Chiara Ferragni e l’ipotesi dei conti in rosso, la rabbia dei soci e la spinta per cacciare Damato: «Doveva andare via subito»

Sempre più forte la pressione di Alchimia, socio principale di Fenice, per dare una sterzata al gruppo dell’influencer. Il retroscena sul clima teso dietro l’addio del braccio destro indagato con lei per il caso Balocco

Le tensioni tra i soci e Chiara Ferragni, l’arrivo dei nuovi manager e i primi sospetti sui conti delle società avrebbero portato all’uscita di Fabio Maria Damato. Lo storico collaboratore dell’influencer, indagato con lei per il caso Balocco dalla procura di Milano, ha lasciato il gruppo per «perseguire altre opportunità professionali», recita uno stringato comunicato diffuso da Fenice e Tbs crew. Ma dietro quella decisione, secondo quanto riporta il Messaggero, ci sarebbe la ferma volontà da parte del socio principale di fare piazza pulita e ripartire per quanto possibile. Damato sarebbe stato spinto a presentare dimissioni «spontanee». Un licenziamento di fatto che lui stesso però contesta sui social dopo la pubblicazione della nota aziendale. Damato parla di «dimissioni volontarie», rompendo un lunghissimo silenzio che lui dice di aver avuto finora per rispetto delle gerarchie.


La forzatura dietro le dimissioni di Damato

Dopo l’esplosione del caso Balocco, buona parte del management del gruppo era rimasta intatta. Compreso Damato che ha continuato a mantenere il suo ruolo al vertice delle società. A voler forzare la mano, spiega il Messaggero, è stato il socio di maggioranza Alchimia, la società di investimenti di cui l’imprenditore Paolo Barletta è il principale contribuente. Ieri ci sarebbe stata una fitta discussione in cui Barletta ha detto che Damato doveva andarsene almeno da dicembre. E cioè da subito dopo il caso Balocco, con l’accusa di pubblicità ingannevole sotto la gestione diretta dell’ex braccio destro di Chiara Ferragni. Una decisione che però non aveva forzato a prendere neanche lo stesso Barletta all’epoca. Ai suoi interlocutori, l’imprenditore ha spiegato di non aver voluto turbare l’influencer, che poco dopo si sarebbe separata anche dal marito Fedez.


Le tensioni tra i soci e Chiara Ferragni

L’arrivo del manager Lorenzo Castelli da Alchimia sarebbe quindi visto come una sorta di commissariamento di Fenice. Laddove nel 2022 era stato sviluppato un giro d’affari di 15,6 milioni e 3,4 di profitti, oggi è una società che rischia il caos dopo che per anni non sarebbe mai stata impostata un’organizzazione solida, anche dal punto di vista della governance. Poco prima dell’arrivo di Castelli, Ferragni aveva chiamato in Fenice Alessandro Marina, chiamato a sviluppare il ramo commerciale della società. E nel 2018 c’era stato un importante, avvicendamento tra i soci in Fenice. All’epoca Riccardo Pozzoli, ex compagno di Ferragni e suo socio, aveva ceduto il 27,5% all’imprenditore pugliese Pasquale Morgese. Quest’ultimo è licenziatario di Chiara Ferragni Shoes e, secondo il Messaggero, non sarebbe in buoni rapporti con Barletta. Pur mantenendo una posizione altrettanto critica su come sia stata gestita la crisi dopo il caso Balocco.

Il rischio dei conti in rosso

I dubbi più pesanti resterebbero al momento proprio sulla governance del cda Fenice, presieduta da Barletta con amministratore delegato proprio Ferragni. I due hanno poteri differenziati con firme singole. Mancherebbe però un po’ di ordine, secondo i malumori emersi tra i soci. Ferragni deve condividere alcune deleghe gestionali importanti con Barletta, che è primo azionista con il 40%. Poco sotto c’è la Sisterhood, il fondo di famiglia nelle mani della mamma Marina Di Guardo, con il 32,5%. E infine c’è Morgese con il 27,5%. La madre di Ferragni non avrebbe però alcun potere in Fenice. E ora Alchimia pare voglia rimettere un po’ di ordine. All’orizzonte c’è l’approvazione del bilancio 2023, in utile prima dello scandalo di Natale. Ora però serviranno nuovi accertamenti, che rischiano di far chiudere i conti in rosso. È questo uno dei compiti più delicati di Castelli, che si potrebbe ritrovare davanti alla necessità di chiedere ai soci un aumento di capitale. A quel punto, si vedrà quali saranno le condizioni che i soci imporrano a Ferragni per rimettere mani al portafoglio e quanto le faranno pesare le responsabilità per la gestione di una crisi fin troppo prolungata.

Leggi anche: