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Europee 2024, ciclone sovranista in Francia e Germania. Ma in Ue la «maggioranza Ursula» può governare con oltre 400 seggi – I dati

10 Giugno 2024 - 08:32 Simone Disegni
Chiuse le urne nei 27, si fa chiaro il quadro politico. Ppe e Pse reggono in molti Paesi d'Europa e fanno sorridere von der Leyen

Chiuse le urne per le Europee 2024, si va chiarendo nella mattinata di lunedì il quadro politico continentale. Avanzano le destre sovraniste, sfondando soglie storiche in alcuni dei più grandi Paesi europei – Italia, Francia e Germania, ma anche Austria, Olanda e la «solita» Ungheria. In molti altri Paesi dell’Ue al contempo tengono o guadagnano consensi le forze tradizionali: quelle che fanno riferimento al Ppe – dalla Spagna alla Polonia, dalla Grecia alla Croazia, dalla Bulgaria alla Finlandia, senza dimenticare la stessa Germania – o al Pse – Spagna, Portogallo, Svezia, Olanda e Danimarca (in queste ultime due successi degni di nota pure per i Verdi). Quasi omogeneo in tutto il continente invece l’arretramento delle forze liberali che fanno capo alla famiglia di Renew, che può vantare successi solo coi partiti collegati in Repubblica Ceca e Slovacchia. Risultato: Emmanuel Macron e Olaf Scholz non possono che leccarsi le ferite, e vedono nero per il loro futuro politico (il primo ha già convocato elezioni anticipate per il Parlamento); Giorgia Meloni si rafforza ulteriormente come capo di governo più in forma – dunque influente – d’Europa; ma nel complesso la maggioranza di grande coalizione che negli ultimi cinque anni ha sostenuto il lavoro della Commissione von der Leyen ha i numeri per riconfermarsi, con margine perfino più ampio di quello previsto ieri sera. E l’ex ministra tedesca «vede» un secondo mandato.

Il nuovo Parlamento europeo

Prima il quadro d’insieme, poi il dettaglio dei Paesi. Secondo le proiezioni aggregate fornite dal Parlamento europeo stesso, il Ppe si riconferma primo partito dell’Ue con 184 seggi (8 in più della scorsa legislatura), il blocco di Socialisti & Democratici secondo con 139 seggi (come nel Parlamento uscente), mentre Renew arretra di ben 22 seggi conquistandone 80. Nel complesso i tre partiti che hanno garantito nello scorso quinquennio una maggioranza stabile di governo all’Ue potrebbero contare su 403 seggi, 42 in più del minimo necessario (361 seggi). Se alla maggioranza si associassero i Verdi, porterebbero in dote altri 52 seggi (19 in meno per il gruppo rispetto allo scorso quinquennio). In tale modo si confermerebbe l’esclusione delle destre nazional-populiste dal «motore» del governo dell’Ue – condizione che liberali, socialisti e verdi hanno posto chiaramente prima del voto per appoggiare una nuova maggioranza di coalizione – a sostegno di von der Leyen, o di chi per lei. Ciò non toglie che i gruppi della destra radicale saranno più forti e influenti: 73 i seggi previsti per Ecr – la famiglia cui appartiene FdI – (+4), 58 per Identità e democrazia (+9). Senza contare il «groppone» dei 98 eletti che non hanno, almeno per ora, una famiglia politica Ue di riferimento, tra cui i 15 eurodeputati portati da Afd e i 10 dal Fidesz di Viktor Orban. L’ultimo spicchio del Parlamento europeo sarà appannaggio della sinistra radicale (36 seggi, 1 in meno della scorsa legislatura).

Ciclone estrema destra

In Francia il Rassemblement National che fa capo a Marine Le Pen, ma guidato a queste elezioni dal 28enne Jordan Bardella, umilia Macron: col 31,5% delle preferenze è accreditato di 30 seggi al prossimo Parlamento europeo: se il dato sarà confermato, sarà la pattuglia più nutrita di tutto il Parlamento europeo. Renaissance, partito del capo dell’Eliseo, con gli altri suoi alleati si ferma a meno della metà – al 14,5%. Appena sotto i progressisti guidati da Raphael Glucksmann: PS e Place Publique dovrebbero attestarsi al 14% portando all’Europarlamento 13 rappresentanti. Attorno al 10% la sinistra radicale de La France Insoumise. In Germania i primi a brindare sono i cristiano-democratici: Cdu e Csu volano oltre il 30%, e i 29 seggi che guadagnano all’Europarlamento suonano come un avviso di sfratto anticipato al governo guidato da Olaf Scholz. L’ultradestra dell’Afd ha la metà di quei voti, il 15,6%. Ma il risultato è uno shock per un Paese che ha fatto della marginalizzazione di ogni nostalgia per il nazismo un caposaldo della sua democrazia. Tanto più che l’Spd del Cancelliere si ferma sotto, al terzo posto, con un magro 14,1%. Non vanno meglio le altre due forze di governo: 12% i Verdi, appena 5,3% l’Fdp (liberali). Trema pure l’Austria, dove l’Fpo (estrema destra) si piazza al primo posto, anche se di poco: 25,7% contro il 24,7% dei popolari e il 23,2% dei socialdemocratici. A pochi mesi dalle elezioni generali (in autunno), panorama delicatissimo. Resta di gran lungo in testa in Ungheria il Fidesz di Viktor Orban, con un solido 44,3%, mentre i sovranisti volano pure nelle Fiandre (Belgio), anche se con numeri meno esaltanti di quelli previsti dai sondaggi (attorno al 14% sia Vlaams Belang che N-VA).

Roccaforti Ppe e Pse

 Se von der Leyen già nella serata di domenica si è presentata ai cronisti a fianco di Manfred Weber per rivendicare il successo del Ppe alle Europee, è in primis grazie all’affermazione della “sua” Cdu in Germania. Ma anche all’ottima performance di altri partiti della famiglia popolare. In Spagna il Pp dà una delusione al premier Pedro Sanchez, ma i due partiti nel complesso sembrano aver ristabilito quel (quasi) bipartitismo che negli ultimi era stato messo in discussione dall’emergere di altri attori: 34,2% per i popolari, 30,2% per i socialisti. Vox, l’ultradestra alleata di Meloni, si ferma al 9,6%. In Polonia la Coalizione civica guidata dal premier di ritorno Donald Tusk (che fa capo al Ppe) conferma il ribaltone di ottobre e si piazza al primo posto: 37,4% contro il 35,7% del Pis (Ecr) – anche se in termini di seggi i due poli dovrebbero risultare appaiati a 20. Risultato «di sistema» per eccellenza in Romania, dove i due maggiori partiti – i socialdemocratici e i “liberal-nazionali” – si sono uniti per l’occasione in un’unica lista che ha raccolto il 53%. In Grecia Nuova democrazia (popolari del premier Mitsotakis) tengono agevolmente il primo posto nel Paese al 28%, mentre in Portogallo i socialisti vincono di poco il testa a testa coi conservatori appena tornati al governo: 32,1 contro 31,1%. Risultati positivi per i socialdemocratici infine anche in Svezia – 24,9% contro il 17,5% del premier Ulf Kristersson – e in Danimarca – 15,6%, meglio ancora i Verdi che volano in testa al 17,4%. Gli ultimi due Paesi a consolidare il primato complessivo del Ppe sono Croazia e Bulgaria: 34,6 e 23% le rispettive percentuali con cui i partiti di centrodestra guidano i consensi. Ora la palla passa ai leader dei 27 per sbrogliare la maxi-matassa.

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