I giudici ordinano la perizia psichiatrica per Impagnatiello. Lui in aula: «Non sono pazzo». L’accusa della pm sulle nuove bugie

«Ho sperato di credere di essere pazzo» ha detto l’ex barman durante il processo per l’omicidio della fidanzata Giulia Tramontano

I giudici della Corte d’Assise di Milano hanno disposto una perizia psichiatrica per Alessandro Impagnatiello. Oggi 10 giugno è ripreso il processo con l’interrogatorio all’ex barman, accusato dell’omicidio pluriaggravato della fidanzata Giulia Tramontano, uccisa con 37 coltellate nella loro casa a Senago quando la ragazza era incinta al settimo mese. A interrogare l’ex barman è stato il suo difensore, l’avvocata Samanta Barbaglia, che gli ha chiesto per quale motivo a dicembre 2023 aveva confessato a Tramontano il tradimento con la collega dell’Armani Caffè, per poi ritrattare. «Essere così superficiale da andare a confessare la relazione parallela alla mia compagna in gravidanza era l’ennesimo sintomo che la mia testa stava impazzendo – spiega Impagnatiello – Non sto dicendo che io sia pazzo, ho sperato di crederlo, ho voluto credere di essere pazzo. Non penso di essere pazzo». Davanti a quella confessione, Impagnatiello ricorda la reazione della fidanzata: «Fu negativa, era scossa quella sera». E poi ha aggiunto: «Ero un vaso saturo completamente pieno di bugie e di menzogne e non ero abituato a farlo di continuo, era come se dovesse svuotarsi di qualcosa quel vaso. Ammisi a Giulia il tradimento per svuotarmi da qualcosa che mi mangiava dentro».


Lo psichiatra sul «lucido delirio»

Delle sue condizioni di salute mentale ha parlato in aula lo psichiatra Raniero Rossetto, consulente della difesa. Nella sua deposizione, Rossetto ha definito Impagnatiello uno «scacchista che doveva tenere sotto controllo tutti i movimenti della scacchiera e lo faceva con le bugie». Il 30enne avrebbe subìto uno «psicotraum», dopo che le due donne avevano smascherato i suoi tradimenti.


Il quadro della coppia in casa

Impagnatiello parla poi della grande foto della coppia, scattata poche settimane prima del delitto in Spagna durante una vacanza. Quella foto, spiega all’avvocata Barbaglia che lo assiste con Giulia Gerardini, era appesa a una parete della loro casa a Senago: «Quel quadro fu un regalo, perché la foto ci piaceva particolarmente, rappresentava un bel momento per me, il momento di ritrovare nuovamente la mia strada con Giulia. Rivedevo Giulia». E poi continua: «Anche se in questi mesi, poi, mi sono reso conto che a Giulia ho dato parecchia sofferenza che non vedevo. Non le ho dato le attenzioni e la cura che volevo darle. Però in quel momento ho ritrovato Giulia. Le regalai questo quadro, una nostra foto abbastanza grande che simboleggiava un momento per noi bello e importante».

Le bugie anche all’altra ragazza

Durante quella vacanza in Spagna, Impagnatiello sostiene di non aver mai avuto contatti con la ragazza con cui aveva una relazione parallela: «No. Le dissi che andavo con amici. L’ennesima menzogna. Le dissi che non volevo sentirla. Infatti i primi giorni di vacanza mi scriveva ma io non le rispondevo. Mi ero dimenticato di lei in quei giorni. Non la cercavo, non le scrivevo, non le rispondevo. Allontanarmi da lei in quella occasione mi riuscì. Poi purtroppo tornammo a Milano e ricaddi». E a quel punto l’ha rivista. Quando Impagnatiello ripercorre i momenti della sua vita passata, prima di conoscere Tramontano, e parlando dei suoi familiari, è scoppiato in lacrime.

Cosa non torna nel racconto in aula: l’accusa del pm

Rispetto a quanto raccontato in aula da Impagnatiello, secondo la pm Alessia Menegazzo non mancano le discrepanze e le sostanziali bugie. Per esempio sulla vacanza in Spagna, a Ibiza. Impagnatiello sostiene di non aver mai sentito l’altra ragazza con cui aveva una relazione parallela. Dai dati dei tabulati telefonici, però, risulterebbe altro: «È sicuro che di quello che ha raccontato? – gli chiede la pm – Perché le copie forensi raccontano altro. In tre giorni troviamo altri 500 scambi tra foto e messaggi». Lui non può che ammettere: «Sì è vero, mi scriveva, mi cercava, io tardavo a risponderle, mi ero distanziato moltissimo da lei». Alla ragazza avrebbe mandato per esempio una foto di lui al mare: «Era un rispondere ai dieci, venti messaggi che mi mandava, era una cosa minuscola rispetto al nostro standard».

I risultati dell’autopsia su Giulia Tramontano

Inoltre dall’esame autoptico, diversamente da quanto ha affermato alla scorsa udienza ossia che quando ha accoltellato Giulia lei era accovacciata davanti a un mobile in sala per cercare un cerotto per via di una piccola ferita, non risulta alcun taglio alla mano: «No, dice lui, si era tagliata a un dito, ma non gravemente», ha replicato al pubblico ministero. Tra le altre incongruenze messe in luce dalla Procura, anche quella in merito a «una discussione pacifica» tra lui e Giulia, poco prima dell’omicidio. Versione data alla scorsa udienza dall’uomo e che stride con le «urla di una donna» sentite da una vicina convocata come teste.

Le 37 coltellate scoperte dal Tg

Nei primi interrogatori, Impagnatiello aveva detto di aver inferto alla fidanzata solo tre coltellate. Dall’autopsia è emerso invece che erano state 37. Un numero di cui l’ex barman dice di essersi reso conto solo dalla Tv: «Quando sono venuto a conoscenza in carcere da un servizio in televisione di averle dato 37 coltellate, una cosa che feci automaticamente fu mimare il gesto della mano per 37 volte. Non che ci sia un numero corretto, però è una cifra spaventosa, soffocante». Perché Impagnatiello ha mentito all’interrogatorio non lo sa neanche lui: «Non glielo so dire perché ho detto tre. Avrei potuto dire qualsiasi numero».

«Vorrei trovare una possibilità di redenzione – continua Impagnatiello – per cercare di restituire le briciole anche se so che nulla cambierà. In carcere gli educatori mi hanno detto che non posso più tornare indietro ma posso però guardare avanti, sicuramente è facile a dirsi ma difficile a farsi. Io so che non posso tornare indietro, se potessi fare qualsiasi cosa per tornare indietro in questi mesi la farei. Sto ancora tanto lavorando su me stesso. Porto avanti meccanicamente la mia esistenza più che la mia vita».

«Per me oggi è come se fosse l’udienza scorsa del 27 maggio. Il 27 maggio è una data molto importante, simbolica». Il riferimento è al giorno dell’omicidio avvenuto nel 2023 nella casa della coppia. «Non so quale sarà il mio futuro, la mia esistenza. So solo che lo scopo della mia vita di oggi, la mia nuova vita è quello di fare qualcosa, qualsiasi cosa» anche se «non mi farà tornare indietro» né riavere «Giulia e il bambino. Farei qualsiasi cosa per risarcire» e ha aggiunto che l’omicidio fa parte di una «unica fetta del mio passato così distanziato da quello che sono stato io. Era come se avessi davanti una persona che aveva il mio nome e il mio corpo».

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