventualmente emendarli, infine approvarli o respingerli. Ogni atto legislativo, per entrare in vigore, deve essere approvato (medesimo testo) da esso e dal Consiglio. In questo senso si dice che i due enti sono nel sistema Ue co-legislatori, e quella descritta è definita procedura legislativa ordinaria.
Il ruolo in politica estera
In alcune materie, il Parlamento europeo ha invece solo un ruolo consultivo. Tra queste, ad esempio, la fiscalità o la politica estera e di difesa, materia che resta gestita essenzialmente dai governi (che decidono in quest’ambito, a differenza di quasi tutti gli altri, all’unanimità). Su questi temi comunque il Parlamento europeo ha la possibilità di far sentire la propria voce (e lo fa spesso e volentieri) tramite altri strumenti. Adottando delle risoluzioni, atti che non ha forza di legge, ma significato politico. Non va dimenticato che è l’unica istituzione Ue che rappresenta direttamente i cittadini dei 27 Paesi e dunque anche i loro “umori”. E ancora dando la propria approvazione (o meno) a tutti i trattati internazionali che la Commissione conclude su mandato del Consiglio (ad esempio in materia commerciale). Anche sull’eventuale ingresso di nuovi membri nell’Ue è richiesta – oltre che l’unanimità dei 27 – l’approvazione del Parlamento europeo.
Il controllo sulle istituzioni Ue e sul bilancio
Al di là dell’attività legislativa, Il Parlamento europeo ha – analogamente a quanto accade nei sistemi politici nazionali – compiti di controllo sull’operato della altre principali istituzioni Ue, in primis della Commissione. L’organo esecutivo dell’Ue è legato all’Assemblea da un rapporto di fiducia. Dal 2009 in poi infatti il presidente della Commissione designato dopo il voto dai capi di Stato e di governo deve essere eletto dal Parlamento europeo, e dunque assicurarsi una sua maggioranza politica. Anche tutti gli altri Commissari devono passare l’esame del Parlamento prima di poter prendere servizio. Più di una volta sono stati cassati per ragioni politiche o di competenza sui dossier.
Durante il mandato, il Parlamento può anche votare una mozione di censura della Commissione (è necessaria una maggioranza rafforzata dei due terzi), che obbliga l’organo a dimettersi. Alla Commissione, poi, ciascun parlamentare può presentare interrogazioni scritte o orali, cui l’esecutivo è tenuto a rispondere. La Commissione deve anche presentare regolari relazioni al Parlamento: tra queste, la relazione annuale sulle attività dell’Ue e sull’esecuzione del bilancio. Proprio il controllo sulle spese dl bilancio comunitario è l’altro ambito in cui il Parlamento ha un’importante competenza. Esso infatti deve approvare i progetti di bilancio dell’Ue sia per i cicli pluriennali (7 anni), sia anno per anno, e svolge poi un’incisiva funzione di vigilanza sulle spese effettivamente sostenute. Il Pe discute anche la politica monetaria della Banca centrale europea (Bce), audendo con regolarità il o la sua presidente.
Organizzazione del lavoro
Data la mole di lavoro e i molti ambiti su cui l’ente ha competenza, il Parlamento europeo – analogamente a quelli nazionali – si organizza in una sere di commissioni tematiche, che possono avere a loro volta sottocommissioni. Esse si occupano della fase preparatoria dell’esame di ciascun provvedimento legislativo, prima che questo giunga (di regola) in plenaria. La composizione di ogni commissione rispecchia gli equilibri politici del Parlamento e conta da un minimo di 25 a un massimo di 88 membri.
Nell’ultima legislatura si contavano 23 tra commissioni e sottocommissioni. Possono anche essere istituite commissioni speciali per trattare argomenti specifici o di inchiesta per indagare su eventuali casi di violazione o di cattiva amministrazione del diritto dell’Unione. Sia le riunioni di commissione che le sedute plenarie sono pubbliche e trasmesse online. Gli europarlamentari possono lavorare nella loro lingua o in qualsiasi altra europea: tutti gli interventi in Aula e tutti i documenti ufficiali sono tradotti infatti nelle 24 lingue ufficiali dell’Ue.
La voce dei cittadini
Oltre a eleggere ogni cinque anni i propri rappresentanti al Parlamento europeo, i cittadini europei possono chiedere a essi di esaminare particolari questioni tramite petizioni, che possono essere presentate in gruppo anche individualmente. Si può trattare di reclami o osservazioni sull’applicazione di norme europee o sulle violazioni dei diritti dei cittadini europei da parte di uno Stato membro, ma anche di inviti al Parlamento a pronunciarsi su determinate questioni.