L’addio di Lollobrigida a Paolo Signorelli, la difesa dopo le chat antisemite con Diabolik: «È un padre di famiglia, in chiesa ogni domenica»

In un lungo post, il ministro dell’Agricoltura racconta di aver perso un «collaboratore prezioso», attaccato prima delle elezioni da Repubblica con la diffusione di chat che non tengono conto del «contesto più complesso»

Dice di aver perso un «collaboratore prezioso» il ministro Francesco Lollobrigida, dopo che il suo capo ufficio stampa Paolo Signorelli si è dimesso travolto dalle polemiche. Dallo scorso 7 giugno Signorelli avrebbe lasciato l’incarico secondo il ministro, dopo che nei giorni precedenti erano state pubblicate da Repubblica le chat antisemite e razziste che scambiava con il criminale e ultras della Lazio Diabolik, al secolo Fabrizio Piscitelli. Per lui avrebbe anche fatto da addetto stampa per i comunicati degli «Irriducibili», gli ultras della Lazio. Su Signorelli era anche stata rivelata una condanna, poi prescritta in appello, per aver accoltellato un tifoso greco in centro a Roma. Stando a quanto riporta il Foglio, Signorelli si sarebbe dimesso solo ieri. Un gesto fatto «per me e per la mia famiglia, per non danneggiare il governo». Signorelli ha ribadito di essere un marito e padre di tre figli oggi lontanissimo da quelle frasi. E che ogni anno va in pellegrinaggio a Medjugorie.


«Un padre di famiglia»

E così Lollobrigida dice di averlo conosciuto, cioè come un «padre di famgilia che ama sua moglie e i suoi piccoli. È incensurato e ha due lauree», scrive su Facebook il ministro. Nei mesi in cui l’ha assunto, prima che la condanna per lesioni venisse prescritta, Lollobrigida sostiene di non aver mai sentito da Signorelli «dire una cosa fuori dalle righe». Sulle chat antisemite, il ministro ammette che «sono ingiustificabili», ma non sarebbero quel che appaiono: «il contesto nelle quali sono state dette è molto più complesso di come è stato raccontato».


Signorelli vittima del contesto

Signorelli sarebbe vittima del contesto in cui è cresciuto, dice Lollobrigida: «Ci si può trovare in situazioni terribili senza saperlo e volerlo per il contesto in cui sei cresciuto o lavori. Specie se un altro Paolo Signorelli è tuo nonno e non lo potevi certo scegliere…. Importante però dovrebbe essere non aver commesso crimini e aver avuto il coraggio di voltare pagina. Ma non è sempre così». Il nonno di Signorelli, suo omonimo, è stato un esponente dell’organizzazione neofascista Ordine nuovo, è stato condannato in primo grado a tre ergastoli per vicende legate ai Nar e agli omicidi dei giudici Mario Amato e Vittorio Occorsio per la stage di Bologna. Il nonno di Paolo Signorelli è stato poi assolto definitivamente, tranne che dalle accuse di associazione sovversiva e banda armata.

«Hanno raccontato un’altra persona»

Lollobrigida poi attacca Repubblica, che attribuisce ancora alla proprietà di Franco De Benedetti, quando in realtà il gruppo Gedi è da anni di Exor guidato da John Elkann: «Un giornale ha pubblicato intercettazioni che non hanno alcuna rilevanza penale se non, eventualmente, per chi le ha diffuse. Come ha ben scritto anche L’Unità – scrive Lollobrigida – Il quotidiano di De Benedetti, invece, ha raccontato un’altra persona rispetto a un giovane giornalista che da anni non salta una domenica in chiesa, va regolarmente in pellegrinaggio a Medjugorje, aiuta chiunque sia in difficoltà. Paolo si è dimesso, per non alimentare ulteriormente il tritacarne nel quale era finito. Persino nelle chat della scuola dei suoi figli…perché ha chiaro che attraverso lui si voleva colpire il Governo…perché la serenità della sua famiglia non è sacrificabile».

Il ricordo del collaboratore

Lollobrigida dice di ricordare Signorelli con non pochi rimpianti: «È stato un ottimo capoufficio stampa e mancherà molto ai suoi attuali colleghi. Ringrazio quanti hanno avuto la lucidità di non farsi strumentalizzare da chi li tirava per la giacchetta tra una manifestazione e l’altra di odio contro Israele. Tutti sanno bene che gli antisemiti devono stare lontano da Fratelli d’Italia. O da giornalisti di Lotta Continua che ci hanno definito “un popolo di maiali”. Chissà se fosse esistito whatsapp negli anni settanta che cosa avrebbero trovato nelle loro chat private a corredo dell’odio che caratterizzava i loro scritti pubblici… O dalle trasmissioni che ospitano i nostalgici delle Br che hanno ucciso Moro».

«Con grande rispetto di chi si è sentito colpito dalle dichiarazioni in chat private di Signorelli ma molto meno di chi le ha strumentalizzate direi, dal dato elettorale, che queste aggressioni giornalistiche non portano al risultato sperato da chi le progetta. Ho sempre scelto gli uffici stampa senza guardare all’appartenenza politica, come potrebbe testimoniare Vincenzo Bisbiglia redattore de “Il Fatto” che lavorò due anni per me. Oggi perdo un collaboratore prezioso… Con la serenità di sempre andiamo avanti».

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