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Usa, il piano in tre fasi per il cessate il fuoco a Gaza e l’accordo tra Israele e Hamas

04 Giugno 2024 - 05:03 Alba Romano
usa piano pace israele hamas onu
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La roadmap prevede il ritiro delle forze israeliane e la soluzione dei due Stati. 42 giorni per l'applicazione. Il nodo del potere nella Striscia

Un cessate-il-fuoco della durata di sei settimane. E tre fasi che prevedono prima il ritiro di Israele dai principali centri abitati di Gaza in cambio del rilascio di un certo numero di ostaggi insieme ai prigionieri palestinesi. E poi il ritiro totale di Israele in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi. Infine la restituzione da parte di Hamas dei corpi degli ostaggi morti. Gli Stati Uniti annunciano un progetto di risoluzione della crisi del 7 ottobre al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti. L’ambasciatrice americana all’Onu Linda Thomas-Greenfield ha insistito sull’opportunità che Hamas accetti il piano. E ha detto che i membri del Consiglio sono già d’accordo con le linee principali: «Dobbiamo parlare con una sola voce per sostenerlo».

La roadmap

La bozza di testo visionata dall’Afp accoglie favorevolmente l’accordo del 31 maggio e invita Hamas ad accettarlo integralmente e ad applicarne i termini «senza indugi e condizioni». La sua rapida applicazione consentirebbe un cessate il fuoco, il ritiro delle forze israeliane dalle aree popolate di Gaza, il rilascio degli ostaggi, un aumento degli aiuti umanitari, il ripristino dei servizi di base e il ritorno dei civili palestinesi nel nord di Gaza. Ma anche la soluzione dei due Stati e «l’importanza di unificare la Striscia di Gaza con la Cisgiordania sotto gli auspici dell’Autorità Palestinese». Joe Biden ha detto che l’ok al piano spetta ora solo da Hamas: segno che Israele ha accettato le condizioni degli Stati Uniti. Il principale problema resta quello della tregua permanente. Che potrebbe far deragliare tutto.

42 giorni per la pace

Spiragli di intesa tra Hamas e Israele, anche se il percorso dell’accordo non è ancora del tutto in discesa. Il nodo principale – per entrambe le parti – resta quello della tregua permanente, evocata nella roadmap rilanciata da Biden venerdì scorso. Uno scoglio che alla fine potrebbe far deragliare tutto, com’è già successo in passato. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, parlando alla Knesset, ha detto che «la guerra verrà fermata allo scopo di restituire i sequestrati, poi discuteremo» del resto. L’accordo proposto, ha confermato, include «un cessate il fuoco temporaneo» (di 42 giorni) a favore del rilascio degli ostaggi.

«Stiamo lavorando in molti modi per riavere i nostri rapiti ma abbiamo mantenuto gli obiettivi della guerra, primo fra tutti l’eliminazione di Hamas. Insistiamo per completare sia questo sia quell’obiettivo», ha continuato Netanyahu, definendo come falso il fatto che nella proposta ci sia «un cessate il fuoco senza che le nostre condizioni siano soddisfatte».

La posizione di Hamas

Fonti di Hamas, secondo Haaretz, hanno confermato di considerare «positivamente» la proposta, come annunciato in mattinata anche dal ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry. Ma hanno anche fatto sapere di aver informato i mediatori di Qatar e Egitto di ritenere necessaria una garanzia ufficiale da parte americana sul fatto che Israele rispetterà tutte le condizioni dell’intesa, a cominciare dalla richiesta di un cessate il fuoco duraturo. Una preoccupazione rafforzata, secondo le fonti palestinesi, dai disaccordi che si registrano in Israele sul cessate il fuoco completo. Va tenuto conto inoltre che Hamas ha più volte precisato che la decisione finale spetta ai leader a Gaza, Yahya Sinwar e Mohammed Deif, che devono applicare sul campo i dettagli dell’intesa.

I punti critici

E proprio quest’ultimo è uno dei punti più critici del piano. Perché Israele si è impegnato ad eliminare i capi di Hamas che hanno colpito il 7 ottobre. I ministri di estrema destra del governo di Netanyahu non accetteranno mai che Deif e Sinwar rimangano vivi a Gaza per festeggiare l’accordo per la pace. D’altro canto la liberazione degli ostaggi è l’obiettivo primario in un paese ancora sconvolto dalla violenza dell’attacco. Ma è improbabile che Hamas consegni tutti i suoi prigionieri senza una garanzia da parte degli Stati Uniti che Israele non ricominci l’attacco subito dopo. C’è anche un altro problema. Hamas potrebbe sfruttare il cessate-il-fuoco per ricostituire il suo dominio sulla Striscia. Mentre per gli Stati Uniti dovrà essere l’Autorità Palestinese a prendere il potere. Entrambe le soluzioni non saranno mai accettate da Israele.

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