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Messina Denaro, sequestrati beni archeologici al trafficante d’arte vicino al boss. Chi è l’85enne di Castelvetrano

14 Giugno 2024 - 11:55 Ugo Milano
Giovanni Franco Becchina, è più volte uscito indenne dalle indagini che lo hanno coinvolto in questi anni: gli inquirenti sospettano abbia finanziato la latitanza del compaesano

Decine di anfore di epoca tardo romana, un basamento in marmo e altri reperti «tutelati da interesse storico, artistico ed archeologico» sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia a Giovanni Franco Becchina, 85enne di Castelvetrano, considerato dagli inquirenti uno della cerchia stretta di collaboratori di Matteo Messina Denaro. La Dia ha eseguito il decreto di sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione emessa dal Tribunale di Trapani nell’ambito dell’inchiesta dell’attività di Becchina come trafficante internazionale di opere d’arte. Questa volta gli agenti hanno sequestrato le anfore e il basamento di età ellenistico-romana, con riproduzione di scene mitologiche scolpite su tutti i lati, tutte opere ritenute di grande pregio grande valore. Ma non è la prima volta che ormai l’anziano castelvetranese viene lambito o rimane coinvolto in inchieste giudiziarie, riuscendo a uscirne indenne. Becchina è ritenuto dagli investigatori legato da un rapporto di lunga data con l’ex capo mafia Messina Denaro, e di essere stato un suo fiancheggiatore finanziandolo durante la lunga latitanza. L’ex mercante d’arte era stato indicato da alcuni pentiti e poi indagato per aver preso parte a un progetto per il furto della statua in bronzo del Satiro danzante, su ordine proprio di Messina Denaro, con l’obiettivo di metterlo sul mercato nero. Il colpo fallì in due occasioni e venne poi accantonato.

Le indagini

E ancora nel 2017 a Becchina furono sequestrate opere e reperti archeologici per il valore di diversi milioni di euro. La procura si mosse dopo le dichiarazioni di Giuseppe Grigoli, l’ex re dei supermercati vicino a Matteo Messina Denaro nell’affare della grande distribuzione. «Perché Gianfranco Becchina doveva dare queste cose e quindi dovevano andare a finire a Panicola per poi arrivare a chiddu, a Matteo Messina Denaro». Ma l’85enne non ha condanne e i sospetti non si sono mai concretizzati in sentenze. «Pur non riportando ad oggi condanne definitive per il reato di associazione mafiosa, le sue frequentazioni, i suoi “traffici” e i rapporti diretti con gli ambienti della criminalità organizzata di tipo mafioso castelvetranese rendono infatti, attuale e rilevante il suo grado di pericolosità “qualificata”», ammettevano gli inquirenti nel decreto di sequestro di 7 anni fa. A carico di Becchina, scrive oggi la Dia, «emergono numerosi indizi riguardo alla sua pericolosità, caratterizzata dall’essere un soggetto che trae il proprio sostentamento, dalla propria attività di trafficante internazionale di reperti archeologici». Anche sulla base delle indagini patrimoniali svolte dalla Direzione Investigativa Antimafia di Trapani che ha dimostrato la sproporzione tra le fonti di reddito e gli impieghi del nucleo familiare dell’indagato. Le opere d’arte sequestrate saranno adesso affidate in custodia alla Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali, e in futuro torneranno nuovamente a disposizione della collettività.

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