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Lavoratori sfruttati dietro il «Made in Italy», dopo il caso di Dior tremano altri marchi della moda: così l’inchiesta di Milano rischia di allargarsi

11 Giugno 2024 - 23:03 Redazione
Dior
Dior
Secondo l'agenzia Reuters, dopo il commissariamento di Manufactures Dior per sfruttamento dei lavoratori, altri piccoli produttori che forniscono grandi marchi sono finiti sotto la lette degli inquirenti milanesi

Rischia di allargarsi a un’altra decina di marchi della moda l’inchiesta della procura di Milano, dopo che ieri il tribunale ha messo in amministrazione controllata la Manufactures Dior, società operativa del ramo italiano della maison di Lvmh. Dall’inchiesta dei pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone sono emersi presunti sfruttamenti e fenomeni di caporalato negli stabilimenti di borse e pelletteria dei fornitori italiani che l’azienda non sarebbe stata in grado di prevenire.

Le ispezioni e i controlli sull’uso dell’energia elettrica negli stabilimenti dei fornitori di Lvmh in Italia hanno fatto emergere come i lavoratori venivano impiegati per orari prolungati, con turni che finivano spesso a tarda notte e durante i giorni festivi. Trovati anche dipendenti che dormivano negli stessi stabilimenti, privi di contratti regolari. Due lavoratori stranieri erano anche illegalmente in Italia. Ad aprile il tribunale di Milano aveva imposto il commissariamento anche nei confronti di un’azienda di proprietà di Giorgio Armani. Anche in quel caso, l’accusa per il gruppo era di non aver colpevolmente vigilato sull’attività dei fornitori che avrebbero sfruttato i dipendenti. Abusi su cui la Armani aveva provato a minimizzare le accuse.

L’indagine della procura di Milano ha messo nel mirino altri piccoli produttori che forniscono una decina di marchi della moda, secondo l’agenzia Reuters che cita una fonte informata sull’indagine. L’inchiesta non coinvolge direttamente Lvmh e Armani, ma i loro fornitori accusati di sfruttamento dei lavoratori nella produzione del «Made in Italy». Lavoratori prevalentemente stranieri portati in Italia da una società di reclutamento, che secondo un’inchiesta decennale della procura di Milano avrebbe assunto illegalmente lavoratori, evadendo le tasse e i contributi previdenziali, così da tenere bassi i costi.

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