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La truffa sul Reddito di cittadinanza all’ufficio postale, a processo anche il direttore: il giro di soldi, profumi e champagne

08 Giugno 2024 - 15:59 Redazione
reddito di cittadinanza assegno inclusione sostegno formazione lavoro come riaverlo
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La maxi truffa risale al 2020. Dall’ufficio del comune dell'hinterland milanese sarebbero state emesse 171 tessere fasulle

È iniziato ieri, venerdì 7 giugno, il processo nei confronti di 7 persone, accusate di aver sfilato all’Inps mezzo milione di euro da gennaio 2020 a febbraio 2021. Gli imputati sono una coppia di origine romena, ideatori della truffa, e cinque operatori – tra i quali anche il direttore – dell’ufficio postale di Cesano Boscone, comune nella città metropolitana di Milano, dal quale sarebbero uscite 171 tessere fasulle del reddito di cittadinanza per un danno di almeno 502 mila euro. L’accusa principale è quella di «associazione a delinquere finalizzata a mettere in atto sistematici episodi corruttivi, falso ideologico, uso di atti falsi, plurime truffe aggravate», si legge dagli atti. 

La vicenda

Stando a quanto riporta la Repubblica, i protagonista dell’operazione, marito e moglie di 30 e 29 anni, facevano risultare residenti a Milano, falsificando i documenti, i propri connazionali ai quali venivano intestate le card del Rdc. Sempre ai due spettava poi il compito di «escogitare termini e modi per corrompere il personale dell’ufficio postale, ritirare le tessere e spartire i proventi illeciti». A questo punto, entravano in scena gli impiegati delle Poste, dal direttore in giù, quindi «pubblici ufficiali» che «attestavano falsamente su almeno 171 moduli di consegna delle carte di reddito di cittadinanza di aver compiutamente identificato gli effettivi richiedenti del beneficio mediante verifica dei documenti originali». 

Il compenso

L’operazione aveva, però, un “costo”. Gli impiegati ricevevano, infatti, «plurime somme di denaro (100 euro per carta), poi vestiti, profumi. Champagne, oltre a uno smartphone da quali mille euro al direttore dell’ufficio postale come contropartita per l’omesso controllo sull’operato dei propri subalterni». 

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