Francia, è caos tra i Repubblicani. No all’alleanza con Le Pen, il partito caccia il presidente Ciotti. La replica: «Non me ne vado»

L’ufficio politico si è dovuto riunire a 500 metri dalla sede, poiché l’ex leader l’aveva fatta chiudere in mattinata. La crisi dopo l’annuncio del sostegno al Rassemblement National alle elezioni anticipate

Aveva annunciato il sostegno al Rassemblement National, la formazione di estrema destra fondata da Jean-Marie Le Pen ed “ereditata” dalla figlia Marine fino al passaggio di consegne all’attuale presidente e astro nasceste della destra nazionalista francese, Jordan Bardella. Ma non aveva fatto i conti con il suo partito. O meglio, non l’aveva proprio consultato. E così in 24 ore i Republicains, che raccolgono il timone della tradizione gollista, lo hanno estromesso dalla guida del partito. Eric Ciotti, che ne era presidente, è stato espulso su decisione dell’ufficio politico, costretto a riunirsi a 500 metri dalla propria sede. In un’ultima disperata mossa, Ciotti aveva infatti imposto i sigilli all’edificio, per evitare la destituzione. L’espulsione è stata votata all’unanimità durante l’incontro al Museo Sociale, e nel frattempo la guida del movimento – erede dei gollisti e fondato dall’ex presidente Nicolas Sarkozy nel 2015 – è stata affidata ad interim alla segretaria generale Annie Genevard e al capolista alle europee, François-Xavier. Ma la crisi interna ai Repubblicani non sembra destinata a esaurirsi qui. Dopo aver deciso sostenuto che il partito avrebbe appoggiato RN alle elezioni anticipate decise da Macron come conseguenza del voto alle Europee, e dopo aver tentato di evitare l’espulsione mettendo un lucchetto alla sede, Ciotti ha rifiutato l’esito della decisione dell’ufficio politico. «Io sono e resto il presidente della nostra formazione politica, eletto dagli iscritti», ha annunciato,«la riunione di oggi pomeriggio è si è svolta in violazione flagrante del nostro statuto, nessuna delle decisioni prese in questa riunione comporta conseguenze legali. Ma può avere conseguenze penali».


Il terremoto tra i Repubblicani

Eric Ciotti aveva dichiarato di aver preso la decisione di chiudere la sede di partito per ragioni di sicurezza «dopo i disordini e le minacce di ieri, dovevo garantire l’incolumità del personale». Ma la rottura con i dirigenti dei Repubicains sembrava già insanabile. «Ciotti ci ha concesso dieci minuti per lasciare il nostro posto di lavoro. È un pazzo, io resto», aveva detto un impiegato dell’ufficio a Le Parisien, mentre i vertici di partito prendevano le distanze dal presidente. «Non c’è più niente di normale», spiegava l’agguerrito deputato Aurélien Pradié, «abbiamo fino a domenica per la commissione di investitura, chiameremo tutti un’ambulanza, anche Jordan Bardella, per farlo uscire da quell’ufficio». E parole più dure arrivavano da la presidente della regione Ile-de-France, Valérie Pecresse: «Non c’è posto per i traditori, per i golpisti», mentre le faceva eco Xavier Bertrand, presidente della regione dell’Alta Francia: «Ciotti non ha il senso dell’onore, ma quello del tradimento. E abbiamo capito che non ha neppure il senso del coraggio». Il presidente espulso era stato oggetto anche di un attacco diretto da parte del presidente Macron, nel suo discorso già da campagna elettorale per il voto previsto a fine giugno: «La destra repubblicana, o almeno il suo leader, ha voltato le spalle all’eredità del generale de Gaulle, di Jacques Chirac e di Nicolas Sarkozy. Ciotti ha fatto un patto col diavolo».


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