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Marcello Colafigli: il Bufalo della Banda della Magliana arrestato per traffico di droga

marcello colafigli banda della magliana
marcello colafigli banda della magliana
Doveva scontare tre ergastoli ma era libero. Per una diagnosi di psicosi schizofrenica paranoide

Il suo soprannome – un po’ scontato – era Marcellone. Ma in Romanzo Criminale era invece “Er Bufalo” nell’interpretazione di Andrea Sartoretti. E il suo “Io stavo cor Libanese“, che voleva testimoniare la sua fedeltà a Franco Giuseppucci con le note di Liberi Liberi di Vasco Rossi è una delle scene più d’impatto della serie. Marcello Colafigli torna in carcere oggi per traffico di droga. Perché, secondo l’accusa della procura di Roma, nonostante in regime di semilibertà, sarebbe riuscito a pianificare cessioni e acquisti di ingenti quantitativi di droga dall’estero mantenendo rapporti con esponenti della ‘ndrangheta, camorra e della mafia foggiana.

Marcellone e Er Bufalo

Il giudice delle indagini preliminari di Roma ha disposto misure cautelari nei confronti di 28 persone residenti nelle province di Roma, Napoli, Foggia e Viterbo. Nell’ordinanza gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, di tentata rapina in concorso, tentata estorsione in concorso, ricettazione e possesso illegale di armi, procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale. Secondo le indagini, partite dal giugno 2020, a Roma operava un sodalizio criminale operativo nell’area della Magliana e sul litorale laziale. A capo c’era proprio Colafigli. Perché, secondo della procura di Roma, nonostante in regime di semilibertà, sarebbe riuscito a pianificare cessioni e acquisti di ingenti quantitativi di droga dall’estero mantenendo rapporti con esponenti della ‘ndrangheta, camorra e della mafia foggiana.

Colafigli, Giuseppucci e De Pedis

Colafigli è stato riconosciuto come uno dei capi dell’«agenzia del crimine» nata dalla fusione delle batterie della Capitale per il sequestro e l’omicidio del duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere. Ovvero il primo gesto criminale del nucleo che poi si riunirà attorno alla Bandaccia, che diventerà “della Magliana” soltanto con le prime ordinanze di custodia cautelare. Con lui all’epoca c’erano Franco Giuseppucci, ovvero “Er Fornaretto”, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino e Nicolino Selis. Che secondo Antonio Mancini fu il vero fondatore della banda, anche se la pubblicistica ha raccontato storie molto più romanzate. Colafigli, proprio insieme a Mancini, fu anche protagonista dell’agguato di Donna Olimpia, quando i due cercarono di uccidere i fratelli Proietti, considerati gli esecutori dell’omicidio di Giuseppucci.

Il manicomio di Aversa

Nell’occasione Colafigli si giustificò per l’agguato sostenendo che fosse stato proprio Giuseppucci, apparsogli in sogno mentre dormiva davanti alla tv, a ordinargli di uccidere i Proietti. Questa e altre “stranezze” lo portarono negli anni a usufruire di pene alternative al carcere per un vizio di mente. Fino ai soggiorni – e all’evasione – dalle strutture preposte come quella di Aversa. Marcellone è stato condannato per l’omicidio di De Pedis. Secondo l’accusa è stato lui a organizzare l’agguato che vide morire il Boss soprannominato “Renatino” o “Il presidente” in via del Pellegrino il 2 febbraio 1990. Gli esecutori materiali, secondo la ricostruzione degli investigatori, erano Dante Del Santo detto “il cinghiale” e Alessio Gozzan. Quest’ultimo fu scagionato dall’accusa di essere stato alla guida della moto. Sospetti si addensarono anche su Antonio D’Inzillo, che è morto latitante in Kenya nel 2008.

L’omicidio De Pedis

Colafigli riceve negli anni una condanna all’ergastolo per tre omicidi. Ma una diagnosi di psicosi schizofrenica paranoide e di personalità epilettoide insieme a una sindrome borderline gli permette di avere riconosciuta l’infermità mentale. Esce dal carcere una prima volta nel 2012. Ci torna nel 2021 dopo essere stato trovato insieme a pregiudicati in un bar di Ostia. Poi la nuova libertà e l’arresto di oggi. In attesa di ricominciare un’altra volta. Secondo l’accusa Colafigli fece uccidere Renatino perché lo accusava di non essere più solidale con gli altri della Banda. E di aver interrotto il sodalizio criminale per ripulirsi la fedina penale e diventare rispettabile. D’altronde, lui stava cor Libanese. E con nessun altro.

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