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La resistenza delle avvocate e attiviste di Malta, dove l’aborto è illegale: «Così il governo ha deciso di tradire le donne» – Le interviste

La legge del 2023 consente l’interruzione di gravidanza soltanto nel caso in cui la salute o la vita della donna sia "a rischio immediato". «Le donne vengono colpevolizzate per aver preso decisioni sul proprio corpo, l’educazione sessuale sull’isola è assente e i metodi contraccettivi cari», dicono a Open le associazioni maltesi

«Tutti amiamo qualcuno che ha abortito», recitava lo striscione degli attivisti pro-choice di Malta riuniti pochi mesi fa a Bruxelles per chiedere a gran voce il diritto di poter decidere sul proprio corpo. «L’atteggiamento nei confronti dell’aborto sta cambiando sull’isola: c’è una maggiore esposizione, con un numero crescente di attivisti che si schierano coraggiosamente a favore dell’aborto. Ciò che manca è la volontà politica di cambiare le cose», dice a Open Désirée Attard, avvocata e attivista maltese che ha redatto vari disegni di legge e portato avanti riforme, tra cui l’introduzione dell’uguaglianza matrimoniale e la parziale depenalizzazione della cannabis.

Malta (come Andorra) è uno dei pochi Paesi dell’Unione europea dove l’aborto rimane illegale in quasi tutte le circostanze, compresi i casi di stupro, incesto o gravi malformazioni del feto. La legge entrata in vigore nel 2023 consente ai medici di interrompere una gravidanza soltanto nel caso in cui la salute o la vita della gestante sia «a rischio immediato». Ma le circostanze che non costituiscono una “minaccia per la vita” sono tutt’oggi escluse. Anche perché prevede che sia una commissione medica composta da tre specialisti ad autorizzare l’interruzione volontaria di gravidanza all’interno di specifiche strutture. «Quando questi requisiti vengono soddisfatti, la donna potrebbe essere già morta», spiegano a Open Isabel Stabile e Natalie Psaila di Doctors for Choice Malta, l’organizzazione di medici che si batte per il diritto alla salute riproduttiva. «Gli specialisti rischierebbero fino a quattro anni di carcere e la revoca della licenza se praticassero l’interruzione di gravidanza», ci spiegano. Il disegno di legge era stato proposto dopo che una turista statunitense, Andrea Prudente, aveva rischiato la vita a Malta per complicanze dovute alla gravidanza e al rifiuto dei medici maltesi di praticarle un aborto. 

«La maggior parte degli aborti rimane illegale e le donne vengono stigmatizzate»

ANSA | EPA/CLEMENS BILAN | Attivisti pro-choice

Dopo quell’episodio e l’approvazione della legge, le cose non sembrano essere cambiate di molto. «La maggior parte degli aborti rimane illegale e le donne vengono stigmatizzate e criminalizzate per aver preso decisioni sul loro corpo e sul loro futuro», spiegano le specialiste di Doctors for Choice. «L’anno scorso una donna maltese è stata portata in tribunale per aver assunto pillole abortive dopo una denuncia da parte di un partner violento. Si tratta – continuano – di un fatto inaudito nel resto d’Europa: nemmeno la Polonia, considerata da molti come una delle leggi più restrittive sull’interruzione volontaria di gravidanza, porterebbe le donne in tribunale con la minaccia del carcere per aver preso una pillola abortiva», affermano.

Per gli attivisti pro-choice le modifiche apportate lo scorso anno erano, nella migliore delle ipotesi, di facciata: «Si tratta di un modello estremamente proibitivo, che limita fortemente le possibilità di scelta di chiunque voglia abortire», spiega la legale Attard. E sebbene in rapida evoluzione, la società maltese «rimane una società conservatrice influenzata dalla Chiesa cattolica». Ciò, secondo l’avvocata, è rafforzato «dal fatto che i due principali partiti politici hanno più volte dichiarato di essere contrari all’aborto, portando i loro seguaci più radicali ad attenersi alle rispettive posizioni. E poi c’è anche il fatto che l’aborto – continua – è un tema molto personale e delicato, sul quale negli anni si è diffusa molta disinformazione. Il “dibattito” sugli emendamenti dell’anno scorso è una testimonianza di quanto questo tema sia politicizzato e personale per molti».

A Malta ci sono due modi attraverso i quali attivisti pro-choice e volontari assistono le donne che vogliono ricevere informazioni sull’interruzione volontaria di gravidanza: il Family Planning Advisory Service (FPAS) e l’Abortion Doula Support Service. «Il primo fornisce informazioni su tutto ciò che riguarda la salute sessuale e riproduttiva. Le donne si rivolgono a noi per sapere se le pillole abortive sono sicure, come si usano e come possono interrompere la gravidanza all’estero», spiegano le esperte. Mentre il secondo servizio «è gestito da medici pro-choice che offrono consulenza gratuita alle donne che stanno abortendo o che vogliono abortire – continuano -. A Malta, le donne che si rivolgono agli ospedali pubblici o ai centri sanitari possono essere denunciate alla polizia per aver fatto uso di pillole abortive. Questo servizio mira a mantenere la sicurezza delle persone offrendo una consulenza anonima e confidenziale». Ma di fatto le donne hanno paura delle ripercussioni legali mettendo, così, a rischio la loro salute e la loro vita.

Tra astinenza e disinformazione: l’educazione sessuale e riproduttiva

Secondo il report dell’istituto europeo per la parità di genere (Eige) negli ultimi decenni si sono fatti passi avanti nella tutela dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne. Nonostante ciò, permangono evidenti carenze riguardo all’accessibilità della contraccezione e sull’informazione legata ai temi di natura sessuale e riproduttiva. «È da oltre un decennio che attendiamo un aggiornamento della politica nazionale, che il governo continua a rimandare per paura di un contraccolpo», ci spiegano. L’educazione a Malta si concentra ancora su «astinenza e disinformazione: sulla prima è stato ripetutamente dimostrato che si tratta di una strategia inefficiente – affermano le specialiste -. Mentre la disinformazione sulla contraccezione, in particolare sulle pillole del giorno dopo, è invece molto diffusa». Raccontano che alcune scuole continuano a mostrare ai bambini «una propaganda ingannevole contro l’aborto», come il vecchio film il grido silenzioso, un documentario del 1984 sull’aborto diretto e filmato dal ginecologo e attivista pro-life Bernard Nathanson: «Il governo non fa alcun tentativo di porre fine a questa disinformazione».

L’accesso ai metodi contraccettivi

ANSA | EPA/DEAN LEWINS | Attivisti pro-choice

Malta si posiziona al 31° posto, su 46 Paesi, nella classifica dedicata al diritto alla contraccezione. Lo rivela l’ultima analisi del Contraception Policy Atlas of Europe per il 2023, che tiene traccia delle politiche governative sull’accesso ai metodi contraccettivi. Gli ostacoli sono diversi: la disinformazione, lo stigma, il costo e il ruolo dei medici e dei farmacisti obiettori di coscienza. «Sulla carta è possibile accedere ai vari contraccettivi. Tuttavia – spiega Doctors for Choice Malta – le persone devono pagare il prezzo pieno al dettaglio e alcuni medici e farmacisti si rifiutano poiché obiettori di coscienza. Siamo anche a conoscenza di casi in cui le pazienti sono state semplicemente respinte da professionisti senza essere indirizzate verso altri specialisti che potessero aiutarle: questo rappresenta una chiara violazione dell’etica professionale». Anche l’accesso alla pillola del giorno dopo può essere problematico, «soprattutto la domenica e nei giorni festivi, quando solo poche farmacie sono aperte. Ci battiamo da sempre per una contraccezione sovvenzionata e gratuita, come già fatto da altri Stati dell’Ue, ma il governo continua a rimandare». E il risultato è che la maggior parte delle persone non utilizza contraccettivi.

Due facce della stessa medaglia

Su altre materie Malta può essere considerato un paese progressista: nel 2014 è diventato il primo ad aggiungere il riconoscimento dell’identità di genere in Costituzione; nel 2017 ha legalizzato il matrimonio omosessuale. Mentre l’aborto è tuttora vietato, il divorzio è stato introdotto soltanto nel 2011. Due facce della stessa medaglia. «La società maltese potrebbe essere descritta come conservatrice, ma è anche in fase di transizione. Ha fatto passi avanti in altre aree dei diritti civili, ma è in grave ritardo sul diritto all’aborto. Tuttavia, stiamo assistendo a un cambiamento positivo nell’opinione pubblica, in particolare tra le giovani generazioni», spiega l’associazione Doctors for Choice Malta. Gli attivisti pro-choice guardano a Parigi e, pure, a Bruxelles. In Francia la libertà di decidere del proprio corpo è entrata nella Costituzione a inizio marzo. Mentre l’11 aprile scorso, il Parlamento europeo ha approvato il testo della risoluzione per includere il diritto all’aborto sicuro e legale nella Carta fondamentale dell’Ue. Nessun vincolo per i Paesi, ma un importante segnale politico dell’Europarlamento.

Anche nei confronti di Malta, dove ogni anno 500 donne scelgono di abortire incontrando evidenti ostacoli sul proprio cammino. «Al momento, lo scoglio maggiore alla modifica dell’attuale legge sull’interruzione volontaria di gravidanza è la mancanza di coraggio e di impegno da parte dei politici. La versione originale della normativa dello scorso anno avrebbe consentito l’aborto in caso di grave pericolo e non solo in caso di morte. Ma in risposta alle reazioni, del tutto prevedibili, delle solite fazioni – tra cui i partiti politici conservatori e la Chiesa – il governo ha deciso di tradire le donne», concludono. Eppure, il diritto di decidere del proprio corpo – molto spesso alla mercé di coloro che decidono se riconoscerlo o meno – non dovrebbe essere ostaggio della politica, «che valuterà sempre quali misure raccoglieranno più consensi nell’elettorato», precisa Attard. «Questo è spiacevole quando si parla di diritti fondamentali. Come attivisti, quindi, – continua la legale maltese – dobbiamo assicurarci che il nostro attivismo sia il più inclusivo possibile, cercando di far sì che il nostro messaggio venga recepito da quante più persone possibile. Sono convinta che più parleremo delle realtà dell’aborto a Malta, più il consenso si sposterà verso la sua accettazione: come dato di fatto e come necessità medica per molte delle nostre madri, sorelle e mogli».

Questa inchiesta è la quarta della serie sui movimenti giovanili in Europa. La serie è parte di EUtopia, un progetto di Open in collaborazione con la rappresentanza in Italia della Commissione europea e del Parlamento europeo.

Foto copertina: © Traci Hahn | Dreamstime.com

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