Claudio Borghi, il leghista contro Mattarella: «Un ordine concentrico ai giornali di attaccarmi, ma io non ritratto»

Chi è il consigliere di Matteo Salvini che puntava sull’uscita dall’euro e ha fatto la guerra al Green pass. E oggi vuole le dimissioni del Capo dello Stato

«È arrivato l’ordine concentrico a tutti i giornali di attaccarmi ad ogni livello. Tutti mobilitati, dal Corriere al Foglio per scrivere articoli contro la mia modesta persona. Bene, BENISSIMO». Un tweet pubblicato alle 2 e 17 di notte dal senatore della Lega Claudio Borghi descrive perfettamente la sindrome di accerchiamento del fedelissimo di Matteo Salvini che era entrato in politica per portare l’Italia fuori dall’euro. E che nel frattempo ha trovato altri nemici strada facendo: il Green Pass e la bandiera dell’Unione Europea. D’altro canto il suo «programma minimo» per le elezioni europee fa bella mostra fissato in alto su X ed è tutto… un programma: «Più Italia, meno Ue, no Oms, no Mes, no Pnrr2, stra no all’esercito europeo, basta armi a Ucraina, più amicizia con Trump, stra no alle tasse sulla casa».


Borghi, Bagnai, Vannacci e Crippa

Sul Corriere della Sera è Fabrizio Roncone ad «attaccare ad ogni livello, mobilitato» Borghi. Definito come il cocco di Salvini, «vero pilastro della sua truppa d’élite – con lui quel gigante di Alberto Bagnai e il generale Vannacci, più il vicesegretario Andrea Crippa», di recente paparazzato con Anna Falchi. Il Corriere riepiloga la carriera dell’ex fattorino diventato agente di cambio e broker della Deutsche Bank, oltre che docente a contratto all’Università Cattolica ed esperto d’arte contemporanea. È Borghi, racconta il Corriere, che convince Salvini ad abbracciare l’uscita dall’euro. È lui che consiglia al Capitano di leggere Il tramonto dell’euro di Alberto Bagnai, vera bibbia di chi vuole l’Italia fuori dalla moneta unica. E pazienza se dopo tante esibizioni di magliette con la scritta “No euro” nel frattempo l’argomento sia finito un po’ fuori dai discorsi della Lega e dello stesso Capitano.


Illuminati sulla via di Draghi

Anche a causa dell’ostilità dei colonnelli del Nord, racconta qualcuno. Mentre sia Borghi che Bagnai all’epoca del governo Draghi scelgono una linea morbida: «È Ronaldo, un fuoriclasse». Oppure: «L’ho sempre stimato», le dichiarazioni attribuite ai due. Secondo Roncone a un certo punto entrambi «di botto, da No euro diventano No-vax (anche se tutti, compresi i governatori leghisti Zaia e Fedriga, impegnati sul fronte anti-Covid, hanno sempre avuto il sospetto che un paio di siringate salvifiche se le sia sparate pure lui, Borghi». A Natale, quando il governo Meloni boccia il Mes, Borghi sghignazza in Transatlantico: «E presto torneremo pure alla lira». Il Foglio invece ricorda la battaglia per i minibot all’epoca del governo M5s-Lega. «Non ritratto, ho detto una banalità che straconfermo», dice a proposito delle dimissioni di Mattarella.

Le telefonate

E pazienza se l’uscita ha provocato una telefonata furiosa di Giorgia Meloni al suo vicepremier con tanto di corsa ai ripari del Capitano. Nel passato le liti poetiche con Roberto Burioni, le sparate sulle «centraline inaffidabili» che certificano il caldo record e le dichiarazioni bellicose sulla Germania. Prima ancora la promessa di un ricorso alla Consulta contro il Green pass per i parlamentari. Intanto, aggiunge Marianna Rizzini, Borghi «il Parlamento italiano lo lascerebbe, se eletto e se si crea una diversa maggioranza, preceduto dal suo slogan, quello della Lega: “Più Italia, meno Europa”. C’è stato un tempo in cui, agli albori giallo-verdi, Borghi si divertiva a dire che lui, da destra, veicolava idee “che più di sinistra non si può: piena occupazione, spesa e deficit, nazionalizzazioni”. Ora invece, in campagna elettorale nell’amata Maremma, dice che Salvini la pensa come lui, e viceversa».

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