Meloni superstar, Salis e Vannacci calamite. E al Sud Decaro prende da solo mezzo milione di voti. Ecco chi ha sfondato alle Europee 2024

Nel centrodestra può festeggiare pure Tajani (400mila preferenze). Schlein ringrazia i suoi amministratori locali, ma anche Strada e Annunziata. I numeri

2.364.343. Sono le preferenze incassate a queste elezioni europee da Giorgia Meloni «detta Giorgia», quando mancano ormai una manciata di sezioni alla conclusione dello scrutinio. La premier fa il pieno di voti quindi, come ampiamente previsto e in tutta Italia (il consenso più granitico lo raccoglie al Nord-Ovest, dopo scrivono il suo nome quasi 623mila elettori). Voti però che non si tradurranno in alcun seggio per lei, poiché come noto rinuncerà a favore di chi le stava dietro in lista. I risultati del voto di sabato 8 e domenica 9 giugno soddisfano tuttavia pure gli altri due leader del centrodestra – Antonio Tajani e Matteo Salvini. Il primo, con lo stesso approccio «calamita» di Meloni, ha corso in tutte le circoscrizioni raccogliendo quasi 400mila preferenze. Un traino decisivo per spingere Forza Italia oltre quota 9,6% (sopra alla Lega). Secondo recordman di preferenze in casa Fi è nelle Isole l’impavido Edmondo Tamajo, l’assessore regionale registratosi sulle liste con ben 5 soprannomi («Edmondo Tamajo detto Tamaio, detto Di Maio, detto Edy, detto Edi, detto Eddy»). Salvini incassa il sorpasso dell’alleato, ma al contempo ha buon gioco a difendere (anche di fronte agli oppositori interni) la scelta di schierare Roberto Vannacci ovunque: l’ex generale calamita il consenso per la Lega, raccogliendo nell’insieme oltre 530mila preferenze (oltre 186mila nel Nord-Ovest).


Gli acchiappa-voti del Pd

A festeggiare all’indomani del voto, sul fronte dell’opposizione, è soprattutto Elly Schlein. Il suo Pd è andato oltre le più rosee aspettative – dei sondaggi, per lo meno – superando quota 24% a livello nazionale e strappando addirittura a FdI la palma di primo partito al Sud. Merito del buon consenso intercettato «strumentalmente» dalla stessa Schlein (200mila preferenze tra Centro e Isole), ma soprattutto di un gruppetto di testa di candidati che hanno fatto il pieno di voti nelle varie circoscrizioni. Al Sud il sindaco uscente di Bari Antonio Decaro ha raccolto da solo quasi mezzo milione di voti (495.624), facendo impallidire il pur eccellente risultato della “neofita” Lucia Annunziata (oltre 240mila preferenze). Al Nord-Est bottino ricco per il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini (che lascerà per andare al Parlamento europeo) con oltre 385mila preferenze, mentre al Nord-Ovest a spingere in su il Pd sono stati soprattutto l’ex presidente di Emergency Cecilia Strada (quasi 283mila voti) e il sindaco di Bergamo Giorgio Gori (oltre 210mila). Mentre al Centro, dietro Schlein, Dario Nardella vince il “derby” interno degli amministratori locali: quasi 100mila preferenze, contro le 84.530 di Matteo Ricci e le 82.182 di Nicola Zingaretti.


Salis e Lucano fanno sognare Avs

L’altra grande sorpresa sul fronte delle opposizioni è stata quella di Alleanza verdi e sinistra, balzata al Parlamento europeo con un entusiasmante (rispetto ai sondaggi) 6,7%. A trainare la formazione guidata da Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, la candidatura di Ilaria Salis, che ha raccolto nel complesso oltre 176mila preferenze (oltre 125mila solo nel Nord-Ovest). Ma ancora di più – complice però la presentazione del suo nome in ben quattro circoscrizioni su cinque – quella dell’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, che sfonda quota 190mila preferenze. Il flop del Movimento 5 stelle, invece, si spiega facilmente con l’assenza di grandi portatori di voti un po’ in tutto il Paese: l’unica eccezione è l’ex presidente dell’Inps Pasquale Tridico, eletto al Sud con poco più di 117mila voti. Dietro Giuseppe Conte, insomma, nessuno o quasi a portare acqua al mulino in quantità sufficiente. Discorso assai simile da quello che si potrebbe fare per Azione di Carlo Calenda, fermatasi a un deludente 3,3%, e in fondo anche per la lista Stati Uniti d’Europa (3,76%), in cui Matteo Renzi conquista da solo quasi 178mila preferenze, ma fa il vuoto – o quasi – dietro di sé. Così che dell’ex Terzo Polo nel prossimo Parlamento europeo non entrerà nessuno.

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