Non divise il Gratta e vinci milionario comprato con gli amici, il pm chiede 3 anni di carcere per appropriazione indebita

Tre operai di Verona misero insieme una piccola somma per acquistare più tagliandi: tra questi anche quello fortunato, che fu però incassato solo da uno di loro

Tre anni di carcere e la spartizione della vincita. È la richiesta che il pm Alberto Sergi del tribunale di Verona ha avanzato con l’accusa di appropriazione indebita nei confronti di Ricardo G. T., il super fortunato piastrellista di origini brasiliane che nel 2021 vinse per due volte in venti giorni una cifra di circa 2.8 milioni di euro grattando due tagliandi. È sul secondo di questi che si concentra però l’attenzione, quello più sostanzioso di circa 2 milioni di euro. Il primo Ricardo lo ha già ritirato, 600mila euro in tutto al netto delle tasse, «portando a termine le procedure in breve tempo e senza intoppi alla banca di Monzambano». Il secondo invece è al centro del processo che lo vede imputato, accusato da altri due operai ed ex amici che ne chiedono la spartizione. Secondo la denuncia, nel 2021 i tre colleghi misero insieme 20 euro per l’acquisto a Garda di cinque Gratta e Vinci. Uno di questi risultò poi vincitore – 2 milioni di euro lordi – e sono ora sotto sequestro perché Ricardo non ha alcuna intenzione di dividerli: «L’ho comprato io e l’ho grattato io, la vincita appartiene interamente al sottoscritto, non ci penso proprio a dividerla». Gli inquirenti sostengono però un’altra tesi. Quello dei tre operai «si è trattato di un acquisto in società fra tre persone, l’imputato e i due amici che l’hanno denunciato per non aver voluta dividere la vincita. Il quadro emerso durante questo processo è netto. tutte le prove lo dimostrano in modo equivoco, qualunque altra ipotesi è priva di fondamento», ha sostenuto in Aula il pm. Chiedendo quindi una pena di tre anni di carcere per appropriazione indebita e la suddivisione della vincita, una volta che la somma verrà sbloccata, tra i tre ex amici «come da precedenti accordi fra il terzetto». Ossia 600mila euro all’imputato e 500mila a testa agli altri due. Il pm ha quindi ricordato gli elementi più forti a sostegno della tesi dell’accusa: «l’addetto bancario di Monzambano, a cui l’imputato ha detto di “avere il mandato a riscuotere anche per altre due persone”, e il commercialista che ha dichiarato di essere stato “incaricato del riconoscimento della comunione su un tagliando del Gratta e Vinci”».


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