Gaza, Hamas alza la posta per l’intesa: «Ritiro totale di Israele, poi governiamo noi la Striscia». Gli ostaggi? «Nessun’idea di quanti siano vivi»
Hamas non ha la più pallida idea di quanti degli ostaggi israeliani che restano prigionieri nella Striscia siano ancora vivi. Anzi, «nessuno ne ha idea». Lo ha detto in un’intervista alla Cnn Osama Hamdan, alto dirigente e portavoce del movimento islamista. Dopo la liberazione di quattro giovani rapiti dal rave di Re’im oltre sette mesi fa, si stima restino nella Striscia circa 120 ostaggi. Alcune decine sono probabilmente nel frattempo morti, secondo le valutazioni dell’intelligence israeliana. Hamas non conferma e non smentisce tale ricostruzione, dunque, anzi ammette la sua scarsa conoscenza dei dettagli: così come i quattro liberati nel blitz di sabato scorso, infatti, molti ostaggi fin dal 7 ottobre sono stati «affidati» a famiglie palestinesi più o meno legate al movimento, mentre non si esclude che altri siano stati scambiati tra gruppi o gang di Gaza come «merce» di alto valore. Il fattore non è però irrilevante nel quadro dei negoziati per un possibile cessate il fuoco – dal momento che Israele vuole garanzie chiare su quanti e quali ostaggi saranno liberati in ciascuna fase del percorso tracciato dagli Usa.
Le richieste di Hamas
Hamas, d’altra parte, mantiene in questa fase l’incertezza sul destino della possibile intesa. Il percorso indicato da Joe Biden da ormai due settimane è valutato in maniera positiva, ha ribadito da Beirut Hamdan, eppure Hamas pretende chiarimenti su alcuni dettagli del piano. Quali, lo incalza la Cnn? Essenzialmente, «una chiara accettazione da parte di Israele del cessate il fuoco, del ritiro completo da Gaza, che lascino ai palestinesi determinare da sé il loro futuro e ricostruire, che tolgano l’assedio… e allora siamo pronti a parlare di un accordo onesto per lo scambio di prigionieri». Tradotto: Hamas pare alzare ancora una volta la posta, inserendo nel pacchetto richiesto ai mediatori internazionali di fatto un “salvacondotto” che le permetta di restare al governo della Striscia dopo la fine della guerra, ricominciando da capo. Un’eventualità che Israele considera notoriamente come irricevibile, e così gli stessi Usa e buona parte dei Paesi europei. Non a caso il segretario di Stato Antony Blinken ha lasciato filtrare poche ore prima tutta la sua frustrazione per la cocciutaggine di Hamas. Il movimento fondamentalista, ha detto Blinken da Doha, ha inviato la richiesta di apportare «numerosi cambiamenti» alla bozza di accordo, alcuni dei quali vanno «oltre le posizioni che aveva tenuto in precedenza».
Teoria di un (doppio) massacro
Il sospetto, insomma, è che Hamas voglia far saltare per l’ennesima volta il banco. Di fatto prolungando sine die le ostilità. D’altra parte il capo dei terroristi nella Striscia, Yahya Sinwar, sosterebbe nei suoi scambi con gli interlocutori che le decine di migliaia di civili palestinesi morti dal 7 ottobre sono «un sacrifico necessario» per sostenere la “eroica resistenza” dei Hamas contro Israele, che può continuare ancora a lungo. Ricostruzione smentita alla Cnn da Hamdan, che però conferma nei fatti la linea “teorica”: il pogrom del 7 ottobre – 1.200 israeliani uccisi a sangue freddo, centinaia rapiti – è stata una «reazione all’occupazione» dello Stato ebraico. Quanto a tutto quel che è accaduto da allora, che dire? «Chi ne è responsabile è l’occupazione. Se resisti contro di essa, ti uccidono, se non resisti, ti uccidono comunque o ti deportano fuori dalla tua terra. Dunque che cosa dovremmo fare, stare lì ad aspettare?». La guerra di Gaza promette di proseguire ancora, a scapito di tutti i tentativi diplomatici.
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