Il nuovo farmaco per il tumore al seno metastatico: «Cala del 38% il rischio di progressione della malattia o di morte»

L’annuncio di Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione Sviluppo di nuovi farmaci all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano

Un nuovo farmaco che migliora significativamente la sopravvivenza per alcuni sottotipi di tumore al seno metastatico. È stato presentato durante il congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (Asco) in corso a Chicago. A farlo è stato l’oncologo italiano Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione Sviluppo di nuovi farmaci per terapie innovative all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. «Gli esiti dello studio Destiny-Breast06 indicano che i benefici ottenuti con il nuovo farmaco trastuzumab deruxtecan sono notevoli, mai visti finora», dice Curigliano al Corriere della Sera. Secondo il professore i risultati possono «giustificare un cambio della cura standard in tutto il mondo per donne e uomini con un determinato sottotipo di carcinoma mammario».


Sperimentazione di fase 3

La sperimentazione è arrivata alla fase 3, l’ultima. Il campione di 866 pazienti con carcinoma mammario inoperabile o metastatico con bassa o bassissima espressione della proteina HER2 è progredito dopo la prima linea di terapia. Attualmente questo tipo di tumore si cura soltanto con la chemioterapia, che però rallenta ma non ferma la neoplasia. Lo stesso obiettivo si raggiunge con il nuovo farmaco: «Cala del 38% il rischio di progressione della malattia o di morte del paziente», spiega Curigliano. «La sopravvivenza media prima che il tumore ricominci ad avanzare è di 13,2 mesi con il nuovo farmaco, rispetto agli 8 dell’attuale chemioterapia standard. Inoltre raddoppiano le risposte cliniche, vicine al 60%: ovvero la cura funziona per molte più persone».


Il carcinoma mammario metastatico

In Italia ci sono 52mila persone con carcinoma mammario metastatico. «Oggi sappiamo che esistono tanti tipi diversi di cancro al seno ed è fondamentale conoscere quale sottotipo si ha di fronte per poter scegliere, fra le tante terapie disponibili, quella più efficace in base al singolo caso», dice Francesco Perrone dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica. «Finalmente vediamo migliorare l’aspettativa di vita per alcuni sottotipi di neoplasie polmonari che non avevano novità da 40 anni o per le quali a oggi ancora mancavano farmaci specifici», aggiunge Filippo de Marinis, direttore dell’Oncologia toracica all’Istituto Europeo di Oncologia. «Riusciamo a fermare la progressione della malattia e a limitare le probabilità di una recidiva. Per decenni la sopravvivenza media dei pazienti con una forma avanzata di cancro ai polmoni è stata ferma a pochissimi mesi, ora riusciamo a prolungarla anche per alcuni anni in un numero crescente di casi».

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