Ultra, il racconto del potere: la Sinistra piccola e divisa si gioca tutto sul tema delle guerre
Il Gruppo della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica (Gue/Ngl), noto anche semplicemente come “The Left” (La Sinistra), è un gruppo politico del Parlamento europeo che riunisce rappresentanti di partiti di sinistra, socialisti, comunisti e altri movimenti progressisti provenienti da vari paesi europei. Fondato ufficialmente nel 1995, il gruppo si impegna a promuovere un’agenda politica basata sui principi della giustizia sociale, dell’uguaglianza, dei diritti dei lavoratori e della solidarietà internazionale.
Le posizioni all’interno del gruppo sono diverse tra loro, ma i membri del Gue/Ngl condividono una visione comune di un’Europa più equa e giusta, opponendosi alle politiche neoliberiste e di austerità che, a loro avviso, hanno aggravato le disuguaglianze sociali ed economiche all’interno dell’Unione Europea. Il gruppo lavora per dare voce ai cittadini emarginati e per difendere i diritti umani, la pace e l’ambiente. Fino alla legislatura appena conclusa hanno mantenuto un risultato discreto, pur rappresentando il gruppo più piccolo del parlamento europeo, con 37 eletti e il 5,25% in termini percentuali. Solo due volte, nel 1999 e nel 2014 hanno sfiorato il 7%, percentuale che non hanno più raggiunto (se si escludono i predecessori, negli anni 80 che arrivavano al 10%).
La storia del Gue/Ngl
Il GUE/NGL è stato formato nel 1995, riunendo diversi partiti di sinistra che volevano avere una rappresentanza unificata all’interno del Parlamento europeo, dopo, tra l’altro, la chiusura del Gruppo Comunista e Apparentati, trasformato prima in due gruppi, la Sinistra unitaria europea e la Coalizione delle sinistre e quindi, ma con alcune perdite numericamente molto significative, confluito in quello che dal 1995 sarebbe diventato il Gue/Ngl visto l’accordo costitutivo con i Partiti verdi nordici (Ngl). Tra i membri fondatori ci sono il Partito Comunista Francese, la Sinistra Unita Spagnola e il Partito della Rifondazione Comunista Italiano. Pur essendo un gruppo non grande, nel corso del tempo è riuscito ad influenzare dossier importanti sui diritti dei lavoratori, la protezione sociale, l’ambiente e la democrazia. Nel 2019 non sono stati eletti eurodeputati del Partito Comunista Francese, del Movimento Popolare Danese contro l’UE, del Partito Socialista Olandese e dei partiti italiani (lista La Sinistra). Hanno aderito al gruppo gli eurodeputati del francese La France insoumise, del Partito dei lavoratori del Belgio, del partito animalista tedesco , dell’irlandese Independents 4 Change e della danese Alleanza rosso verde.
Le ultime divisioni
Come accade anche in Italia, la sinistra radicale europea è profondamente divisa e continua a dividersi. Così dal 2004, pur rimanendo nel gruppo Gue/Ngl si sono formati due grandi partiti che includono due idee diverse di intendere la sinistra radicale: il partito della Sinistra Europea, che riunisce soprattutto partiti comunisti od ex comunisti e, dal 2018, Now the People, che invece è un’alleanza e non un vero partito, che raccoglie La France insoumise (Francia), Podemos (Spagna), Bloco de Esquerda (Portogallo), Enhedslisten (Danimarca), Vänsterpartiet (Svezia), Vasemmistoliitto (Finlandia), Die Linke (Germania) e Sinistra Italiana (Italia). La divisione è netta, anche se latente, al punto che i due gruppi non si sono accordati neppure per uno spitzenkandidaten unico: il partito di Sinistra europea ha eletto durante l’assemblea generale di febbraio il presidente Walter Baier come candidato alla guida della Commissione europea dopo le elezioni di giugno, ma Baier non è neppure candidato in Austria. E dire che, come spiega Helmut Scholz di Die Linke a Open, ci sono stati passi avanti abbastanza significativi nel corso di questa legislatura: “Per la sinistra, direi che ci sono tre sfide principali. Dobbiamo mantenere, e non solo mantenere, ma rafforzare la consapevolezza che le questioni sociali devono essere affrontate insieme a quelle ecologiche. È una relazione ereditaria. Non si possono risolvere le sfide ambientali senza giustizia sociale. E bisogna tenere conto della dimensione sociale delle politiche europee, ovviamente, delle sfide del cambiamento climatico, del mantenimento degli aspetti ambientali in primo piano rispetto all’economia”.
La Germania e l’addio di Sahra Wagenknecht
La divisione più dolorosa, però, oltre ai conflitti interni è stata quella in Germania, tra la leader – e moglie dell’ex leader Oskar Lafontaine – Sahra Wagenknecht e Die Linke. Una scissione che si è consumata nel corso degli ultimi anni e che potrebbe pesare nelle urne non poco. Tanto più che la posizione dura nei confronti dei rifugiati e ambigua nei confronti della Russia, di Wagenknecht (accusata da rivelazioni di stampa di avere contatti anche a Mosca) gettano un ombra sulle mosse di Die Linke. Tutto si è consumato quando Wagenknecht, forse l’esponente più noto di quella che in Italia viene chiamata l’area “rosso-bruna” ha creato prima dei circoli e poi unito ai suoi altre componenti critiche di Die Linke. Alla fine di settembre 2023, alcuni membri del circolo di Wagenknecht hanno costituito l’associazione “BSW – Per la ragione e la giustizia”. A metà ottobre, oltre 50 esponenti di Die Linke hanno richiesto l’espulsione di Sahra Wagenknecht dal partito. Nell’ottobre 2023, Wagenknecht ha lasciato Die Linke e ha fondato l’associazione “BSW – Per la ragione e la giustizia”, alla quale hanno subito aderito altri nove deputati del Bundestag. Nel gennaio 2024 è quindi nato il partito, “non un partito di sinistra”, dice Helmut Scholz.
Le guerre
Se la situazione in Germania appare la più complicata da gestire, The Left Gue/Ngl ha un indubbio asset da giocarsi nella posizione pacifista, sulla guerra in Ucraina, e fortemente schierata a favore della causa palestinese e a difesa dei civili di Gaza, in Medioriente. Il primo punto ha fruttato in alcuni casi l’accusa di eccessiva apertura alla posizione di Putin – la Sinistra europea propone una conferenza di pace a cui venga convocata anche la Russia o lo stesso Putin. Il leader francese, Jean Luc Melenchon, ad esempio è stato a dir poco “azzoppato” nella sua corsa attraverso la Francia dalle posizioni sull’Ucraina, che hanno portato ad interrompere l’alleanza con i socialisti francesi proprio su questo punto. Sulla guerra in Ucraina, Scholz spiega a Open che la posizione che vorrebbe rafforzare i canali diplomatici non vuol dire non inviare armi all’Ucraina: “Hanno bisogno di armi. Ma l’Europa deve anche lavorare per trovare una soluzione politico diplomatica”. Il tema della Palestina, invece, vede la formazione compatta nell’espressione di solidarietà ai civili di Gaza. Ed è un punto su cui il gruppo potrebbe raccogliere la simpatia, e il voto, dei giovani che sono scesi in piazza in questi mesi. Marc Botenga, del Partito dei Lavoratori belga, è invece molto netto sulla questione palestinese: “Viaggiando per il Paese per la campagna elettorale – ha dichiarato ad Al Jazeera – ho visto la gente parlare di temi elettorali classici come il potere d’acquisto, il cambiamento climatico e la migrazione. Ma quest’anno le discussioni sulla Palestina sono state un argomento centrale”. Per poi aggiungere: “Penso che i cittadini dell’UE abbiano visto come ai politici dell’establishment piaccia molto parlare dell’Ucraina e dire quanto il blocco abbia bisogno di sostenere l’Ucraina, di dare loro armi e denaro per vincere la guerra. Ma con la Palestina c’è stata una certa ipocrisia e due pesi e due misure. La gente vuole che tutto questo finisca. Quindi il modo in cui i politici affronteranno la Palestina influenzerà le elezioni europee”.
In evidenza: l’attivista palestinese Rima Hassan Jean-Luc Melenchon di La France insoumise, e la capolista per le Europee Manon Aubry
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